Un’analisi di 369 stelle simili al nostro sole mostra alcune particolarità tra cui il fatto che le sue variazioni di luminosità sono estremamente deboli in confronto a quello che avviene per altre stelle che gli assomigliano.
La misura dell’attività solare, il monitoraggio delle sue macchie e la luminosità, può essere ricostruita anche indietro del tempo, ovviamente con un certo limite, usando vari metodi.
Abbiamo registrazioni affidabili di macchie solari a partire dal 1610, si può inoltre andare a misurare la distribuzione di varietà radioattive di carbonio e berillio negli anelli degli alberi e nelle carote di ghiaccio che ci permettono addirittura di trarre conclusioni sul livello di attività solare negli ultimi 9000 anni.
In tutto questo periodo di tempo, gli scienziati hanno riscontrato fluttuazioni ricorrenti e periodiche. Bisogna comunque tenere sempre presente, come afferma Dr. Timo Reinhold ricercatore del Max Planck Institute for Solar System Research (MPS) e primo autore del nuovo studio appena pubblicato su Science
Rispetto all’intera durata della vita del Sole, 9000 anni sono come un battito di ciglia. È ipotizzabile che il Sole abbia attraversato una fase di quiete per migliaia di anni e che quindi noi ci siamo fatti un’immagine distorta della nostra stella.
Dato che non c’è modo di scoprire quanto fosse attivo il Sole nei tempi primordiali, gli scienziati possono solo ricorrere alle stelle: insieme ai colleghi dell’Università del Nuovo Galles del Sud in Australia e alla School of Space Research in Corea del Sud, i ricercatori dell’MPS hanno indagato, se il Sole si comporta “normalmente” rispetto ad altre stelle. Questo può aiutare a classificare la sua attività attuale.
A tal fine, i ricercatori hanno selezionato alcune stelle candidate che gli assomigliano per quello che riguarda la temperatura superficiale, l’età e la proporzione di elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio.
I ricercatori hanno inoltre esaminato soprattutto il periodo di rotazione.
La velocità con cui una stella ruota attorno al proprio asse è una variabile cruciale
spiega il Prof. Dr. Sami Solanki, direttore dell’MPS e coautore della nuova pubblicazione. La rotazione di una stella contribuisce alla creazione del suo campo magnetico in un processo simile a quello di una dinamo al suo interno.
Il campo magnetico è la forza trainante responsabile di tutte le fluttuazioni dell’attività
afferma Solanki.
Lo stato del campo magnetico determina: la frequenza con cui il Sole emette radiazioni energetiche scagliando particelle ad alta velocità nello spazio, la presenza maggiore o minore di macchie solari e quindi anche la luminosità complessiva del Sole.
È solo dagli ultimi anni che abbiamo a disposizione un catalogo completo contenente i periodi di rotazione di migliaia di stelle.
Il catalogo che contiene i periodi di rotazione di migliai di stelle si basa sui dati di misurazione del Kepler Space Telescope della NASA, che ha registrato le fluttuazioni di luminosità di circa 150.000 stelle che si trovano nel mezzo della loro vita dal 2009 al 2013. I ricercatori hanno analizzato questo enorme campione e selezionato 369 stelle come quelle più simili al Sole.
L’esatta analisi delle variazioni di luminosità di queste stelle dal 2009 al 2013 rivela un quadro chiaro. Mentre tra fasi attive e inattive l’irraggiamento solare oscillava in media di appena lo 0,07%, le altre stelle mostravano variazioni molto maggiori. Le loro fluttuazioni erano in genere circa cinque volte più forti.
Siamo rimasti molto sorpresi dal fatto che la maggior parte delle stelle simili al Sole siano molto più attive della nostra stella.
Questi risultati consentono due interpretazioni.
La prima è che potrebbe esserci una differenza fondamentale, e ancora inspiegabile, tra le stelle con periodo di rotazione noto e sconosciuto.
Oppure la seconda ipotesi è che le stelle con periodi di rotazione noti e simili al Sole ci mostrino le fluttuazioni fondamentali di cui anche il Sole sarebbe capace, ma che, per motivi anch’essi attualmente sconosciuti, la nostra stella non abbia mostrato negli ultimi 9000 anni avendo un’attività insolitamente deboli. Bisogna sempre tener conto che su scale temporali molto grandi sono possibili anche fasi con fluttuazioni molto maggiori.
Non vi è tuttavia motivo di preoccupazione. Per il prossimo futuro, non c’è alcuna indicazione di tale “iperattività” solare. Al contrario: nell’ultimo decennio, il Sole si è mostrato piuttosto debole, anche per i suoi più bassi standard.
Le previsioni di attività per i prossimi undici anni indicano che questo non cambierà presto.
Potrebbe interessarti:
- Il sole è meno attivo di altre stelle simili (science.sciencemag.org)
- Quale futuro attende il nostro sole? (science.sciencemag.org)