Sono andato a Colonia quest’anno per Gamescom e per seguire lo sviluppo di Cyberpunk 2077: oltre a rivedere la demo giocata che vi ho già raccontato durante la mia scorsa trasferta a Los Angeles, ho avuto modo di intevistare Marthe Jonkers, il capo dei concept artist. Ma questa volta ho avuto un’occasione ancora migliore: ho intervistato anche Mike Pondsmith, il creatore di Cyberpunk 2020, il gioco di ruolo che ha iniziato tutto, il gioco su cui è basato anche Cyberpunk 2077.
CD Project Red, lo sviluppatore di Cyberpunk 2077, aveva allestito anche a Gamescom un’area stampa con ricreato il Totentanz Night Club come a Los Angeles: per l’ennesima volta mi sono ritrovato catapultato nel mondo di Cyberpunk, ambientazione perfetta per prepararmi ad intervistare l’uomo che ha immaginato tutto questo: Mike Pondsmith.
Mentre aspetto di entrare in una saletta riservata, ripenso al mio primo approccio a Cyberpunk 2020, il gioco di ruolo del 1990 che ha segnato, insieme a Dungeons & Dragons, Rolemaster e Call of Cthulhu, la mia adolescenza durante gli anni ’90.
All’epoca immaginavamo un futuro fatto di protesi cibernetiche, macchine volanti, reti neurali e mega corporazioni al potere: considerando che mancano pochi mesi al 2020 l’ambientazione di Pondsmith, rivista con gli occhi di oggi, non era poi così tanto lontana dalla realtà.
Ho preparato diverse domande per Mike, ma so che non avrò tantissimo tempo a disposizione e cerco mentalmente di riordinarle. So già che non riuscirò a parlare di tutti gli argomenti di cui vorrei parlare, Pondsmith è famoso per essere un gran chiacchierone e per divagare di continuo durante le sue interviste e non voglio rischiare di stare ad ascoltarlo per tutto il tempo dell’intervista dopo la prima domanda.
Mentre sorseggio una Ciderpunk al bancone del Totentanz mi chiamano: è arrivato il momento. Ovviamente non sono pronto, ho per la testa mille cose e nonostante abbia intervistato negli scorsi anni davvero tantissimi personaggi incredibili del mondo del cinema, della letteratura, del gaming e della scienza… mi sento intimorito.
Mi accompagnano fino ad una stanza privata e Mike è li ad aspettarmi su un divano. Davanti a lui due sedie. Lo saluto come fosse un amico di lunga data, cercando di rompere il ghiaccio, lui contraccambia.
Comincio a tirare fuori dallo zaino il mio solito armamentario da intervista, il registratore portatile, il mio blocco degli appunti con le domande abbozzate, il DJI Osmo Pocket con l’adattatore wireless per riprendere tutto. Chiedo a Mike un momento di pazienza mentre apparecchio con tutti i miei gadget da tech head allo stadio terminale.
Non so dove piazzare il Pocket, non ho un cavalletto. Provo a metterlo su una delle sedie, ma ha la seduta imbottita e non rimane in equilibrio, casca. Sudo come un dilettante alla prima intervista, vorrei prendermi a schiaffi.
Prendo il portatile, lo piazzo sulla seduta imbottita e creo una superficie liscia. Gli appoggio sopra il Pocket con il suo adattatore wireless e mi ci collego con l’iPhone.
Comincio a muovere l’inquadratura e la testa del Pocket risponde ai miei comandi obbediente. Premo “rec” e controllo che stia registrando, non è la prima volta che mi scordo, sarà meglio non fare cazzate questa volta…
Quella roba è una camera vero?
Quasi faccio cadere l’iPhone per lo spavento. Mi stavo scordando che sono in uno stanzino con Mike Pondsmith e devo intervistarlo, cazzo.
Mike è incuriosito dalla mia micro camera portatile! Mike mi ha parlato! Aiuto! ?
Gli spiego come funziona il Pocket e poi basta cazzate, comincio a parlare a raffica, non mi ricordo neanche della prima domanda che avevo scelto, non ha importanza.
(in giallo e grassetto le mie domande, in verde le sue risposte)
figo!
immagino! (ride)
(mi interrompe) so benissimo di cosa stai parlando. Ho creato una delle prime riviste dedicate agli anime giapponesi negli Stati Uniti, un magazine che si chiamava Animag.
All’epoca gli anime giapponesi erano rarissimi, nessuno li conosceva negli Stati Uniti. Oggi mio figlio li guarda in televisione. È cambiato tutto.
C’è sempre stato questo atteggiamento per il quale se eri tra i primi ad iniziare qualcosa allora ti apparteneva: “cavolo! ora ho altri amici che fanno la stessa cosa? è impossibile!”
Oh certamente si! È essenzialmente qualcosa che doveva succedere. Ho un modo di dire:
Nerds make technology, but geeks make culture.
Se ti guardi attorno, la maggior parte della cultura popolare moderna viene proprio dalla cultura dei geek.
Se entri in una stanza e dici “It’s dead Jim!” tutti capiranno a cosa ti riferisci e rideranno per la battuta.
Potrebbero non essere dei fan di Star Trek, ma almeno quello lo conosceranno come modo di dire. E questo è importante, perché significa che quella particolare cultura non è più una cultura di stranieri, ma una identità condivisa.
Oh Dio, si! siamo invasi! ed è un bene, certamente! pensa anche a quanto sono attivi i fan oggi.
Guardo Cyberpunk 2077 e già adesso è pieno di fan art, teorie, discussioni online, video, cosplay, di tutto! e il gioco non è neanche ancora uscito!
C’è un gruppo che sta ricorstruendo la macchina che si vede nel trailer. C’è una incredibile concentrazione di talento e di condivisione che possiamo avere oggi solo perché abbiamo esteso la nostra cultura a tutti.
Finché eravamo cinque amici a fare queste cose… non avremmo mai potuto vedere tutte queste cose bellissime e fighissime che stanno arrivando da tutte le parti.
Certamente si.
(ride) ah certo che lo so, è iniziato tutto proprio con “sono Mike Pondsmith, sono quello che ha ucciso il tuo personaggio di cyberpunk!”
La cosa interessante è che ovviamente era voluto. Fino ad allora gli altri giochi di ruolo avevano trattato il combattimento come se fosse un action movie, era tutto troppo finto.
Molti dei nostri primi giocatori erano militari o personale della Polizia: sapevano come funziona uno scontro a fuoco, sapevano che non è un gioco, che è facile morire, che è molto probabile morire, che è quasi sicuro morire…
E la cosa divertente è che è diventato un orgoglio giocare a Cyberpunk e avere un personaggio che sopravvivesse a più di una avventura, magari ad una campagna intera…
“tu giochi a quella roba per bambini, io invece a questa per adulti, dove il tuo personaggio può morire da un momento all’altro e perdere tutto!”
In Cyberpunk Red* abbiamo introdotto una versione opzionale semplificata del combattimento e i primi feedback sono proprio stati “non è più mortale come prima! lo vogliamo più mortale!”.
I personaggi muoiono facilmente, ma è proprio di questo che ci si vanta se invece si sopravvive: “sono stato abbastanza bravo da sopravvivere a Cyberpunk!”
* Cyberpunk Red è il gioco di ruolo pen & paper seguito di Cyberpunk 2020 e prequel del videogame Cyberpunk 2077. Segue il periodo degli anni trenta e quaranta chiamato “del rosso”, richiamo al cielo rosso dovuto alle esplosioni atomiche durante la quarta guerra delle corporazioni.
Da quanto ho visto, si. Devi ricordare che quando vi mostriamo le demo (si riferisce agli hands-off dello scorso anno e a quello di quest’anno) cerchiamo di non far morire il protagonista, abbiamo poco tempo… ma puoi scommettere sul fatto che le prime volte che giocavano quelle stesse sequenze sono morti eccome, ne hanno prese un bel po’! (ride)
Si.
Non è quello che avevo pensato in Cyberpunk 2020, non sono le stesse meccaniche, ma è vicino a quello che ho pensato invece per Cyberpunk Red.
Il Netrunner nel gioco cartaceo originale è molto teatrale, ma rischia di annoiare il resto del gruppo mentre si sta giocando, per via dei tempi dilatati e del movimento all’interno della rete che replica pedissequamente quello del mondo reale.
Credo che la versione che abbiamo ora funzioni davvero molto bene, sia in 2077 che in Red abbiamo ora un Netrunner che agisce in maniera simile agli hacker moderni, si interfaccia con il mondo reale direttamente, può hackerare porte, videocamere, sistemi di sicurezza… connettersi direttamente, è un gameplay più dinamico e divertente e al tempo stesso più realistico.
Posso hackerare te e fare in modo che le tue mani cibernetiche ti diano un pugno. Posso ottenere informazioni, interagire con tutto.
La cosa figa è che il Netrunner deve comunque avvicinarsi al sistema che vuole hackerare, deve connettersi e prendersi quindi un rischio, ma ne vale la pena, perché otterrà un grande vantaggio, sugli altri personaggi e sull’ambiente circostante.
Beh ricordati che il Netrunner che hai visto nella demo aveva un livello più alto del Solo e poi la demo è fatta per mostrarti tutte le cose che può fare un Netrunner.. e anche in Cyberpunk Red puoi già fare quelle cose ora, senza aspettare il videogioco.
Anche in Cyberpunk 2020 potevi fare quelle cose con il “Menu”, potevi dire “mi collego al sistema e hackero quel robot per uccidere quel PNG”. Il Netrunner è più letale del Solo se giocato tatticamente: molti giocatori sanno come si usa un’arma, ma per giocare bene un Netrunner devi sapere usare bene tutto quello che c’è attorno a te, non è facile, ma da grandi soddisfazioni.
L’ho appena sentito si! Non saprei, è interessante perché i Wachiwski sono videogiocatori, o almeno lo erano quando ci ho lavorato, li ho conosciuti quando lavoravo in Microsoft… erano videogiocatori e immagino lo siano ancora: se sei un gamer rimani un gamer.
Un gamer ragiona sempre su una nuova avventura, su una nuova campagna… e immagino ci sarà molto di più in arrivo… immagino sarà una figata…
Non ne so molto, è uscita la notizia proprio mentre stavo salendo in aereo per venire qua…
Oh, penso possa essere una buona news! Chiaramente dipende tutto da come lo fanno.
Non vedo l’ora di vedere cosa tireranno fuori. Penso che passeranno più tempo dentro a Matrix che nel mondo reale: ormai sappiamo come è fatto il mondo reale nel film, ma ben poco di Matrix, vorrei saperne molto di più. ci sono tantissimi aspetti che non sono stati sviscerati… vedremo.
(ride) si, è vero! l’aneddoto è questo: Warren Spector, un mio vecchio amico, era seduto di fianco a me quando scelsi il nome della nuova società, eravamo ad una convention, lavorava per la Steve Jackson Games e mi diede un consiglio: scegli il nome che ti pare, ma non dargli il tuo nome… io stavo per chiamarla Pondsmith Games, ma non era in effetti il mio stile.
Inizialmente volevo chiamarla Quantum Fury Games, che sarebbe stata una idea davvero particolare, ma tutti quelli a cui l’ho proposto mi hanno detto che non aveva senso…
Così, seguendo il consiglio di Warren, la chiamai con il nome dell’unica persona della società che non avrebbe mai partecipato ad una convention e che non sapeva niente di giochi di ruolo o roba simile… R. Talsorian Games.. “RTG”, la chiameranno tutti così pensammo, “RTG”… Nessuno chiama la TSR “Tactical Studies Research”… nessuno pensa a “Freedonian Aeronautics and Space Administration” quando pensa alla FASA… pensavamo che tutti ci chiamassero semplicemente RTG e non certo R. Talsorian Games… e invece…
Si, esatto, era Richard Talsorian!
Grazie a te! buon gioco a tutti!
•••
Non mi resta che scattare una foto a Mike per questo articolo e chiedere l’inevitabile selfie per la mia collezione. Spero che l’intervista vi sia piaciuta, avevo altre mille domande da fare, spero davvero di avere in futuro un’altra possibilità di parlare con una delle leggende viventi del gioco di ruolo, magari il prossimo anno quando Cyberpunk 2077 arriverà sul mercato, chissà.
Troverete la mia intervista a Mike Pondsmith nei prossimi giorni su Lega Nerd!(E qualche anticipazione la potete vedere solo oggi sulle mie storie di Instagram, link nel primo commento)
Posted by Antonio Moro on Thursday, August 22, 2019
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