Westworld 3, la recensione: il mondo è il nuovo parco

Westworld 3

La recensione di Westworld 3, di cui abbiamo visto in anteprima i primi quattro episodi: i confini del parco sono ormai un ricordo e Dolores ha una missione ben precisa. Il libero arbitrio è sempre al centro della serie, che cambia di nuovo pelle e diventa molto più action. Dal 16 marzo su Sky Atlantic HD.

La prima stagione di Westworld – Dove tutto è concesso è un’eccellenza della serialità televisiva di questi ultimi anni: ecco perché, dopo la seconda, qualitativamente inferiore nonché priva dello stesso fascino, scrivere la recensione di Westworld 3 è un compito non solo arduo, ma che ci faceva molta paura.

 

Westworld 3 Evan Rachel Wood

Niente come la prima stagione.

La serie creata da Jonathan NolanLisa Joy, ispirata all’omonimo film scritto e diretto da Michael Crichton, nel primo ciclo di episodi affronta in modo brillante temi complicati come il libero arbitrio, la natura umana, lo strano rapporto tra etica e progresso tecnologico, grazie a quella meravigliosa metafora che è il parco di divertimenti immaginato dal dottor Robert Ford (Anthony Hopkins).

Di proprietà della Delos Inc., Westworld comprende sei parchi a tema, in cui degli androidi, chiamati host, indistinguibili dai veri esseri umani, ricreano mondi del passato, come il vecchio West, di cui impariamo presto a riconoscere alcuni volti, che diventano cruciali per il racconto: su tutti Dolores (Evan Rachael Wood), dolce ragazza dal vestito azzurro, una dei residenti più longevi del parco.

 

 

Il contrasto tra i circuiti elettrici degli androidi e la polvere da film western, che ha reso grande e peculiare la saga di Star Wars, funziona perfettamente anche per il primo ciclo della serie HBO. Futuristica e romantica allo stesso tempo, la prima stagione si conclude in modo perfetto. E forse sarebbe stato opportuno lasciarla così: 10 ore di grande televisione da ricordare con affetto.

 

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Il pasticcio della seconda stagione

Avendo esplorato soltanto uno dei sei parchi a tema, le potenzialità di Westworld 3 erano praticamente infinite: in molti hanno gioito quando fu annunciato che parte delle nuove avventure di Dolores e soci sarebbero state ambientate nello Shogun World, la sezione dedicata al Giappone del periodo Edo (1603 – 1868). Purtroppo questa storyline è il simbolo per eccellenza della bellezza e allo stesso tempo della delusione che rappresenta la seconda stagione.

 

 

Westworld 3

 

 

Lo Shogun World è il simbolo per eccellenza della bellezza e allo stesso tempo della delusione che rappresenta la seconda stagione.

Forti del successo dei primi episodi, amati sia dalla critica che dal pubblico, Nolan e Joy hanno purtroppo fatto ciò che gli amanti di Lost hanno imparato a definire come “il disastro del Tempio” (o “supercazzola del Tempio”, o “salto dello squalo del Tempio”, come preferite): mostrarci brevemente un mondo dalle potenzialità enormi, per usarlo soltanto come riempitivo.

Quanto è bello lo Shogun World? Quanto è bella la versione riarrangiata di Paint it Black dei Rolling Stones che scandisce i fatti che vediamo lì? E quanto sono però inutili ai fini del racconto complessivo? Parlando in modo spiccio: hanno allungato il brodo.

E lo hanno fatto nel modo più fastidioso possibile: complicando inutilmente la storia, confondendo il pubblico, che infatti ha finito, nella maggior parte dei casi, per abbandonare la visione (la perdita di spettatori da una puntata all’altra è stata emorragica), o per rimanere con diversi dubbi: molte cose, se unite bene i puntini, non tornano, sono date per scontate o sono estremamente forzate. Insomma una delusione, sopratutto avendo come esempio la prima stagione.

 

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Previously on Westworld

Visto che abbiamo citato Lost, per parlare della terza stagione occorre fare un breve riassunto di quanto successo nella seconda, anche perché sono passati due anni.

 

Westworld 3 Thandie Newton

 

Nella prima stagione alcuni host, come la già citata Dolores e Maeve (Thandie Newton) hanno preso coscienza di sé, grazie a un processo che Ford ha previsto: il Labirinto è un percorso cognitivo che permette agli androidi, generalmente intrappolati in percorsi narrativi ed etici prestabiliti, letteralmente di risvegliarsi, assumendo il controllo di se stessi, ricordando i ricordi rimossi delle loro vite passate, riportate a galla grazie a delle gestualità subliminali (chiamate reveries).

Nella prima stagione alcuni host hanno preso coscienza di sé, grazie a un processo che Ford ha previsto: il Labirinto.

Questo risveglio, porta Dolores a dare vita a una ribellione, che si conclude con l’uccisione di gran parte del Consiglio di Amministrazione della Delos. Maeve fa un passo successivo: non solo prende coscienza di sé, ma è anche in grado di controllare gli altri host. Fortemente legata al personaggio della figlia, è proprio lei a scoprire la Porta, un passaggio digitale che porta a una sezione segreta del parco, una sorta di Eden digitale in cui gli host possono vivere liberamente.

 

Westworld 3 Tessa Thompson

 

Tra Dolores, Maeve e Bernard (Jeffrey Wright), braccio destro di Ford, ci sono forti divergenze: la prima vuole vendicarsi degli umani, che per anni hanno trattato lei come host come oggetti, imponendogli atroci sofferenze, mentre gli altri sono più propensi a una convivenza pacifica. Il punto di contatto tra tutti loro è L’Uomo in Nero (Ed Harris), ovvero William, vice presidente della Delos e proprietario del parco. A Westworld l’uomo si è letteralmente perso, sia con il corpo che con la mente.

La Porta: un passaggio digitale che porta a una sezione segreta del parco, una sorta di Eden digitale in cui gli host possono vivere liberamente.

 

 

 

 

 

Dopo il Labirinto e la Porta, Westworld si apre al mondo

Arriviamo quindi a Westworld 3, disponibile in Italia dal 16 marzo su Sky Atlantic HD: composta da 8 episodi e non più 10 (molto bene: speriamo che sia garanzia di una minestra più concentrata), la terza stagione è ambientata nel 2058, in cui il destino degli esseri umani è dettato dal “Sistema”. Di proprietà della Incite, azienda concorrente della Delos, il Sistema decide come deve comportarsi, a sua insaputa, ogni persona analizzando ogni evento, conversazione e incontro e valutandone statisticamente i benefici.

 

Composta da 8 episodi e non più 10, la terza stagione è ambientata nel 2058.

L’architetto (e non è un caso che si presenti vestito tutto di bianco, proprio come il personaggio di Matrix) di questo complesso piano per controllare l’umanità è Serac (Vincent Cassell), CEO di Incite, che è disposto a tutto pur di mantenere segreto Rehoboan, ovvero l’enorme insieme di dati sugli esseri umani raccolto fin dal 2039.

Per fare questo Serac chiede a Maeve di uccidere Dolores, che nel frattempo sta portando avanti il suo piano di sterminio della razza umana. Per farlo cerca l’aiuto di Caleb Nichols (Aaron Paul), umano la cui vita statisticamente non può che portare soltanto a dolore e sofferenza.

 

 

 

Westworld cambia pelle: ci guadagna il ritmo, ma la personalità diminuisce

Come tra la prima e la seconda, anche per l’arrivo di Westworld 3 ci sono voluti due anni: forse forti della lezione imparata con il secondo ciclo, Nolan e Joy hanno cambiato completamente stile narrativo, riducendo i punti morti al minimo e dando molto più spazio all’azione.

Le riflessioni sull’esistenza, almeno in questi primi quattro episodi, vanno di pari passo con combattimenti ed esplosioni: Evan Rachel Wood, vestita sempre di nero, abbandonato il vestito azzurro si cimenta in spettacolari scene di lotta, dimostrando di essere perfettamente credibile come eroina action.

 

Westworld 3 Vincent Cassel

 

Aaron Paul e Vincent Cassell tra le new entry importanti della terza stagione.

Anche i piani temporali sono molto più chiari: se la seconda stagione richiedeva grande attenzione per non confondersi, qui è quasi sempre evidente in che luogo, e sopratutto in che tempo, ci troviamo. Il ritmo e la comprensione ne giovano, ma, allo stesso tempo, la serie sembra aver perso personalità: guardando i nuovi episodi sembra di vedere situazioni e dinamiche già affrontate meglio da prodotti, rimanendo sempre in ambito televisivo, come Black Mirror e Mr. Robot. Se ci spostiamo al cinema poi è impossibile non pensare al già citato Matrix, o a pellicole come Minority Report e Terminator.

Il libero arbitrio è il fulcro e il primo mobile di Westworld.

Lo spunto narrativo più interessante, e che non sveleremo, verrà trattato proprio nella seconda metà della stagione, che, al momento, non abbiamo visto: ci limiteremo a dire che, se questa Dolores così dura e inflessibile – che agisce in modo totalmente freddo, senza che un’emozione umana riesca a scalfire quella sua, ormai perenne, espressione arrabbiata – vi ha stancato da tempo, non avete torto.

Perché forse il libero arbitrio, primo mobile di questa opera, magari non esiste, ma una cosa è certa: essere umani vuol dire avere un ampio spettro di emozioni, molto spesso imprevedibili perché in contrasto tra loro. La chimica alla base di ogni emozione e decisione può fare la differenza: siamo curiosi di sapere quale sarà quella che dovrà affrontare Dolores e con lei tutti gli altri personaggi.

 

 

Westworld 3 arriva il 16 marzo su Sky Atlantic HD
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