Viviamo nel regno dell’eterna nostalgia, quindi perché stupirsi del ritorno di tanti prodotti che hanno segnato la nostra infanzia? È accaduto anche a L’Isola di Fuoco, Fireball Island, famosissimo gioco da tavolo di metà/fine anni ’80, che ritorna in una nuova edizione. Siete pronti a tornare a sfidare l’ira di Vul-Kar?

Nel 1988 arrivava in Italia un gioco da tavolo che avrebbe realmente segnato un’epoca: si trattava dell’Isola di Fuoco.

La meccanica di gioco non era niente di particolarmente evoluta, diciamoci la verità, si trattava di qualcosa di poco più avanzato di un “gioco dell’oca”, ma l’atmosfera e soprattutto i componenti erano a dir poco straordinari.

 

 

La prima Isola di Fuoco del 1988

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Quando uno dei miei amici del quartiere lo ricevette in regalo, complice anche una massiccia campagna pubblicitaria ad orario cartoni animati e su Topolino, una frenesia ludica si impadronì di tutto il nostro gruppetto. Ci giocavamo ogni giorno, ripetutamente.

Quattro avventurieri dovevano cimentarsi in una caccia al tesoro per impadronirsi del cuore dell’idolo dell’isola, un rubino gigantesco, cercando poi di mettersi in salvo dalle continue eruzioni dell’isola e dai tentativi di furto da parte dei compagni.

Il tabellone era enorme, con diversi percorsi per le biglie (che rappresentavano le palle di fuoco lanciate da Vul-Kar) e una demoniaca testa rocciosa a guardia dell’isola.

Eravamo appena abituati a Brivido, Crack! e Hotel (che già comunque erano notevoli) e Hero Quest ci avrebbe impiegato altri due anni ad arrivare nelle nostre case, quindi la meraviglia per questo prodotto così ben realizzato era altissima.

Siamo nel pieno di una crisi di nostalgia anni ’80 irrefrenabile, poteva quindi questo mitico gioco del passato sfuggire alla macchina spenna soldi dei reboot? Certo che no e ci hanno pensato i ragazzi di Restoration Games a mettere in piedi la campagna crowdfunding per questa nuova versione de L’Isola di Fuoco.

 

 

Questa nuova edizione di Fireball Island è un gioco modernizzato, ampliato sia nei componenti che nelle meccaniche.

Pregno del retaggio del suo illustre antenato ma con un occhio decisamente rivolto verso un mercato – quello del boardgame – esigente e competente.

Ed ecco quindi che il gigantesco tabellone – ora diviso in tre sezioni componibili –  torna in una versione del tutto migliorata quanto a colori e percorsi per le biglie; lo stesso Vul-Kar, l’idolo dell’isola, è raddoppiato in dimensioni e vanta addirittura tre scivoli per la caduta delle biglie/palle di fuoco per aumentare l’imprevedibilità dei percorsi delle stesse. L’isola poi è costellata di pericolose e pericolanti biglie tizzone e palme con basi mobili per bloccare eventuali percorsi minacciare/proteggere le miniature in gioco.

 

Ma oltre alla componentistica è cambiata anche l’ambientazione e questa è una cosa che mi ha fatto molto sorridere e divertire, anche se più di qualche critico l’ha percepita come negativa.

Se nell’originale Isola di Fuoco eravamo degli avventurieri che cercavano in tutti i modi di sgraffignare il gigantesco rubino che rappresentava il cuore dell’isola, in questa nuova versione è tutto cambiato: sono passati gli anni, la globalizzazione ha fatto il suo corso, l’isola è ormai una meta turistica per chi può permetterselo e raccogliere tesori è altrettanto importante che farsi dei super selfie in questo minaccioso e ancora selvaggio luogo di avventure.


Per chi ha vissuto il primo gioco la reazione a questo cambio deve essere stata più o meno la stessa che ha avuto Ellen Ripley dopo aver saputo che sul pianeta LV-426 ormai la gente ci abitava felice.
In questo cambio di direzione ci vedo proprio il segno dei tempi che viviamo e una simpatica provocazione da parte dei creatori. Pur di farsi un selfie da migliaia di like molti sarebbero disposti a rischiare di brutto, sottolineando quanto in passato lo spirito pionieristico fosse assolutamente più genuino.

Anche la meccanica di gioco è decisamente cambiata rispetto al passato.

Per prima cosa l’obiettivo dei giocatori (da 2 a 4) è quello di accumulare più punti possibile, mediante la raccolta di tesori sparsi per l’isola, fotografie (1 per colore fino ad un massimo di 3 complessive) e poi mettersi in salvo. Dunque il cuore di Vul-Kar seppur prezioso in termini di punti non è più l’elemento fondamentale del gioco.

Per prima cosa l’obiettivo dei giocatori (da 2 a 4) è quello di accumulare più punti possibile, mediante la raccolta di tesori sparsi per l’isola, fotografie (1 per colore fino ad un massimo di 3 complessive) e poi mettersi in salvo.

Dunque il cuore di Vul-Kar seppur prezioso in termini di punti non è più l’elemento fondamentale del gioco.

Ogni giocatore avrà una mano di due carte tra cui scegliere quella da giocare nel proprio turno. Le carte quindi determineranno il movimento e le azioni possibili (come ad esempio scagliare le biglie tizzone contro gli avversari o scatenare i cataclismi di Vul-Kar).

Inoltre se ne sono dotati i giocatori potranno utilizzare i souvenir, veri e propri gadget che permetteranno azioni particolari e bonus molto utili nei vari turni.

La nuova meccanica di gioco determina una componente di studio e strategia infinitamente maggiore rispetto al gioco originale, lasciando però intatte la semplicità e l’immediatezza originali.

Se giochiamo una carta cataclisma dovremo scegliere se ruotare o meno la testa di Vul-Kar (o in alternativa una qualunque palma) e poi far cadere al suo interno il numero di biglie rosse presenti sulla cosiddetta “cicatrice”. La nuova conformazione della miniatura prevede 3 percorsi possibili per la fuoriuscita della biglia e vi garantisco che non in diverse partite non sono riuscito quasi mai a prevedere la traiettoria della stessa.

Ogni 3 cataclismi poi si aggiungerà una biglia alla riserva che andrà a seguire tutte le precedenti nel micidiale attacco esplosivo.

Chi sarà atterrato dalle biglie perderà un tesoro e potenzialmente diverse posizioni sul tabellone, ma potrà ricevere un souvenir in cambio che lo aiuterà nel recupero. Insomma nessuno è veramente fuori dai giochi in alcun momento della partita.

 

 

E poi c’è la parte che preferisco in assoluto: L’Isola di Fuoco è un gioco bastardo, dove tutto il nostro impegno è rivolto al sottrarre beni preziosi ai nostri avversari o metterli in difficoltà. Competizione pura al 100% con una massiccia dose di imprevedibilità che rende il tutto divertente.

Essendo un gioco molto semplice il divertimento che si prova nel mettere i bastoni tra le ruote agli avversari o cercare di rubarsi vicendevolmente i tesori e gli obbietti è assolutamente in primo piano.

Il dado in dotazione sarà utilizzato solo ed esclusivamente per determinare il punto di uscita qualora decidessimo di entrare in una delle diverse caverne presenti sul tabellone.

Ma parliamo un po’ della componentistica. Nonostante l’impatto visivo sia notevole non si può sorvolare su qualche aspetto non particolarmente impressionante.

Innanzitutto la scatola è davvero molto leggera e per un qualche strano sortilegio quello che ci stava perfettamente al suo interno prima di aprirla, alla prima richiusura non ci sta più, quantomeno come prima. La qualità del cartone, voluta per dare un effetto vintage, è semplicemente scadente.

Il tabellone è composto da 3 plance stampate di plastica: fanno il loro dovere e sono ben sagomate e colorate, ma non destano particolare stupore. Almeno non quanto l’inquietante scritta interna che ci avvisa che “l’esposizione a un eccessivo calore può danneggiare il tabellone di gioco”. Viene da chiedersi quanto debba essere eccessivo questo calore per fondere la nostra isola.

Questo tabellone ha presentato più di qualche problema. Alcuni giocatori hanno pubblicato sui social e nei gruppi dedicati foto di problemi di stampa del tabellone, con le icone disallineati rispetto alle molte sagome presenti. Fortunatamente la copia recensita non ha presentato alcun problema ma le foto che sono circolate erano di fatto piuttosto eloquenti, facendo pensare ad un processo di stampa forse non troppo accurato o a qualche problema su una parte della tiratura.

Le 4 miniature sono molto leggere per ovvi motivi di gioco (devono essere spazzate via al passaggio di una biglia) e non presentano degli sculpt accattivanti.

 

 

 

 

Tutti gli altri componenti sono più che discreti con buone illustrazioni sulle carte e in generale buoni cartoncini componibili.

In particolare la testa di Vul-Kar ora è decisamente più evoluta e grande il triplo rispetto alla versione vintage. Molti hanno notato un difetto nella rotazione della testa che deve essere prima sollevata e poi posizionata in uno dei versi della sagoma a stella che fa da base. Francamente la cosa mi è risultata del tutto ininfluente e anzi, trovo azzeccato il fatto di adagiarla perfettamente in un verso piuttosto che in un altro.

 

In un’epoca in cui le miniature sono sempre più dettagliate e i componenti più pregiati L’Isola di Fuoco non brilla per particolare merito ma riesce comunque ad essere più che dignitoso e ad adempiere allo scopo che gli è richiesto, cioè divertire.

E dopo diverse partite con diversi amici posso solo dire che la nuova Isola di Fuoco è assolutamente divertente, longevo e non frustrante.

Il titolo è di una semplicità assoluta, il regolamento è abbastanza chiaro (in un paio di punti potrebbero insorgere dei dubbi che saranno risolti subito con un po’ di sana intuizione e buon senso) e in generale ci si approccia a L’Isola di Fuoco con una sana voglia di passare allegramente un’oretta di tempo.

La competizione è massima, anche se siamo distanti dai livelli di un qualunque german game. Lo spirito di questo gioco è genuino come quello dei bambini, in particolare dei bambini che ancora abitano nel nostro cuore.

È come se vivessimo vicino ad una spiaggia e ogni volta la marea ci porta a riva oggetti e ricordi degli anni ’80.

Qualcuno potrebbe chiedersi perchè rifare un gioco del genere. Io rilancio affermando perchè no?

In fondo stanno rimettendo in circolazione MINI NES, COMMODORE 64, WALKIE TALKIE, BMX e chi più ne ha più ne metta.

 

 

 

 

La nuova versione de L’Isola di Fuoco riesce ad essere divertente ed immediata; la facilità con cui si mette in piedi una partita è un punto a favore specie quando si vuole passare una serata spensierata in compagnia e il prezzo è discretamente buono (in questo momento 56 euro su Amazon).

È vero che siamo di fronte ad un’operazione squisitamente commerciale fatta per prendere l’ennesima vecchia gloria e proporla ai deboli (di cuore e di volontà) nostalgici del passato, ma è anche vero che l’essenza di questo gioco lo rende un buonissimo prodotto da tirare fuori a Natale o dopo una bella cena in compagnia.

Peccato solo non poterci giocare almeno in 6, perché questo è un gioco per tanti e aumentare il numero di giocatori a mio avviso non avrebbe pregiudicato le dinamiche. Ma tanto stanno per arrivare le espansioni e Wreck of the Crimson Cutlass (con l’aggiunta di una seconda isoletta con un relitto di nave pirata arenata) sembra promettere molto bene.

 

 

 

75
Recensione L’Isola di Fuoco: La Maledizione di Vul-Kar
Recensione di Giovanni Zaccaria
ME GUSTA
  • Il gioco è stato modernizzato e reso decisamente più divertente e appagante del suo antenato
  • Le dimensioni contano: tutto è decisamente più grande e colorato
  • Il gioco è divertente e immediato, ideale per una serata in allegria
  • Competizione totale e continui ribaltamenti di fronte
FAIL
  • Scatolone decisamente scadente ed inadeguato; alcuni componenti non sono propriamente al top
  • Non è veramente "originale", ma lo sforzo per cambiare quello che doveva essere cambiato è apprezzabile
  • Avrebbero dovuto rendere già disponibili delle espansioni
  • Lo spirito del gioco avrebbe imposto un massimo di giocatori pari a 6 e non a 4
  • Qualcuno ha lamentato dei documentati problemi di stampa del tabellone; la copia recensita fortunatamente è perfetta, ma le foto pubblicate in rete erano eloquenti