Coronavirus: un sistema IA prevede il diffondersi del virus dalla tosse

FluSense

Monitorando la tosse, il sistema d’intelligenza artificiale FluSense può capire dove si sta diffondendo il Coronavirus.

Si chiama FluSense il sistema d’intelligenza artificiale creato per analizzare la diffusione dell’influenza, e adesso lo stesso sistema viene utilizzato per gestire e predire la propagazione del COVID-19. Il processo di analisi parte dalla prima individuazione di tosse dentro a gruppi di persone di varie dimensioni. Una volta captato il suono, il sistema analizza le informazioni per predire il progresso del virus – in questo caso il Coronavirus – e di eventuali problematiche respiratorie.

Il software potrebbe essere usato per anticipare l’avanzamento della pandemia portando supporto dove serve: per esempio, sapere il processo di diffusione renderebbe facile spostare personale, mezzi, medicinali e tutto il necessario nel posto dove possono essere più utili salvando persone. Il creatore del progetto, Tauhidur Rahman, e assistente professore all’Università del Massachusetts, ha detto:

 

Ho pensato che catturando suoni di tosse e starnuti negli spazi pubblici dove molte persone si assembrano, avremmo potuto utilizzare queste informazioni come nuova fonte capace di predire eventuali trend epidemiologici.

 

Il sistema ad oggi ha un tasso di successo dell’81%: di sicuro serviranno ulteriori test per rifinire questo valore, ma già da subito l’aiuto che può dare alla problematica che sta affliggendo la popolazione mondiale sarà fondamentale.

 

Come funziona FluSense?

Il sistema FluSense cattura suoni legati alla tosse attraverso dei microfoni posizionati in zone piene di persone, e tramite telecamere termiche che analizzano la temperatura del corpo. Le infomazioni vengono processate tramite un Raspberry Pi, connesso ad una rete neurale che riconosce il suono della tosse.

 

 

Contando poi il numero di suoni e il numero di persone, predice dove si diffonderà il virus. Tutto il sistema che vedete in foto entra in una scatola delle dimensioni di un grande libro: lo staff dietro al progetto ha messo quattro prototipi in quattro sale d’attesa dell’ospedale dell’università, analizzando in sette mesi ben 350.000 immagini termiche e 21 milioni di registrazioni audio.

 

 

 

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