La nostra recensione di Ori and the Will of the Wisps, seguito dell’apprezzatissima avventura del 2015 e nuova stupenda esclusiva Microsoft targata Moon Studios.
Dopo aver recentemente recuperato Ori and the Blind Forest su Nintendo Switch, ammetto di non avere mai avuto particolari dubbi, nel lavorare alla recensione di Ori and the Will of the Wisps, sulla qualità di un sequel che si mette in mente l’obiettivo di sostanzialmente perfezionare la formula già quasi perfetta dell’originale.
Il primo Ori parlava con le parole semplici di una fiaba e un gameplay metroidvania avvincente e a tratti cinematografico, di una storia di vita e morte, di lutto e speranza, di redenzione, rabbia e amore di un genitore, il tutto con una direzione artistica incredibile e una colonna sonora piuttosto insindacabile.
Moon Studios, un team di veterani dell’industria che lavora in un certo senso interamente in “smart working” ed è sparso in quarantatré nazioni, affronta quindi le non semplici aspettative di un pubblico che vuole da una parte un more of the same sacrosanto del precedente, dall’altra in qualche modo un’evoluzione sostanziale dell’esperienza che ne giustifichi il ritorno.
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La risposta è che i ragazzi di Moon Studios sono riusciti non solo a raggiungere di nuovo l’alta barra qualitativa del primo capitolo, ma anche a superarla senza grossi problemi su quasi ogni aspetto, puntando in primo luogo a quelle poche cose che non funzionavano/funzionavano poco della prima iterazione.
Il salto da The Blind Forest al delizioso e malinconico racconto di The Will of the Wisps è netto, sia dal punto di vista grafico/artistico, sia dal punto di vista ludico, e se non fosse per un’ottimizzazione allucinante su One S (dove ho svolto la mia prova) avrei davvero ben poco da recriminare al nuovo titolo della scuderia Microsoft.
La fine del viaggio e l’inizio di un altro, luce ed oscurità nel ciclo senza fine e inesorabile dell’esistenza, a fronteggiarsi in cerca di un equilibrio. Ori and the Will of the Wisps è l’incanto di una fiaba semplice e anche per questo perfetta.
Ori and the Will of the Wisps è diretto seguito dell’avventura del 2015, e parte esattamente dove ci eravamo fermati
Ori and the Will of the Wisps è diretto seguito dell’avventura del 2015, e parte esattamente dove ci eravamo fermati, con la piccola Ku, figlia orfana della nemesi del primo capitolo Kuro, appena nata sotto gli occhi meravigliati e affettuosi di Ori, Naru e Gumo, i due comprimari di The Blind Forest.
Ku cresce a vista d’occhio sotto gli occhi di quella che a tutti gli effetti è diventata una vera e propria famiglia allargata, sopravvissuti, danneggiati dal dolore, eppure uniti in un unico nucleo a farsi forza per una nuova vita.
Un giorno però, esaltati dalla guadagnata capacità di Ku di volare (qui c’è una chicca potente che non vi spoilero), Ori e il giovane ed adorabile gufo finiscono per capitare in mezzo ad una tempesta, che li getta separati nella foresta di Niwen, dove inizia il nuovo, definitivo percorso di crescita del luminoso protagonista.
Preferirei non proseguire nel descrivere altro, proprio per lasciare che scopriate da soli le modalità semplicemente perfette con cui Ori parla di temi complessi e universali riducendo la narrazione ad una fiaba di grande sensibilità e portata.
Ori and the Will of the Wisps può incantare l’adulto come il bambino
É un gioco che se non fosse per la difficoltà potrebbe incantare il bambino come l’adulto, facendo riflettere, commuovere e appassionare ad un racconto sospeso nel tempo perché sempre valido, al suo immaginario e ai suoi curatissimi e adorabili personaggi.
Tuttavia è con il finale – lungi da me anticiparvelo – che Ori and the Will of the Wisps cala il poker di assi, confezionando una chiusura straordinaria, malinconica e sognante che non potrà non trapassavi il cuore da parte a parte.
Ho inevitabilmente avuto il momento brividi e lacrimuccia, complice anche una colonna sonora sempre pronta ad evidenziare il momento più esplosivo, come quello di maggiore introspezione e sensibilità. Questo secondo episodio come quello prima di lui vive di ritmi e situazioni estremamente diverse fra loro, e la soundtrack rispetta alla grande i diversi toni e i diversi approcci del gameplay e del narrato.
C’è grande attenzione nella colonna sonora e nel sound design
Attenzione che è possibile riscontrare allo stesso modo nel sound design (vedasi i suoni spesso molto diversi che il camminare di Ori produce sulle diverse superfici attraversate) e nella direzione artistica in toto, che passa stilizzata da paesaggi rigogliosi ed acquatici a zone tetre e scheletriche, da panorami desertici alla putrefazione organica di abissi senza luce.
L’impatto di Ori and the Will of the Wisps ha davvero pochi eguali e vive di mille piccolezze
L’impatto di Ori and the Will of the Wisps su questo piano ha davvero pochi eguali, e vive anche delle mille piccolezze che Moon Studios ha deciso di aggiungere in questo sequel. Una gestione degli ambienti continuamente dinamica e animata in combo con la fisica permette molte volte di percepire il passaggio di Ori in quello che lo circonda, dal legno traballante, a piccoli ciuffi di vegetazione in movimento.
É un ambiente davvero vivo e tridimensionale (nonostante Ori sia un platform 2D, sia chiaro), premiato anche da tanti miglioramenti nell’illuminazione e nell’effettistica, impossibili da non notare anche da un occhio meno attento.
Il level design poi guadagna in complessità ed estensione (spesso mi sono trovato ad usare il viaggio rapido, che avevo quasi dimenticato in The Blind Forest), e risulta ovviamente molto curato, come si richiede in genere ad un platform, e nello specifico ad un metroidvania, che deve essere in grado di gestire backtracking e mano a mano la progressione.
La struttura in ogni caso è molto simile a quella del primo episodio
La struttura però in ogni caso è molto simile a quella del primo episodio, non fosse per il salvataggio automatico, l’aggiunta delle prove a tempo, dei templi per le sfide di combattimento, di qualche altro segreto nascosto e di qualche contenuta missione secondaria, che spesso specchia e sposa il messaggio della trama principale.
Tornano i complessi momenti climatici (le fughe) trial & error alla fine di ogni sottosezione principale del gioco, forse tra le cose più memorabili e straordinarie del primo Ori, questa volta quasi sempre intervallati da boss fight sempre molto impegnative e poco misericordiose se non si è presa confidenza al meglio con i comandi e i vari elementi del moveset.
Anche il platform in sé e per sé è in ogni caso molto vicino a quello di The Blind Forest, ma superiore per distacco a causa di un lavoro di svecchiamento che rende le animazioni più curate e in generale la percezione del controllo di Ori più precisa e soddisfacente.
Le varie zone introducono man mano il giocatore alle novità
Come nel caso del gioco del 2015, ogni sottosezione contribuisce per bene al senso di progressione ruotando attorno ad una particolare – e spesso brillante – idea di design (la rotazione, lo scioglimento del ghiaccio, ecc.) e aggiungendo delle novità tra le abilità esplorative/platform dello spirito protagonista. Le zone vengono così costruite in maniera deliziosa (qualcuna con guizzi clamorosi) per introdurre il giocatore a quelle determinate novità, da concatenare man mano con il resto.
Tra vecchi ritorni (come il brillante concept del colpo o il doppio/triplo salto) e tante altre floride aggiunte quasi immediate come il rampino (nomen omen) e lo scatto (che già era presente nella Definitive Edition di The Blind Forest), Ori and the Will of the Wisps aggiunge una ruota intera di abilità, alcune mirate al combattimento, altre all’esplorazione, alcune ad entrambe le cose.
Determinate abilità fanno in pratica da armi, andando a sistemare una delle cose che meno funzionavano in Ori, ovvero il sistema di combattimento. Qui si ha a disposizione un arco, una sorta di spada, un’arma pesante, un colpo a boomerang, una sorta di saetta, un nucleo esplosivo e così via, dando finalmente un minimo di profondità agli scontri e giustificando l’insistenza di boss fight e sfide in questo senso.
I frammenti dello spirito sono invece in parallelo dei potenziamenti – principalmente passivi – sparsi e nascosti in giro per le varie aree, e vanno a sostituire lo skill tree di The Blind Forest, un’altra delle cose che a mio avviso si sposavano piuttosto male con la formula del gioco.
Quello dei frammenti è un buon sistema
I frammenti possono quindi essere inseriti in slot appositi, ciascuno sbloccabile una volta completata una sfida di combattimento presso uno dei diversi templi. Tra triplo salto, aumento sensibile del danno verso i nemici, rapporti bonus/malus, rafforzamento delle abilità principali e altro ancora, quello dei frammenti è un bel sistema, che porta talvolta a sperimentare, permettendo di personalizzare in diversi aspetti l’esperienza andando di pari passo con l’architettura da metroidvania.
Alcuni frammenti come alcune abilità possono essere poi acquistate e/o potenziate (vedasi immagini sopra), in quello che è un vero e proprio piccolo hub del gioco, a dimostrazione di quanto si sia voluto insistere nell’approfondire la rosa delle scelte del giocatore nel potenziare le capacità di Ori.
Se però vogliamo trovare il pelo nell’uovo ed evidenziare quella che è a tutti gli effetti una piccolezza, Ori and the Will of the Wisps ha un problema, che sta principalmente nell’avere forse osato troppo con il numero di abilità da alternare e tenere in considerazione.
Sui tasti dorsali ci sono quattro abilità (scatto nella sabbia/in acqua, scatto normale, colpo e rampino) e nei tre frontali a disposizione (uno è lasciato per il salto) si possono mappare le restanti attive, selezionabili scomodamente ogni volta da una ruota apposita.
Il gioco non spinge ad utilizzare davvero tutti i diversi tipi di attacco
Questo porta in primis ad una ridondanza macchinosa che non spinge il giocatore ad utilizzare davvero tutti i diversi tipi di attacco, e porta poi in secondo luogo ad un sovraccarico dei tasti dorsali in determinate frazioni (verso il finale). Situazione controproducente nei confronti di quella che dovrebbe essere l’intuitività adrenalinica di un platform dove il minimo errore porta al game over.
Ori and the Will of the Wisps offre un ottimo livello di sfida
Sì, perché comunque Ori and the Will of the Wisps, nonostante sembri così delizioso, dolce, e sensibile tra personaggi e location, rimane comunque un titolo che non fa sconti sulla difficoltà. Capiamoci però, non è la bestia di Satana che ho visto descrivere online, almeno a difficoltà normale. Morirete, tanto? Sì. Imprecherete, tanto? Sì. Rischiate di bloccarvi davvero in un punto? No, a meno che sia il primo titolo del genere che affrontate.
Venendo al nodo del pettine, Ori and the Will of the Wisps è un titolo praticamente perfetto in quella che è la sua identità e in quelle che sono le sue intenzioni, aumentando anche corposamente la sostanza sul piatto della longevità. Tra le quindici e le sedici ore sono state necessarie per arrivare al termine dell’avventura e al 75% del completamento totale, laddove per la Definitive Edition di The Blind Forest per raggiungere le stesse cifre ho impiegato circa una decina di ore.
L’unico gigantesco neo che proprio non mi spiego, essendo Ori and the Will of the Wisps un titolo first-party Microsoft, sta tutto nel versante tecnico, con la nostra piattaforma di prova che è stata Xbox One S. Ora, a più di dieci giorni dal lancio è difficile passare sopra al fatto che la build sia tutto meno che stabile o convincente sul piano grafico, anche dopo la millantata patch Day One, che di certo non ha risolto tutti i problemi.
Nel corso della mia prova stuttering e freeze (gravi e pesanti in un platform che dovrebbe andare a 60 FPS stabili), spesso concatenati a bug del sonoro e in un paio di casi a crash, sono stati piuttosto onnipresenti, andando parzialmente ad inficiare specie sulle sequenze più veloci, memorabili e concitate.
I problemi di performance sono davvero diffusi e mai giustificati, indipendentemente dalla presenza o meno di molti elementi a schermo. E sorvolo sulla definizione visto che appunto il test è stato su One S, e mi rendo conto a posteriori di non poter pretendere molto a riguardo.
Persino l’azione di apertura e chiusura di menù e mappa è poco reattiva, e in un metroidvania potete immaginare come questo possa risultare alla lunga molto fastidioso.
Ori and the Will of the Wisps per quanto graficamente avanzato e mille step avanti al predecessore – come scritto sopra – rimane un platform 2D, per di più esclusiva Xbox. Si poteva fare molto, molto meglio al lancio, e mettere pezza settimane dopo l’uscita del titolo con un’altra patch (già annunciata con un update), se tutto va bene, è il minimo indispensabile.
É senza dubbio stato un peccato lanciare un titolo così clamoroso in un mediocre stato tecnico, e forse sarebbe stato meglio prendersi qualche settimana in più per garantire un’esperienza di gioco migliore per tutti. Su Xbox One X le incertezze sono comunque di gran lunga minori, ma ciò non giustifica la situazione su One/One S (qui il link all’analisi nel dettaglio dei bravissimi ragazzi di Digital Foundry), ingenerosa verso la qualità superba del gioco.
Il codice per la recensione ci è stato fornito da Microsoft.
Ori and the Will of the Wisps è disponibile su console Xbox e PC Windows, anche su Game Pass.
- Una fiaba stupenda con un finale meraviglioso
- Una grande colonna sonora rispetta i ritmi del gameplay e del racconto
- Il platforming è più soddisfacente che mai, grazie anche ad un level design spesso brillante
- Buon livello di sfida, arricchito anche da rinnovate fasi di combattimento
- Ambienti vivi e dinamici che sottolineano la splendida e variegata direzione artistica
- Frame rate continuamente instabile, qualche freeze, bug del sonoro e un paio di crash
- Il numero di abilità è eccessivo rispetto a quanto effettivamente il giocatore viene spinto ad utilizzarle tutte