Continua la cavalcata di Mark Millar con i fumetti del Millarworld, prodotti e distribuiti da Netflix. E come da tradizione anche stavolta è accompagnato da una superstar del disegno, Raphael Albuquerque.
Edison Crane è semplicemente l’uomo perfetto in tutto. Ma forse questa ennesima sfida è troppo anche per lui. O no? Ma soprattutto, che cosa sta succedendo a Mark Millar?
Non è tutto oro ciò che luccica.
Di come Mark Millar e Netflix abbiano stupito tutti nel 2017, annunciando l’entrata del colosso dello streaming nel campo dei comics, ve ne ho già parlato, proprio in occasione dell’uscita italiana del primo prodotto post-accordo, The Magic Order.
Ora che Panini Comics ha portato in Italia anche il secondo titolo in ordine di uscita, Prodigy, è interessante analizzare l’andamento di questo Millarworld e la qualità dei prodotti che stanno uscendo. Ma prima servono alcune considerazioni.
Mark Millar con il proprio Millarworld ha realizzato finora dei best seller mica da ridere. Basti pensare a Wanted, Kick-Ass, Nemesis e Kingsman: Secret Service, tutti titoli eccellenti, disegnati da eccellenti artisti.
In pratica prodotti creati con il semplice scopo di non poter essere ignorati, manco a volerlo fare apposta.
Dei ventiquattro titoli usciti finora sotto il marchio Millarworld sono stati realizzati ben quattro film di successo (Wanted, Kick-Ass, Kick-Ass 2, Kingsman: Secret Service) e sono in preparazione tre serie Netflix, un anime e cinque film.
13 trasposizioni su 24 titoli prodotti. Una percentuale realmente sorprendente.
Non mi sarei aspettato niente di meno da Mark Millar ma rileggere certi dati e pensare ai tanti milioni di dollari che girano attorno alle sue opere è sempre piuttosto sconvolgente.
La formula Millarworld è piuttosto semplice e delineata: serie composte da una media di sei uscite (con qualche eccezione come Jupiter’s Legacy e Jupiter’s Circle), disegnatori di livello stratosferisco e storie che abbracciano tutti i campi della narrazione, ma prediligendo marcate componenti action, in modo da rendere appetibili trasposizioni cinematografiche o per il piccolo schermo.
All’apparenza nulla è cambiato nel suo modo di operare, tuttavia ho percepito la netta sensazione che il bisogno di vedere trasposte le proprie opere abbia un po’ superato quello di narrare grandi storie.
È il caso di Prodigy, thriller estremamente frenetico realizzato con il talentuosissimo Raphael Albuquerque e i colori di Marcelo Maiolo.
Edison Crane è letteralmente l’uomo perfetto: genio senza eguali, capace di agire in multitasking e risolvere i più disparati problemi, praticando nel contempo sport estremi e compiendo incredibili imprese umanitarie.
Miliardario, scienziato, avventuriero, artista. Edison Crane è meno frivolo di Tony Stark, decisamente più solare e spontaneo di Bruce Wayne.
Probabilmente migliore di entrambi, messi assieme.
Edison si è scoperto bambino prodigio fin dalla tenera età, grazie ad una memoria incredibilmente sviluppata che gli permette di assimilare tutto ciò che vede a più livelli.
Un esempio? Dopo aver subito un pestaggio da parte degli invidiosi compagni di polo più grandi, in un weekend si impara il jeet-kune-do e il kung-fu semplicemente guardando i film di Bruce Lee e si vendica il lunedì mattina a suon di calci rotanti e pugni del drago. Notevole.
Questo talento e un’incredibile abnegazione lo portano presto a diventare l’uomo più ricco ed influente del mondo, impegnato tanto nello sviluppo tecnologico quanto nei progetti umanitari, senza mai rinunciare a qualche brivido.
Perché Edison Crane è un dannato malato di adrenalina, orgoglioso, totalmente sicuro di sé e non permette a nessuno di mettere in dubbio le proprio capacità. Fosse anche un ragazzino che gli chiede se sarebbe capace di saltare il Grand Canyon in sella ad una moto avvolto dalle fiamme.
Ma mentre è impegnato a risolvere il problema di un asteroide immenso in rotta di collisione con la Terra e qualche altra decina di problemi su scala planetaria una serie di misteriose apparizioni cattura la sua attenzione.
Improvvisamente dei veicoli solo all’apparenza terrestri compaiono in diverse parti del mondo, con al proprio interno i resti carbonizzati di alcuni animali. Un’invasione aliena? Un black Project di qualche governo?
In poco tempo Edison Crane intuisce che il mondo si trova di fronte ai preparativi per un’invasione massiccia da parte di una Terra parallela, una versione alternativa del nostro pianeta e della razza umana proveniente da un’altra dimensione.
Quando l’agente della CIA Rachel Straks chiederà l’aiuto di Edison per tentare di scongiurare questa minaccia terribile inizierà un viaggio in giro per il mondo dove l’assurdo diventerà la norma, tra archivi segreti del Cremlino, combattimenti, rocambolesche fughe nel deserto e antiche profezie collegate a terribili e crudeli società segrete.
Ma, dannazione lui è Edison Crane, se c’è qualcuno in grado di farcela quello è proprio lui.
Mark Millar imbastisce una storia tutta adrenalina e avventure mozzafiato, dove la concentrazione è esclusivamente sul protagonista, polo magnetico dell’intera narrazione. Mai come in questa storia il termine “comprimari” si adatta perfettamente agli altri personaggi del fumetto, semplici ingranaggi per far brillare il protagonista.
Il fumetto è divertente, veloce e scorrevole, anche in occasione degli spiegoni scientifici in cui si lascia andare il nostro Superman nero, ma ci si accorge che manca qualcosa rispetto le uscite del passato. Alcuni dei difetti riscontrati in The Magic Order si presentano anche su Prodigy, seppur in forma diversa, ma facendo intuire che certi sospetti si stanno facendo più consistenti.
Di norma tutte le idee alla base dei soggetti di Mark Millar sono avvincenti ed entusiasmanti. Di recente però sembra che lo sviluppo delle stesse cominci a rivelare qualche piccola falla.
Su The Magic Order purtroppo mancava un approfondimento del mondo magico nascosto alla vista della maggior parte degli esseri umani e di come la società segreta protagonista aveva difeso l’equilibrio nel corso dei secoli. I colpi di scena non mancavano ma alcuni sbucavano fuori un po’ dal nulla, spiazzando.
In Prodigy si è talmente tanto concentrati sul protagonista che tutta la questione della Terra alternativa e dell’invasione coadiuvata dai complici umani è lasciata purtroppo del tutto inesplorata. Il percorso dell’eroe, in tal senso, è davvero scontato. Mai lo vedremo veramente in difficoltà, mai dubiteremo della sua riuscita.
Edison Crane combatte, corre, flirta, risolve enigmi, fa battute e riempie così tanto lo spazio da non permettere ad altri elementi di affiorare. Si salveranno appena i due personaggi di Rachel Straks e Francis Dashwood che manifestano quantomeno una personalità chiara nel corso del fumetto.
Ripeto per dovere di chiarezza.
Prodigy rimane un fumetto action tutto sommato divertente e scorrevole, anche se parecchio scontato nella trama.
Ma ho avuto la netta sensazione che da quando è stato siglato l’accordo Netflix – Millarworld la concentrazione dell’autore scozzese sia orientata sul tirar fuori dal cilindro buone idee per eventuali trasposizioni, ad una velocità pazzesca, senza dedicarsi più di tanto allo sviluppo delle stesse.
Un po’ come se si sentisse Edison Crane, come a dire “tutto ciò che faccio ha successo tanto vale produrre di più”. Se con The Magic Order ne avevo avuto la sensazione, con Prodigy è diventato un sospetto concreto.
Prodigy è disegnato come ci si aspetterebbe da una serie di questo livello. Raphael Albuquerque è bravo nel tratteggiare le scene action e le espressioni dei personaggi, ma esattamente come accaduto per Oliver Coipel in The Magic Order, si percepisce che un disegnatore come lui avrebbe potuto esprimere anche risultati ben maggiori, forse col giusto tempo a disposizione o con maggiori indicazioni dall’autore.
Lo si vede negli sfondi, per la maggior parte del fumetto solo appena delineati, e in una decisamente non ricca realizzazione dei dettagli di costumi o particolari vari. Manca qualcosa.
Prodigy diventerà un film Netflix e, come già ripetuto, con un soggetto del genere non potrà di certo passare inosservato.
Ma il fumetto non soddisfa come avevano soddisfatto in passato opere come Nemesis, Kick-Ass, Superior, Jupiter’s Legacy e persino Huck, di certo non una delle sue opere più famose, realizzato proprio con lo stesso Albuquerque.
I prossimi in lista sono Sharkey The Bounty Hunter e Space Bandits, disegnati dalle due nostre superstar Simone Bianchi e Matteo Scalera. Non vedo l’ora di leggerli qui in Italia.
Perché sono un fan di Millar dai tempi di The Authority e delle sue avventure Marvel (Ultimates e Old Man Logan su tutti) e conscio del suo enorme talento mi aspetto da lui sempre storie di altissimo livello.
Spero che, semplicemente, anche un fuori classe come lui ogni tanto possa incappare in un passo falso. Anzi sarebbe più adeguato dire una prestazione non del tutto all’altezza delle sue indubbie capacità.
- Soggetto accattivante e già pronto a diventare un film di Netflix, ma...
- Buonissimi disegni ma...
- Lettura scorrevole e divertente, ma...
- ...il protagonista non lascia spazio all'approfondimento della vicenda principale della storia
- ...si ha l'idea che un talento come Raphael Albuquerque avrebbe potuto rendere anche di più
- ...a differenza dei titoli precedenti Millar sembra più concentrato a concepire idee interessanti piuttosto che a svilupparle
- Trama davvero scontata e alcuni colpi di scena non sono realmente sorprendenti