Negli splendidi uffici romani di Sony PlayStation Italia abbiamo avuto il piacere di provare per circa due ore di gioco Concrete Genie, nuovo titolo di PixelOpus in arrivo come esclusiva su PlayStation 4.
Annunciato per la prima volta in occasione di Paris Games Week nel 2017 e presentato più approfonditamente per E3 2018, Concrete Genie ha latitato nei radar del settore videoludico per diverso tempo.
Complici le dimensioni ristrette del giovane team di PixelOpus ed un approccio sperimentale allo sviluppo, il gioco ha richiesto forse più tempo di quanto fosse inizialmente previsto, subendo quindi due posticipi, prima dal 2018 alla primavera 2019, poi dalla primavera all’autunno.
Ebbene, siamo felici di confermarvi che Concrete Genie sarà la prossima esclusiva in uscita su PlayStation 4, con data di pubblicazione fissata al 9 ottobre e al prezzo di 29.99€, inclusa la modalità VR svelata negli scorsi mesi.
Vicini ormai all’arrivo sul mercato, approfittando dell’invito per un evento appositamente organizzato da Sony PlayStation Italia, abbiamo messo dunque mano sul gioco di PixelOpus per una ricca sessione di ben due ore, arricchita da quasi un’altra ora con PlayStation VR e da una interessante intervista con Dominic Robilliard e Jeff Sangalli – in calce all’articolo -, rispettivamente creative director ed art director del titolo.
Se siete quindi curiosi di scoprire le tante nuove informazioni da noi scoperte a riguardo di un’esperienza che fa della creatività il suo nucleo centrale, non vi resta che continuare nella lettura della nostra anteprima.
Per chi non conoscesse Concrete Genie, la seconda opera di PixelOpus dopo Entwined si incentra interamente su un ragazzo di nome Ash, giovane dalla grande immaginazione purtroppo tartassato da un gruppo di teppisti della squallida città di Denska. Colpita da un disastro petrolifero di vaste dimensioni, la comunità di Denska si è vista costretta alla fuga, lasciando dunque strade un tempo piene di vita nelle braccia di un degrado che sembra richiamare nelle palette cromatiche lo sporco industriale dell’immaginario vittoriano.
Il primo dei tre atti da noi affrontati – il più narrativo – ci introduceva proprio al mondo di gioco, attraverso l’incipit già mostrato fin dai primi trailer di annuncio del titolo. Attaccato quindi dal gruppo di bulli, Ash si trova a perdere le pagine del suo prezioso quaderno, colmo dei disegni di creature fantastiche ed ambienti eterei, in pieno escapismo rispetto allo squallore della realtà che lo circonda.
Tuttavia si deve sempre toccare il fondo per ritrovare la luce, ed ecco che – isolato nei livelli inferiori del faro di Denska – il ragazzo trova l’ignizione di una nuova speranza non solo per sé stesso, ma soprattutto per la salvezza della sua città. Un pennello magico, una delle creature da lui disegnate improvvisamente alla vita, una spalla comic relief chiamata Splotch, basta questo per avviare la magia salvifica sotto la quale scorrono temi esistenziali ed ambientalisti, nel continuo sottolineare direzioni narrative a prima impressione approfondite e non banali.
Concrete Genie pone difatti come obiettivo il ripristinare Denska al suo stato originario; per fare questo, Ash sfrutta le sue abilità in combinazione a quelle del pennello trovato, potendo disegnare in pratica su qualsiasi superficie non solo decorazioni naturali, ma soprattutto i Geni, esseri amici che aiuteranno in particolare nel superamento di determinati puzzle ambientali.
Laddove infatti è possibile dipingere dovunque si voglia, la creazione dei Geni viene abilitata esclusivamente in determinate zone, dalle quali poi è possibile guidarli verso ostacoli specifici. I Geni hanno in ogni caso due funzioni principali: una legata all’ottenimento dell’inchiostro per il super painting – di cui parleremo tra poco – ed una per l’appunto dedita ai puzzle, i quali sono correlati alle creature per mezzo del colore (Geni rossi sono elementali del fuoco e bruciano ostacoli rossastri).
In entrambi i casi bisognerà soddisferà alcune richieste dei Geni, disegnando ad esempio sulla parete l’elemento richiesto con un apposito balloon. Dato che però gli elementi naturali e le decorazioni delle creature erano contenute nel quaderno che nel prologo introduttivo viene distrutto, sarà compito del giocatore recuperare quanto perso inseguendo nell’ambiente di gioco le singole pagine, diffuse omogeneamente tra le strade ed i tetti di Denska.
Parliamo di tetti perché Concrete Genie si configura a tratti come un vero e proprio adventure, inglobando meccaniche di parkour ed arrampicata che permettono al ragazzo di fuggire dai bulli ed esplorare zone da terra non raggiungibili. I comandi per tutto quanto detto sono al contrario di quanto si possa pensare piuttosto semplici ed intuitivi: R2 per dipingere, il sensore di movimento del Dualshock 4 per dirigere il cursore, triangolo per centrare la visuale, X per saltare ed arrampicarsi, quadrato per interagire, combinazione dei dorsali per il super painting.
Cos’è a questo punto il super painting? Per progredire all’interno di Concrete Genie occorrerà dipingere tutte le pareti sormontate da una serie di lampadine, le quali si illumineranno una volta terminata la determinata frazione. Il problema sono quelle zone infestate dalla sostanza oscura derivata dall’inquinamento, le cui reificazioni – a quanto ci è stato spiegato dal creative director nell’intervista che trovate in calce – dovrebbero essere le vere nemiche dell’intera esperienza di gioco, invece dei bulli di cui sopra.
Queste aree inquinate non potranno essere dipinte – e quindi completate – con il semplice pennello, ma appunto esclusivamente attraverso inchiostro speciale ottenuto dai Geni secondo le modalità già spiegate; riempito l’indicatore dedicato ed attivato il potere del super painting, il pennello si illuminerà di un colore brillante e permetterà la chiusura del livello.
Torniamo però un attimo al dipingere, azione centrale del gioco e dunque meritante un focus specifico. Disegnare nell’opera di PixelOpus è un ibrido tra automatizzato e manuale.
Con il cursore ad esempio si direziona lo stelo di un fiore, che poi sboccia con animazione propria e non controllabile. Stesso discorso per alberi, erba, aurora, sole, luna ed ogni elemento di flora che possa passarvi per la mente, Concrete Genie vuole dare al giocatore l’impressione di essere l’artefice delle meraviglie di una splendida direzione creativa e difatti riesce alla grande nell’impresa. Persino per individui assolutamente non in grado di approcciarsi alla produzione artistica – come chi scrive – i tratti di Ash, mai statici, rendono grandi soddisfazioni e acquistano un carattere sfizioso in toto piacevole.
Sul lungo periodo rimane tuttavia la preoccupazione che la ripetitività possa prendere il sopravvento, se non che due soluzioni tendono a dissipare la foschia di una possibilità simile. La prima risiede nella longevità lineare – al di fuori del tempo impiegato nel dipingere intensivo di utenti particolarmente creativi -, che si attesterà tra le 6 e le 7 ore di gioco; la seconda – più interessante e virtuosa – sta nelle fasi d’azione, mostrate nella build da noi giocata per la prima volta e appena accennate nello story trailer dello State of Play dello scorso marzo.
Presenti fin dall’inizio nel concept di Concrete Genie, le sequenze di combattimento sono state un segreto a lungo mantenuto dal team di sviluppo, che in questa occasione ha rivelato diversi interessanti nuclei di intreccio – su cui glisseremo – e aggiunte centrali alla formula di gameplay.
Nel terzo atto della prova abbiamo quindi avuto occasione di toccare con mano uno scontro con un Dark Genie, intermezzi di gioco totalmente differenti dall’offerta fino ad oggi comunicata che di sicuro aiuteranno a spezzare un ritmo per forza di cose compassato.
In quella che sembra essere una parentesi di gameplay autonoma abbiamo inseguito l’essere oscuro attraverso le strade di Denska, cercando di colpire prima il suo scudo (con barra apposita), poi i suoi punti vita. Come per il super painting, anche qui torna una sorta di attacco special in grado di infliggere più danno, mentre i moveset per esplorare ed inseguire vengono stravolti. Con L2 e l’analogico si scivola sul terreno come se si guidasse uno skateboard, per colpire alla fine il mostro una volta in prossimità. Ash dovrà ovviamente a sua volta schivare gli attacchi a lui diretti, aiutato pure da un amico che illuminerà con un flash la creatura per immobilizzarla.
Sono momenti d’azione che risultano davvero una piacevole sorpresa, potenzialmente essenziali all’offerta ludica, pure se non appare ancora chiaro il contributo effettivo apportato al pacchetto generale.
Di certo si configurano – per motivi che evitiamo di spiegarvi – come tasselli importanti di una narrativa molto più stratificata di quanto a primo acchito poteva sembrare, direzionata verso una caratterizzazione di personaggi ed ambiente estremamente ambiziosa, in virtù della quale i due posticipi hanno sicuramente aiutato.
I teppisti risultano ora meno monodimensionali, i collezionabili (giornali) arricchiscono la storia della città, i Dark Genie nascondono chicche sorprendenti e lo stesso immaginario sembra nascondere una serie di carte sottobanco. Le premesse per un ottimo racconto ci sono insomma tutte, ma solo il codice finale darà delle risposte definitive in merito.
Per quanto riguarda invece la direzione artistica – a cui abbiamo fatto cenno prima – ed il comparto tecnico, la resa di Concrete Genie ci ha sorpreso su ogni piano. I colori cupi di una città dalle influenze industriali della Londra vittoriana, il contrasto con l’approccio cromatico brillante dei dipinti di Ash, le derive stop motion nelle animazioni dei personaggi, la cura nel produrre a mano ogni sottile dettaglio della location.
PixelOpus ha profuso evidentemente una grande quantità di impegno in tutto ciò che appare a schermo, quell’attenzione quasi da manifattura spesso persa nell’industry e qui ritrovata.
Lato brutalmente tecnico, il motore impiegato è Unreal Engine 4 (e si vede) e la stabilità del codice ci è sembrata ottima, fatta eccezione per qualche raro bug che verrà probabilmente corretto prima della pubblicazione.
Qualche ultima parola per la modalità per PlayStation VR. Come tante altre esperienze prima di questa, Concrete Genie in realtà virtuale risulta essenzialmente una tech demo delle capacità della tecnologia, associata al pacchetto principale dal quale non può essere in assoluto considerata indipendente.
Con i controller Move si disegna in un ambiente dapprima bidimensionale, poi tridimensionale, alcuni elementi suggeriti da Splotch (la spalla di Ash di cui abbiamo parlato prima), limitandosi ad un disegno il cui funzionamento rispetta le stesse dinamiche del gioco base.
Niente di speciale in definitiva, ma in virtù della sua integrazione gratuita nell’acquisto del titolo non si può non apprezzare un’aggiunta ulteriore per i tanti acquirenti della periferica VR targata Sony.
La nostra intervista a Creative Director ed Art Director
Ecco quindi la nostra intervista a Dominic Robilliard e Jeff Sangalli, rispettivamente Creative Director ed Art Director di Concrete Genie.
Dominic Robilliard: Concrete Genie tratta di un ragazzo di nome Ash che può portare alla vita i suoi dipinti, e questo è quello intorno a cui ruota tutto il gameplay. Imparando man mano queste nuove abilità, il dipingere sulle mura della sua città, scopre che in questo modo può aiutare nel riportarla al suo splendore passato. Alcuni dei temi della narrativa del gioco riguardano il bullismo e il potere della creatività e dell’espressione di sé; poi ovviamente c’è anche un fil rouge ambientalista.
Dominic: Quando abbiamo annunciato per la prima volta Concrete Genie con quel trailer nel 2017 noi avevamo già capito cosa volevamo fare, ma – approcciando e cercando di rifinire le varie meccaniche che ci eravamo posti con un team molto ristretto – le cose alla fine hanno richiesto più tempo di quanto avessimo inizialmente previsto.
E penso che una delle cose che apprezzo di più del lavorare con SIE e PlayStation stia proprio nella disponibilità dei piani alti nel fornire tempo per rendere il gioco migliore; è una conversazione davvero semplice da avere, perché vogliono che tu (sviluppatore n.d.r.) sia felice a riguardo del progetto che stai portando avanti.
Penso che la meccanica della pittura stessa ed alcuni modi con cui abbiamo integrato la narrativa – che siamo riusciti a rendere più complessa – abbiano davvero beneficiato del posticipo.
Sai, la sezione introduttiva che hai appena giocato mostra proprio delle aspirazioni nello storytelling che non abbiamo mai mostrato prima, e sono davvero soddisfatto del modo in cui poi tutto si è messo insieme alla fine. Questo è qualcosa nel quale il tempo aggiuntivo è stato speso: perfezionamento, polishing e così via.
Dominic: No, in realtà erano presenti fin dall’inizio nel concept di partenza. È stato un segreto che abbiamo sempre serbato ed eravamo infatti indecisi se mostrarlo in questa sede, perché alla fine è una sorpresa e si trova molto avanzato nella storia, ma riteniamo sia davvero importante che i giocatori abbiano l’opportunità di capire quale sia il vero nemico in questo titolo, che è l’oscurità e la negatività stessa, senza prendere a bersaglio i bambini (intende i bulli, n.d.r.), i quali non sono assolutamente fulcro della storia.
Poi vedrai, quando il gioco verrà pubblicato, che abbiamo scelto di mostrare diversi frammenti di retroscena sui bulli ed i loro precedenti trascorsi, proprio per cercare di spiegare cosa sta accadendo e perché si stanno comportando in questo modo.
Dominic: È una domanda piuttosto difficile. Dipende in realtà da quanto scegli di dipingere, ma se giochi velocemente la storia parliamo di una durata tra le 6 e le 7 ore. In realtà però abbiamo visto persone spendere molto più tempo nel completare il gioco, quindi dipende davvero da come si sceglie di affrontarlo.
Tra l’altro, una delle altre cose che siamo riusciti a portare avanti con il tempo extra di cui parlavamo prima è stata proprio quella di tornare indietro e nascondere tantissimi oggetti e collezionabili da trovare, così da stimolare il backtracking del giocatore. In più abbiamo anche l’esperienza VR.
Dominic: La cosa interessante del nostro tempo in LucasArts è che avevamo la possibilità di lavorare anche con piccoli team, nonostante comunque per la maggior parte del tempo lavorassi con un gruppo molto vasto.
Noi (lui e Jeff, n.d.r.) difatti ci siamo conosciuti proprio in una di queste situazioni, dove eravamo in piccoli team, dando luce a nuove proprietà intellettuali nel tentativo di essere molto creativi e dinamici con una cerchia ristretta di persone. Amo avere quella sensazione; una delle cose migliori che ricevi lavorando in piccole squadre è l’avere una gerarchia più piatta.
Lavorare in un gruppo dove ognuno sente come proprio il concept e il gioco è un qualcosa che dona a ciascuno coraggio e forza (empowering è il termine usato da Robilliard, n.d.r.), rafforzando una profonda collaborazione. Noi (lui e Jeff n.d.r.) siamo responsabili per il team e per il gioco, ma la visione davvero è condivisa tra tutti i membri dello studio.
Jeff Sangalli: Assolutamente. Penso sostanzialmente lo stesso. Abbiamo avuto un assaggio di questo modo di lavorare in LucasArts e poi abbiamo in un certo senso continuato a sviluppare alcune di quelle idee ancora oltre. Ora abbiamo l’opportunità di accogliere nel team giovanissimi appena usciti dal percorso scolastico ed è stato incredibile osservare la crescita delle loro carriere.
Per me, come art director, è stato stupendo anche vedere le loro abilità come artisti diventare esponenzialmente migliori, proprio grazie a questo entusiasmo. Molto di questo accade in virtù della collaborazione di cui prima; c’è parecchia pressione, anche perché sentono assolutamente come personale il loro lavoro.
E tieni in mente che tutta la modellazione degli ambienti in Concrete Genie è stata gestita solo da due persone, quindi è veramente molto di cui occuparsi. Sono però straordinariamente appassionati del loro gioco e sono del tutto concentrati sul regalare al pubblico un’esperienza della qualità con cui loro vorrebbero fosse mostrata.
Sotto questa lente il tempo in più avuto dal posticipo ha aiutato sensibilmente. Per esempio, ogni singolo cartello del gioco è disegnato/illustrato a mano, tutta la tipografia è disegnata a mano, fino alle lettere.
Dominic: Ad essere onesti, sinceramente no. Forse perché ci siamo concessi di essere guidati dalla creatività delle meccaniche centrali, ma siamo comunque estremamente aperti a riguardo delle nostre influenze e non ci siamo mai preoccupati di mostrarle e parlarne.
Penso che essere aperti a riguardo sia alla base dell’essenza di un autentico creativo; siamo tutti giocatori appassionati e tutti i membri del team sono hardcore gamer, adoriamo poi tutti i titoli che hai appena menzionato, amiamo ICO, Jet Set Radio (altra esperienza con caratteristiche simili a Concrete Genie, n.d.r.), ecc. La cosa più importante però, quando assorbi influenze, è fare in modo di essere sicuri di costruire con quelle qualcosa di nuovo.
Per noi la libertà, la creatività, l’espressione di sé ed il fatto che ogni versione del gioco di ciascun giocatore apparirà in qualche modo originale e diversa è un nuovo tipo di esperienza. Quindi sono a dir poco onorato nel recepire tutte quell’influenze che hai citato, ma penso pure che quello che abbiamo fatto sia un qualcosa di unico.
Jeff: Fin dall’inizio l’animazione stop motion è stata un’ispirazione per noi e la puoi notare in particolare nell’espressione facciale dei singoli personaggi. C’è molto difatti dello stop motion che è presente anche nel nostro lavoro. Nello stop motion è presente la sostituzione (fisica) di elementi del volto per dare vita ad espressione uniche e fatte a mano per ogni shot, mentre invece i nostri animatori li disegnano a mano.
C’è anche una certa impronta da ripresa artigianale, specie nel modo in cui viene gestita l’illuminazione, ed il tutto volutamente davvero non appare vicino ad una costruzione in CGI. Abbiamo cercato di raggiungere questo obiettivo proprio perché disegniamo tutto a mano, per fare in modo che persino un molo appaia artigianale e a suo modo unico.
Invece per il mondo 2D abbiamo fatto riferimento alle illustrazioni di libri per bambini e anche ad arte urbana contemporanea come principali fonti di ispirazione; non si tratta di graffitismo, ma della voce personale dell’artista. Nell’ambiente urbano tentiamo di dare al giocatore l’opportunità di percepire quello che loro (gli artisti del team n.d.r.) hanno creato.