Hibaku jumoku: germogliati in Umbria i semi sopravvissuti alla bomba atomica

Esiste un migliore auspicio di ritorno alla normalità di una piantina appena germogliata? Probabilmente no, soprattutto se le piante in questione hanno molto da insegnarci sulla resistenza alle avversità come le Hibaku jumoku. Scopriamo l’incredibile storia delle piante che hanno conosciuto la bomba atomica

Stiamo parlando di piante particolari, sono gli Hibaku jumoku (letteralmente alberi che hanno conosciuto la bomba atomica) che in Giappone sono amati e venerati, tanto da essere stati soprannominati uno ad uno come delle persone.

Le piante sopravissute ad un calore che, a due km dall’epicentro, è stato quantificato pari a quaranta volte quello emesso dal sole, sono in tutto centosessanta appartenenti a trenta specie diverse. L’albero più vicino alla zona dell’esplosione è un salice piangente, rinato dalle sue radici dopo essere stato quasi completamente distrutto.

Dopo le due atomiche che hanno distrutto Hiroshima il 6 agosto del 1945 e Nagasaki il 9 agosto, Harold Jacobsen, scienziato del Manhattan Project sostenne che i luoghi colpiti sarebbero rimasti senza forme di vita per settantacinque anni.

Gli Hibaku jumoku sono gli alberi sopravvissuti alle bombe atomiche della Seconda Guerra Mondiale

Ma la natura è sorprendente e infatti già nella primavera successiva iniziarono a spuntare dei germogli ad alberi – sia a Hiroshima che a Nagasaki – che si trovavano a circa due chilometri dall’epicentro dell’esplosione.

Nel 2011 si è costituita, proprio ad Hiroshima l’associazione “Green legacy Hiroshima” che, con il supporto dell’United Nations Institute for Training and Research (UNITAR), ha deciso di condividere con diversi partner in tutto il mondo il patrimonio delle piante sopravvissute proprio alla bomba di Hiroshima.

Nel 2019 l’Orto botanico del Centro di Ateneo per i Musei Scientifici dell’Università degli Studi è stato contattato dal dott. Antonio Brunori, segretario generale della sezione italiana del PEFC (l’associazione internazionale che promuove la gestione sostenibile delle foreste) e da Tiziana Volta dell’Associazione “Mondo senza guerra e senza violenza-Biodiversità Nonviolenta” di Brescia, per effettuare la propagazione dei semi di alcuni Hibaku jumoku, come da accordi con il Dipartimento di Scienza Agrarie, Agroalimentari e Ambientali dell’Università di Perugia.

 

Antonio Brunori, segretario generale della sezione italiana del PEFC, insieme al Gingko

I semi hanno mostrato una lodevole vitalità – afferma Antonio Brunori – dei cento semi di cinque specie, sono nati per ora quaranta esemplari di cui ventisette dell’albero Aphananthe aspera, chiamato “Muku” in Giappone e tredici del più famoso fossile vivente del mondo vegetale: il Ginkgo biloba.

Le altre tre specie sono in fase di vernalizzazione, quella cioè di passare un periodo di freddo per poter iniziare la germinazione (sono il Japanese Hackberry, il Japanese Persimmon e il Kurogane Holly).

Veder germogliare una pianta di questo tipo, con un trascorso storico come quello degli Hibaku jumoku è un’emozione incredibile e la riprova di quanto sia forte la Natura rispetto agli eventi catastrofici causati dall’uomo.

Di solito io cerco di essere più empirico possibile, ma è innegabile che tutto questo nasce dalla mia emozione a pensare che la Natura è ritornata vincente da una delle più grandi tragedie che l’uomo ha sulla Terra: la distruzione totale a causa delle bombe atomiche.

Le piante hanno bypassato questo evento ripartendo dalle radici e avere i semi di queste piante e vederli rinascere, in barba a ciò che l’uomo ha fatto, è una lezione di superiorità e di resilienza incredibile ecco perché le reputo iconiche in questa situazione di Covid.

A giugno inoltre verrà messo a dimora un Ginkgo alla Biblioteca comunale San Matteo degli Armeni di Perugia, luogo specializzato sui temi della nonviolenza, educazione alla pace, dei diritti umani, del dialogo interculturale e interreligioso.

 

Il Ginkgo che verrà messo a dimora a giugno

 

Questo evento sarà proprio caratterizzato al fine di dare un messaggio di ripartenza e di resilienza, con la stessa forza che hanno avuto questi alberi, sopravvissuti ad una vera catastrofe ed ora rigenerati e divenuti simboli di speranza per una ripartenza carica di positività.

 

Per informazioni sull’affidamento degli Hibaku jumoku di Hiroshima, contattare:

Dopo 60 anni nelle Isole Marshall è ancora presente una elevata radioattività
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