Una nuova ricerca sfida i taboo USA esplicitando come i mass shooting siano legati all’eccessiva diffusione delle armi da fuoco.

Con più di 30.000 morti per armi da fuoco all’anno, la violenza armata è divenuta negli Stati Uniti una vera e propria crisi sanitaria. L’indagine pubblicata dalla Florida State University su Justice Quarterly, una delle testate legate all’Academy of Criminal Justice Sciences, cerca di trovare soluzioni per limitare la portata del problema e tutte coincidono con un maggior controllo delle armi.

L’attenzione verso questo genere di tematiche si solleva ogni volta che un mass shooting scuote l’opinione pubblica americana, ma Emma Fridel, assistente professore in criminologia che ha condotto lo studio, tiene a precisare che i dati suggeriscano uno spaccato ben più complesso di quello offerto dalle narrazioni politicizzate.

A essere determinante è la distinzione tra mass shooting e la generica violenza armata: i primi sono tendenzialmente perpetrati da individui affetti da forti disagi, i secondi rientrano nella norma di una società che vede nelle armi la soluzione a ogni problema.

I politici di ambo le parti del dibattito sul controllo delle armi sbagliano nel pensare che i mass shooting siano rappresentativi degli omicidi con armi da fuoco e che le strategie per prevenire i mass shooting possano prevenire anche la violenza armata.

Coloro che scrivono le leggi devono [piuttosto] emettere norme che si concentrino sul ridurre le migliaia di omicidi con armi da fuoco che accorrono annualmente negli Stati Uniti, piuttosto che legiferare pensando all’occasionale mass shooting, nonostante questi siano sempre tragici,

ha spiegato la ricercatrice.

L’occorrenza dei mass shooting avviene in maniera disproporzionale al tasso di diffusione delle armi dei singoli Stati, mentre gli omicidi risultano direttamente interconnessi alle politiche che permettono ai cittadini di muoversi liberamente per strada tenendo una pistola nella tasca del giubbotto.

Le due criticità andrebbero affrontate quindi con soluzioni distinte, nessuna delle quali farebbe felice la National Rifle Association (NRA), potentissima lobby delle armi che fa di tutto per promuovere l’idea fasulla che un maggior accesso alle armi da fuoco possa prevenire le sparatorie di massa.

 

pistola

 

La ricercatrice suggerisce da una parte di arginare la distribuzione delle licenze su piano qualitativo, ovvero essere universalmente più selettivi sui requisiti necessari a ottenere il porto d’armi, dall’altra l’implementazione di leggi severe sul porto occulto, così che i cittadini carenti di addestramento non si sentano autorizzati a improvvisarsi vigilantes.

Un proposito che difficilmente si avvererà, sia per questioni politiche che culturali. Il facile accesso alle armi non si è dimostrato utile a combattere i crimini violenti, tutt’altro, eppure ancora oggi gli statunitensi corrono a comprare armi non appena un fatto di cronaca nera viene rimbalzato sui palinsesti televisivi.

Dal 2007, la richiesta per le licenze al porto occulto delle pistole è salito del 273%.

Alterare questa mentalità prevederebbe un profondo sforzo educativo, ma proprio in questi giorni alcuni Stati degli USA sono impegnati piuttosto a discutere se permettere agli insegnanti di presentarsi in classe armati.

 

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