Cambiamenti oceanografici ed ecologici durante l’Olocene potrebbero aver influenzato l’accessibilità e l’abbondanza di diversi pesci sfruttati dagli antichi abitanti della Patagonia: ecco le loro strategie per adattarsi ai mutamenti.
Un clima che cambia non influenza solo il tempo metereologico, ma costringe interi ecosistemi a mutare, il che ovviamente può essere impegnativo – persino fatale – per le specie che abitano quegli ambienti.
Il nostro comportamento sulla Terra sta modificando l’ambiente in cui viviamo, ma anche moltissimi anni fa nell’Olocele, tra 6.500 e 2.500 anni fa, gli antichi patagoni dovevano affrontare grandi cambiamenti: ecco come gli antichi abitanti della Patagonia si adattavano alle mutevoli condizioni climatiche.
I cacciatori e raccoglitori che vivevano in Patagonia nell’Olocele avevano adattato le loro strategie di caccia e le abitudini alimentari per sopravvivere a condizioni mutevoli, sia stagionali sia a lungo termine, fatto che è stato mostrato grazie a una ricerca recentemente pubblicata.
La Patagonia e l’arcipelago della Terra del Fuoco costituiscono la punta più meridionale del Sud America. Durante la metà e la fine dell’Olocene, un certo numero di gruppi popolò queste regioni, rimanendo insolitamente stabile e omogenea per migliaia di anni.
Analizzando antichissimi cumuli di spazzatura si è risalito alla dieta degli antichi patagoni.
Le informazioni sono state recuperate letteralmente dalla spazzatura, ossia dai Sambaquì, ossia depositi costruiti dall’uomo costituiti da materiale organico e calcare che vanno incontro a una fossilizzazione chimica. Queste popolazioni usavano dei cumuli per smaltire la spazzatura dalla cui analisi si è potuto risalire con un certo livello di dettaglio alla loro dieta che includeva molti frutti di mare, pesce, crostacei uccelli e leoni marini.
La dieta era varia, ma cambiava per via della stagionalità o per altri tipi di cambiamenti che facevano mutare gli ecosistemi?
Ad esempio lo scioglimento stagionale dei ghiacciai riduce la salinità, la temperatura e i nutrienti dell’oceano, il che ha un impatto sul fitoplancton che si trova alla base della catena alimentare. A sua volta ciò influisce sulla disponibilità degli animali di cui gli uomini si possono nutrire.
Per rispondere alla domanda, un gruppo di ricercatori guidati dall’archeologa Jimena Torres dell’Università di Magallanes in Cile ha deciso di studiare dettagliatamente quattro Sambaquì, uno del Medio Olocene (6.500 a 5.000 anni fa) e tre dell’Olocene tardo-medio (da 3.500 a 2.500 anni fa).
In particolare è stato scoperto che, nel sito dell’Olocene Medio, si consumavano pesci catturati durante i mesi più caldi. Ciò è stato supportato dall’analisi degli altri contenuti del cumulo, in particolare le ossa di uccelli marini giovani che non sarebbero potuti essere stati presenti nei momenti più freddi dell’anno.
Negli altri siti, tuttavia, i ritrovamenti hanno suggerito che tali pesci venivano catturati tutto l’anno e anche durante i mesi più freddi, il che farebbe pensare a un cambiamento di strategia, che a sua volta potrebbe essere stato influenzato da un cambiamento climatico.
I cambiamenti oceanografici ed ecologici durante l’Olocene potrebbero aver influenzato l’accessibilità e l’abbondanza di diversi pesci sfruttati dalle società di cacciatori-pescatori-raccoglitori.
Hanno scritto i ricercatori nel loro articolo.
D’altronde mentre le temperature della superficie del mare sono rimaste relativamente alte durante il Medio Olocene, alcuni studi hanno scoperto che hanno iniziato a diminuire circa 6.000 anni fa e potrebbe esserci stato un periodo neoglaciale tra 5.500 e 4.500 anni fa.
L’attività di pesca durante tutto l’anno da parte delle comunità dell’Olocene tardo-medio potrebbe essere stata il risultato di un’abbondanza di pesci mentre gli stessi studiosi credono che il cambiamento delle condizioni ambientali sia stato probabilmente il motore del loro cambio di abitudini alimentari.
È anche possibile che queste comunità avessero campi di caccia stagionali in altre località al fine di trarre vantaggio dalle migrazioni stagionali di diversi animali e questo sarebbe in accordo con un adattamento con l’ambiente naturale che ha permesso la sopravvivenza a lungo termine.