Lo scrittore di libri d’avventura Robert Luis Stevenson, a metà ottocento, affermava che “un uomo è inutile fino a quando non ha osato tutto” e ad analizzare la storia dei sotterranei di Narni e dei loro scopritori, questa frase è stata presa alla lettera in ogni sua sfaccettatura.

La cittadina di Narni è famosa per aver ispirato Le cronache di Narnia

Chi nella propria vita non avrebbe mai voluto avere un gruppo di amici con i quali esplorare grotte e sotterranei alla ricerca di chissà quale tesoro? Narni è un piccolo comune di 20.000 abitanti situato nella provincia di Terni per di più conosciuto per essere stato d’ispirazione ad una delle saghe fantasy più di successo: Le Cronache di Narnia di C.S.Lewis.

Sei giovani ragazzi appassionati di grotte ed escursioni quarant’anni fa si avventuravano verso la scoperta che gli avrebbe, da lì a poco, cambiato la vita

Il gruppo capitanato dall’archeologo Roberto Nini nacque nel 1977 con il nome di UTEC che stava a significare Unione Trapper Escursionisti Cattolici.

Erano passati una decina d’anni dalla pubblicazione delle Cronache di Narnia e la vita in questo borgo arroccato stava avendo una sterzata molto particolare, proprio grazie a questo gruppo di speleologi.

Moltissime grandi scoperte archeologiche, da Machu Picchu con l’americano Hiram Bingham nel 1911 passando per i bronzi di Riace grazie al sub Stefano Mariotittini nel 1972, sono nate per caso ed anche la scoperta di Narni Sotterranea è iniziata da una pura casualità.

L’archeologo e i suoi cinque amici speleologi convinti di trovare qualcosa di speciale al di sotto del convento parzialmente crollato, non immaginavano che quel “qualcosa” fosse la porta d’accesso alla storia dell’antica Narni.

Cunicoli, reticoli di sale, affreschi, graffiti e due ambienti che rappresentavano il cuore di quella scoperta: la Stanza dei Tormenti e la cella. La stanza era il luogo degli interrogatori del Tribunale: buia e opprimente, non richiede un particolare sforzo di fantasia per immaginarla durante i processi, di fronte agli Inquisitori, illuminata a lume di candela, con sentenze di colpevolezza praticamente già scritte.

 

L’archeologo Roberto Nini con un visitatore (foto ©Alessio Vissani)

 

La piccola cella invece è un ambiente in cui gli inquisiti hanno lasciato delle testimonianze preziose sotto forma di graffiti sia massonici che alchemici (in parte ancora da interpretare) delle pene patite nella detenzione.

La nostra passione principalmente era la speleologia, difatti ad appena un anno dal corso che frequentammo tutti e sei ci fu l’occasione, dopo la donazione di una banca di 50.000 lire con la quale comprammo una vera corda, di realizzare la nostra prima discesa.

racconta l’archeologo Roberto Nini

I giardini di San Bernardo di Narni, sembravano adatti per calarci poiché dalla ringhiera di protezione c’era un salto di circa dieci metri e poi altri trenta metri di roccia.

Dentro una piccola cavità nella roccia gli speleologi scoprirono degli affreschi meravigliosi

Fui il primo a scendere e con mia somma sorpresa atterrai sull’orto di un anziano signore, anche piuttosto adirato, che mi chiese spiegazioni sul come mai mi trovavo sopra la sua piantagione d’insalata.

Dopo avergli fatto capire che eravamo un gruppo di speleologi mi disse di andare a vedere che cosa ci fosse nascosto dentro ad una particolare cavità vicino al suo orto.

Entrammo, non con poche difficoltà e a quel punto vidi due occhi di un angelo su un muro, un meraviglioso affresco lentamente stava prendendo luce dall’oscurità. L’emozione di quel momento era alle stelle, stavamo trovando il nostro tesoro.

La stanza con gli affreschi nei sotterranei di Narni (foto ©Alessio Vissani)

 

Lo speleologo, poi divenuto archeologo, Roberto Nini scoprì inizialmente che il luogo era un convento di frati Domenicani ma è la cella con le sue scritte ad aprire una nuova realtà

L’affresco rinvenuto dai giovani speleologi aveva diverse pitture, nascoste tra sabbia e roccia, come un Cristo sanguinante, un ritratto di San Michele Arcangelo e vari simboli degli Evangelisti.

Roberto Nini da speleologo lentamente si appassionò alla storia di questo luogo nascosto e sotterraneo riuscendo a risalire al suo passato.

Inizialmente scoprirono che questo posto era un convento di frati Domenicani, ma dopo diverse esplorazioni attraverso una serie di cunicoli, ambienti più o meno grandi, cisterne d’acqua e ciò che restava della piccola chiesa di S. Angelo finalmente arrivarono al cuore dei sotterranei: una stanza molto piccola ma tutta ricoperta da graffiti.

La primissima immagine degli occhi di San Michele Arcangelo ha fatto esplodere in me, e nei miei compagni d’avventura, la voglia di scoprire e conoscere ogni singola pietra di quella piccola chiesa che avevamo scoperto, poi riconsacrata nel 2000 con il nome di Santa Maria della Rupe.

continua Nini

Come nelle Cronache di Narnia, dove da dentro un armadio si poteva essere catapultati in mondi fantastici, così noi attraverso una piccola cavità vicino a un orto, sotto la chiesa di Santa Maria Maggiore, avevamo la possibilità di andare indietro nel tempo, alla ricerca delle nostre più antiche radici.

I sotterranei di Narni (foto ©Alessio Vissani)

 

La chiesa con i suoi affreschi era solo l’inizio della storia dei sotterranei perché il cuore stava in una piccola prigione piena di graffiti, grazie ai quali riuscirono a ricostruire passo dopo passo tutto quello che era successo in quei luoghi.

Dentro la cella i segreti dei sotterranei intrecciati con la Santa Inquisizione

“La scritta S.Ofizio in grande ci ha fatto studiare diverse alternative per poi arrivare alla soluzione finale: la prigione che scoprimmo – racconta l’archeologo – faceva parte del tribunale della Santa Inquisizione insieme ad una camera della tortura.

Parte dei graffiti furono realizzati nel 1759  da un certo Giuseppe Andrea Lombardini, guardia dell’inquisizione che fu rinchiuso per aver agevolato la fuga di un suo commilitone, non avendo carta e penna per trascrivere le pene subite, lasciò sui muri della piccola cella sotterranea la storia arrivata ai giorni nostri, chiaramente attraverso simbologie per di più massoniche e iconografiche del tempo.

 

La cella di Giuseppe Andrea Lombardini con le scritte (foto ©Alessio Vissani)

La casualità in questi anni ha voluto che moltissime cose che sono riuscito a scoprire siano state fatte anche grazie a incontri fortuiti, che mi hanno indirizzato su luoghi o archivi tra i quali quelli Vaticani, il più delle volte conosciuti durante le visite guidate che realizzavo nei sotterranei.

Inoltre in seguito alla consacrazione della chiesa rupestre nel 2000, ci sono state diverse situazioni concatenate che mi hanno portato a completare, quasi totalmente, il racconto di questi luoghi, come se la divina provvidenza ci avesse seguito durante tutti questi anni.

Ora che abbiamo scoperto cosa fece Lombardini e come mai scrisse sulla sua cella, non ci resta altro che continuare a studiare queste pietre, questi simboli e tutto ciò che sta all’interno di questa montagna perché noi siamo fatti del nostro passato ed è giusto portarlo alla luce

Le ossa ritrovate nei sotterranei di Narni (foto ©Alessio Vissani)

 

Roberto Nini nel chiudere le stanze si assicura che tutto sia a posto, pulisce varie foglie entrate dall’esterno nella chiesa rupestre e controlla ogni particolare del percorso, l’amore e la passione per Narni Sotterranea si intravede dai suoi occhi e dai suoi racconti perché come afferma Paolo Cohelio

il rischio di un’avventura vale mille giorni di benessere e di comodità