Un gruppo di ricercatori ipotizza che il modo migliore di disfarsi dell’arroganza dei CEO sia quella di scegliere i dirigenti con estrazioni casuali.
Secondo a quanto sostenuto da un team elvetico-tedesco nel trattato pubblicato oggi su The Leadership Quarterly, il modo migliore per stemperare l’hybris dei grandi manager sarebbe proprio quello di mettere sempre in dubbio la loro carica.
Il nostro sistema economico tende a eleggere a leader coloro che mostrano tratti di psicopatia, ovvero quei personaggi che sono meno gravati dal peso dell’empatia. Non sorprende quindi che le guide di aziende, società o governi possano finire con lo sviluppare una visione distorta della realtà.
Una prassi comune è quella di trovarsi soggiogati da un capo-tiranno che si convincere di essere baciato da luce divina, di essere immune all’errore, di essere un condottiero tanto imponente da adombrare la gloria di Alessandro Magno.
Questo atteggiamento porta spesso al maltrattamento dei “cari inferiori”, ma anche a strategie aziendali basate sulla frode e sulla corruzione. Soprusi e illegalità che, stando all’indagine guidata dal Dr. Joël Berger dell’università di Berna, potrebbero essere risolte affidandosi parzialmente all’assegnazione dei ruoli via lotteria.
Analizzando i precedenti storici che vanno dall’antica Grecia alla Venezia medievale, i ricercatori hanno sviluppato un modello replicabile in laboratorio, trovando una soluzione alle criticità sistemiche del sistema di selezione competitiva.
Per abbattere l’arroganza basterebbe dunque assegnare il ruolo dirigenziale attingendo casualmente da un bacino di papabili. I leader sarebbero meno propensi ad abusare della propria posizione e, piuttosto, agirebbero per il tornaconto di tutti i candidati.
La spiegazione offerta dagli scienziati è che un simile sistema di nomine andrebbe a intaccare l’egotismo dei manager, altrimenti fomentato dalla consapevolezza di essere “migliori” degli altri, ma forse esiste una spiegazione più pragmatica di cui il trattato non ha fatto menzione.
Potrebbe infatti essere che, incerti del proprio dominio, i leader decidano di occuparsi del bene comune perché consapevoli di essere vulnerabili, di dipendere dal supporto di quei sottoposti che un giorno potrebbero sostituirli.
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