La recensione di Bad Boys for Life, con Will Smith e Martin Lawrence che riprendono i ruoli dei primi due capitoli. Dopo 17 anni, esplosioni, pallottole e tante risate.
Le atmosfere tropicali di Miami, una familiare coppia di poliziotti ormai attempati, nuovi temibili cattivoni, azione sotto testosterone e musica tamarra, manca solo Michael Bay: Bad Boys è tornato, e nel migliore dei modi, come avrete modo di leggere nella nostra recensione di Bad Boys for Life.
Orfano quindi di Bay (bene), questo terzo episodio della celebre serie avviata nel ’95 è diretto da Adil El Arbi e Bilall Fallah (a me prima sconosciuti), e vede il ritorno sia di Will Smith che di Martin Lawrence, per una delle coppie da buddy cop più celebri del cinema pop.
Giusto per chiarire le cose già in partenza, Bad Boys for Life è un film divertente, a tratti esaltante, con una formula che funziona e un duo che dopo diciassette anni ha ancora un’invidiabile chimica.
É un film muscolare il giusto – meno dei due precedenti diretti da Bay – che ha una sua dimensione, uscendone solo per qualche parentesi eccessiva, melodrammatica e straniante che si poteva tranquillamente evitare.
Bad Boys for Life arriva nei cinema italiani da oggi 20 febbraio. Visto il successo internazionale di questo terzo episodio, un seguito è già in sviluppo.
Nel racconto di Bad Boys for Life sono passati diversi anni dall’ultima scorribanda cinematografica col botto di Mike (Will Smith) e Marcus (Martin Lawrence). Il tempo trascorso è da subito lampante, e già la sequenza d’apertura non manca di sottolineare la cosa, anche in maniera molto simpatica ed intelligente, direi.
I due al solito sono su poli opposti, ora più che mai.
Deciso a vedere crescere il nipote appena nato, Marcus si riscopre religioso e pacifista, ormai stufo di una vita violenta e continuamente a rischio. Mike è invece ancora molto orgoglioso, assettato di adrenalina e soprattutto poco disposto a lasciarsi tutto alle spalle per costruirsi magari una vera e propria famiglia. I due al solito sono su poli opposti, ora più che mai.
La coppia in ogni caso ha fatto i conti senza l’oste, visto che Isabel Aretas (Kate del Castillo), vedova di un boss della droga messicano catturato molto tempo prima con il contributo di Mike, è fuggita di prigione, scatenando su Miami la furia vendicativa del figlio Armando (Jacob Scipio).
Pallottole, stragi, disastri urbani
Mi fermo qui per evitare spoiler, visto che stranamente il film tiene per sé più di qualche sorpresa fin dalle prime battute, ma potete immaginare gli sviluppi successivi. Un paio di twist piuttosto potenti, pallottole, stragi, disastri urbani, due sequenze d’azione notevoli e uno showdown finale a dir poco esplosivo.
La struttura del film funziona così bene che poche volte mi sono trovato a ridere così tanto
Dandogli il giusto tempo per carburare, la struttura di Bad Boys for Life funziona così bene che davvero penso poche volte di recente mi sono trovato a ridere così tanto al cinema, e lo stesso posso dire per i colleghi in sala.
Will Smith e Martin Lawrence hanno una chimica che non sembra aver sentito il passare di due carriere diverse e due decenni, come fosse trascorso in pratica un giorno, e quasi ogni loro dialogo semplicemente riesce a stampare un sorriso tanto istantaneo quanto ingenuo sul volto.
La decisione in ottica demenziale di caratterizzare Marcus ancora più speculare a Mike rispetto al passato giova moltissimo al film, che da bravo buddy cop (guardate a 21 Jump Street o Men In Black) punta tutto sull’esasperazione delle differenze tra i due protagonisti.
Questo anche attraverso la scelta di separarne il percorso (per un po’); scelta rivelatasi più che azzeccata, come dimostra una memorabile sequenza montata in parallelo, forse tra le più simpatiche di questo Bad Boys.
Ci sono per fortuna tante e diverse scene simpatiche e divertenti
Dico forse, perché ce ne sono per fortuna tante e diverse, alimentate pure da nuove aggiunte (il buffo dualismo tra l’impulsività dei cattivi ragazzi e la razionale efficienza della nuova e tecnologica squadra AMMO), vecchie conoscenze/situazioni e piacevoli riferimenti al passato del franchise.
Non posso nemmeno non citare il Capitano Howard di Joe Pantoliano, uno dei personaggi più riusciti e divertenti della serie, che qui torna isterico come nei primi due episodi, con dei protettori gastrici che prendono il posto dell’iconico woosah per schermarlo dai soliti attacchi d’ira. Rido ancora solo al pensiero.
Se quindi Bad Boys funziona benissimo come commedia, è invece piuttosto goffo sullo sbocco drammatico del finale, sia nelle modalità, sia proprio nel contenuto, che è piuttosto straniante, già visto, fuori luogo e davvero non necessario.
Poi per carità, il film non si prende totalmente sul serio nemmeno su questo alla fine della fiera, ma non ho dubbi nel dire che alcune linee di dialogo sprofondino nella comicità involontaria.
La catena di eventi di un film come Bad Boys for Life è in primis un pretesto per costruire intrattenimento
La catena di eventi di un film come Bad Boys for Life è in primis un pretesto per costruire intrattenimento, magari pure sopra le righe, e per questo forzare (tanto) un personaggio e cercare di darsi un tono con un cliché di genere è un qualcosa di ridondante che si poteva evitare senza grossi problemi.
Ma Bad Boys non sarebbe Bad Boys senza una buona dose d’azione distillata
Ma Bad Boys non sarebbe Bad Boys senza una buona dose d’azione distillata, ovviamente. Nel film come ho detto ci sono tre/quattro sequenze d’azione principali, che sicuramente guadagnano in leggibilità con l’uscita di Michael Bay (che di recente ha sfornato il suo Six Underground) dalla regia della serie.
Non me ne vogliano i fan del regista californiano, ma senza inquadrature così ballerine e senza un montaggio così schizofrenico, veloce, frenetico e poco compatto, il film tecnicamente si piazza diverse spanne sopra ai due precedenti.
Tuttavia, nelle situazioni più sorprendenti, esaltanti e meglio costruite si nota molto il ritocco e l’intervento del digitale, specie nello scontro finale e in un’altra sequenza intermedia, avendo addirittura l’impressione che il video perda alla bisogna dei frame per mascherare qualche artefatto.
In questo probabilmente si riflettono le costrizioni di budget (90 mln $ contro i 120 mln $ del secondo capitolo, ad inizio anni 2000) e l’età avanzata dei due protagonisti, per forza di cose aiutati da effetti visivi.