Allarme dalle Nazioni Unite: se i governi non inizieranno a proteggere l’ambiente, i contagi tra animali ed esseri umani diventeranno la norma.
Ieri, lunedì 6 luglio, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e l’Istituto internazionale di ricerca del bestiame (ILRI) hanno pubblicato congiuntamente un report che denuncia come la scarsa attenzione per l’ambiente ci stia condannando a un futuro di eterne pandemie.
Stando al documento, gli allevamenti intensivi di bestiame, l’urbanizzazione, l’aumento dei trasporti, l’estrazione di risorse naturali, la coltivazione esasperata e il cambiamento climatico ci starebbero tutti conducendo a un’intensificazione della zoonosi, ovvero a un’incentivazione dei contagi tra animali e umani.
La scienza è chiara nel sostenere che se continuiamo a sfruttare la natura e a distruggere il nostro ecosistema dovremo aspettarci un flusso costante di quelle malattie che saltano dagli animali agli umani, negli anni a venire. […]
Anche per la corrente pandemia sapevamo che non si trattasse d una questione di se, ma di quando. È una vulnerabilità umana che siamo in grado di predire, ma a cui non ci stiamo preparando a far fronte,
ha dichiarato il direttore esecutivo di UNEP, Inger Andersen.
«Per prevenire future epidemie dobbiamo diventare molto più risoluti nel proteggere il nostro ambiente naturale».
L’UNEP denuncia come 60 per cento delle malattie infettive note e il 75 per cento di quelle emergenti siano di radice zoonotica. L’erosione dell’equilibrio naturale ci starebbe infatti forzando a interazioni sempre più frequenti con il mondo animale, aumentando proporzionalmente il rischio che i morbi animali eseguano il fatidico salto di specie.
Per placare i rischi epidemici, gli esperti raccomandano “dieci raccomandazioni chiave” tra cui lo sviluppare la consapevolezza dei rischi all’interno di tutto il tessuto sociale, l’investire nell’uso sostenibile dei terreni e il portare avanti la ricerca scientifica.
Risoluzioni che non vengono ancora percepite dalla massa come urgenti, ma che si dimostrano vitali e necessarie, sopratutto nell’ottica di una crescente resistenza agli antibiotici da parte dei batteri.
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