In un articolo scritto da Gianmaria Tammaro e pubblicato su La Stampa, possiamo leggere l’opinione di Fabrizio Mazzotta, direttore del doppiaggio di Evangelion e la risposta di Gualtiero Cannarsi alle tante critiche arrivate in questi giorni.
È di oggi l’ennesimo approfondimento sul “caso Cannarsi” che tanto ha scaldato gli animi negli ultimi giorni tra li appassionati di Evangelion che, ricordiamo, è da poco apprododato su Netflix con un nuovo doppiaggio e, soprattutto, un nuovo adattamento.
Gianmaria Tammaro ha intervistato il direttore del doppiaggio Fabrizio Mazzotta che non usa mezzi termini nel suo intervento a proposito del lavoro di adattamento fatto da Gualtiero Cannarsi:
[…] Pensavamo che il lavoro sarebbe proceduto velocemente. In realtà Gualtiero ha riscritto i copioni daccapo, facendoci perdere anche tempo rispetto alla tabella di marcia che ci eravamo imposti e che chiedeva Netflix.
Ma questo è il meno. Il vero problema è stata la riscrittura. Perché farraginosa, difficile, incomprensibile. Il linguaggio è così involuto e complicato che ha creato anche dei problemi in sala.
Mi creda se le dico che, a un certo punto, i doppiatori volevano abbandonare la serie perché non riuscivano a lavorare e perché non volevano rimetterci la faccia. […]
Non sono insomma solo i fan ad aver trovato incomprensibile, su diversi livelli, l’adattamento del Cannarsi, ma anche gli stessi doppiatori che hanno prestato la voce ai personaggi della serie e interpretato il copione scritto in maniera così particolare, per essere buoni.
Nel lungo articolo su La Stampa (ripubblicato anche da Dagospia) Tammaro cerca di dare spazio anche a Netflix e VSI (la società che si è occupata del doppiaggio) ma senza successo: per ora ci dobbiamo accontentare di un no comment.
Cannarsi invece risponde alle domande del giornalista e continua imperterrito sulla sua linea dura: difende il suo operato e racconta che avendo avuto la possibilità di rimettere mano al suo primo adattamento di oltre venti anni fa, ha sfruttato l’occasione per correggere quelli che per lui erano stati errori di gioventù.
Parliamo di ventidue anni fa. E in ventidue anni la mia cognizione di causa e la mia comprensione delle cose sono aumentate. Non poteva non esserci in me il desiderio di correggere quelle che, per me, erano delle mancanze.
Incalzato sull’uso di un italiano eccessivamente aulico e incomprensibile al pubblico di oggi, Cannarsi è irremovibile:
[…] Non bisogna dare troppa importanza al pubblico. Perché l’arte resta, il pubblico passa. Se io riduco la complessità alla semplicità, instupidisco il contenuto. Ho sacrificato. Ho tolto. E non si può sacrificare il contenuto sull’altare della divulgazione.
Ma se il pubblico non è in grado di capire l’opera così adattata?
Se il pubblico non vuole impegnarsi, dovrà pagare lo scotto. Dopotutto stiamo parlando di un’opera straniera.
Vi invitiamo a leggere tutto l’articolo su La Stampa o su Dagospia, c’è molto di più di quanto riportato da noi qui e fa ben capire la posizione dei diversi attori in gioco in questo strano caso di inizio estate.