Piogge di diamanti su Nettuno e Urano: nuove prove sperimentali per spiegarle

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Nuove prove sperimentali mostrano come sia possibile che su Nettuno e Urano piovano diamanti.

Se abitassimo su Nettuno i diamanti costerebbero come l’acqua sulla Terra visto che piovono dal cielo e l’acqua, che non c’è (o almeno non in quantità significativa), costerebbe probabilmente più dei diamanti.

Nettuno è l’ottavo del Sistema Solare, il quarto per diametro e il terzo per massa. Gelato e continuamente colpito da venti supersonici, Nettuno è l’ultimo dei giganti gassosi fatti di idrogeno ed elio.

Esso porta il nome dei Dio dei mari, ma in realtà è il Signore dei venti, considerando che sono state misurate raffiche superiori ai 2000 km/h.

Tra le curiosità e stranezze di questo lontano pianeta c’è il fatto che non abbia un polo nord e un polo sud, ma un multipolo, che il suo campo magnetico non sia parallelo all’asse di rotazione del pianeta, ma rovesciato di circa 47 gradi, che le sue lune siano in continua scoperta e i suoi anelli disomogenei e, infine, che piovano diamanti.

Nuove prove sperimentali mostrano come avvengano le piogge di diamanti su Nettuno e su Urano

Ed è proprio di quest’ultima cosa, già nota da tempo, che parliamo ora visto che recentemente nuove prove sperimentali mostrano come dovrebbe avvenire questo processo sia su Nettuno sia sul suo “gemello diversoUrano.

Il nuovo esperimento è stato eseguito con il LASER a raggi X Linac Coherent Light Source (LCLS) di SLAC National Accelerator Laboratory che ha permesso di effettuare misurazioni più precise su come dovrebbe avvenire il processo che porta alla “pioggia di diamanti”.

È stato scoperto che il carbonio, che viene dissolto per via dell’alta pressione dagli idrocarburi, passa direttamente allo stato di diamante cristallino.

In esperimenti precedenti, i ricercatori avevano già usato il laser a raggi X Linac Coherent Light Source (LCLS) di SLAC per ottenere il primo sguardo dettagliato sulla creazione di “materia densa calda”, una miscela super compatta che si ritiene essere al centro di questi pianeti.

I ricercatori erano anche già stati in grado di raccogliere le prime prove della “pioggia di diamanti” che si prevede si formi da particolari miscele che si trovano all’interno dei giganti ghiacciati.

Fino a ora era stata usata la diffrazione di raggi X per studiare il fenomeno: in particolare quello che si faceva era prendere una serie di istantanee di come i campioni rispondano alle onde d’urto prodotte da un LASER che imita le condizioni estreme di questi pianeti.

Questa tecnica funziona bene per i campioni di cristallo, ma è meno efficace per i campioni non cristallini le cui molecole e atomi sono disposti in modo più casuale, il che limita molto la profondità di comprensione che gli scienziati possono raggiungere.

Nel nuovo lavoro pubblicato, il team ha utilizzato una tecnica chiamata scattering a raggi X Thomson che riproduce con precisione i risultati di diffrazione precedenti consentendo allo stesso tempo di studiare come gli elementi si mescolano in campioni non cristallini in condizioni estreme.

Questa ricerca fornisce dati su un fenomeno che è molto difficile da modellare a livello computazionale: la “miscibilità” di due elementi, o il modo in cui si combinano quando miscelati.

ha spiegato il fisico del plasma Mike Dunne, direttore dell’LCLS, che continua:

si vede come due elementi si separino, esattamente come se volessimo studiare come separare l’olio e l’aceto nella maionese.

 

 

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Con la tecnica chiamata scattering a raggi X Thomson, un team internazionale di ricercatori è stato in grado di dimostrare che l’alta pressione all’interno di pianeti come Nettuno o Urano dissolve gli idrocarburi nelle sue singole parti e converte gli atomi di carbonio rilasciati in diamanti. Credito: HZDR / Sahneweiß

 

Il team di ricercatori per replicare l’interno dei pianeti giganti ha usato al posto del metano (CH4) il polistirene (C8H8) e lo ha riscaldato e pressurizzato in condizioni simili a quelle che avvengono su Nettuno grazie a impulsi LASER che lo riscaldano fino a 4727 °C e creano inoltre un’intensa pressione.

Si possono raggiungere circa 1,5 milioni di bar, la pressione esercitata dal peso di circa 250 elefanti africani sulla superficie di una miniatura

ha detto Dominik Kraus, autore principale dello studio.

Nell’esperimento precedente, la diffrazione dei raggi X è stata utilizzata per sondare il materiale. Questo funziona bene con materiali con strutture cristalline, ma meno con molecole non cristalline, quindi il quadro era incompleto. Nel nuovo esperimento, il team ha utilizzato un metodo diverso, misurando il modo in cui i raggi X si disperdevano dagli elettroni nel polistirene.

Ciò ha permesso non solo di osservare la conversione del carbonio in diamante, ma anche ciò che accade al resto del campione: il carbonio si divide dall’idrogeno e forma diamanti senza lasciare residui.

Nel caso dei giganti del ghiaccio ora sappiamo che il carbonio forma quasi esclusivamente diamanti quando si separa e non assume una forma di transizione fluida.

Ha spiegato Kraus.

Questo è importante anche per un altro fatto molto particolare che è stato osservato in Nettuno. Il suo interno è molto più caldo di quanto dovrebbe essere: infatti, emette 2,6 volte più energia di quella che assorbe dal Sole.

La pioggia di diamanti potrebbe spiegare anche perché Nettuno emette più energia di quella che riceve dal Sole.

Se i diamanti, che sono più densi del materiale che li circonda, piovono potrebbero essere loro i responsabili di quest’anomalia energetica perché potrebbero rilasciare energia gravitazionale che viene poi convertita in calore grazie all’attrito.

Questo esperimento potrebbe quindi anche suggerire che, per ora, non occorre trovare una spiegazione alternativa anche per questo e inoltre mostra un metodo che potrebbe essere usato per “sondare” anche altri pianeti nel Sistema Solare.

Nettuno e Urano sono i pianeti più scarsamente compresi nel Sistema Solare anche perché quelli più lontani: solo una singola sonda spaziale, Voyager 2, è stata vicina a loro e solo per un sorvolo, non in una missione dedicata a lungo termine.

Ma i giganti di ghiaccio come Urano e Nettuno sono estremamente comuni nella Via Lattea e, secondo la NASA, gli esopianeti di questo genere sono 10 volte più prevalenti di quelli simili a Giove.

Comprendere i giganti di ghiaccio del nostro sistema solare, quindi, è vitale per saperne di più dei pianeti in tutta la galassia e per capirli meglio, dobbiamo sapere cosa succede sotto i loro “sereni” esterni blu.

 

 

 

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