Ban geografico, Zoom si china alla censura cinese

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Cedendo alla censura cinese, Zoom ha annunciato di star lavorando a un sistema per bloccare gli account in base alla loro geolocalizzazione.

Zoom ha ammesso ieri sul suo blog di aver recentemente chinato il capo alle richieste della Cina. Settimana scorsa ha infatti oscurando due account di Hong Kong e uno statunitense perché “colpevoli” di ospitare delle manifestazioni virtuali in commemorazione alle stragi di piazza Tiananmen.

Criticata e assalita dai giornali di tutto il mondo per il suo atti illecito, l’azienda ha deciso di fare un passo indietro e di riabilitare i profili sospesi di Lee Cheuk-yan, Wang Dan e Zhou Fengsuo.

 

 

Per evitare il riverificarsi di una situazione tanto incresciosa, Zoom ha deciso di variare la sua policy e l’algoritmo del suo software, così da far sì che nessun governo possa più chiedere censure di utenti che trasmettono da paesi terzi. Il contro è che ora la Cina può imporre più agilmente la censura sui propri territori.

Speriamo che i governi che costruiscono barriere per disconnettere i loro popoli dal mondo e da sé stessi possano un giorno riconoscere che stanno adottando un atteggiamento contrario ai loro stessi interessi, ai diritti dei loro cittadini e di tutta l’umanità.

La verità è che Zoom sta operando in più di 80 nazioni e continua a espandersi, il che ci impone di conformarci alle leggi locali, sebbene Zoom cerchi e promuova un libero scambio di idee,

recita il comunicato.

L’azienda ha quindi giustificato la sospensione dei memoriali delle stragi asserendo che, sebbene gli host fossero in zone franche dall’influenza legislativa cinese, molti dei partecipanti fossero di fatto situati nei confini Cina continentale.

Non avendo modo di bloccare i profili dei soggetti specifici, Zoom ha preferito chiudere tutto. Con il nuovo sistema, l’azienda potrà in futuro garantire invece una censura mirata, rimuovendo in blocco gli utenti che si connetto da specifiche aree geografiche.

Gli attivisti pro-democrazia e diversi abitanti di Hong Kong, sottolineano come, nonostante la facciata buonista, questo atteggiamento sia incosciente e che Zoom stia deliberatamente decidendo di adeguarsi alla dittatura pur di assicurarsi un ritorno economico.

 

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