Godzilla 2: King of the Monsters

Godzilla 2: King of the Monsters è il sequel del Godzilla di Gareth Edwards, uscito ormai cinque anni addietro, e rappresenta anche il suo perfetto opposto. Il re dei mostri è tornato, insieme a una quindicina di grandi amici.

Ci piace iniziare con questa pesante affermazione per aiutarvi a comprendere il film che vi troverete di fronte. Quando nel 2014 venne avviato il Monsters Universe con il primo Godzilla (sembra che ormai se non ci si inventa uno “universe” a caso, il cinema non possa andare avanti) il responso di pubblico e critica era polarizzato tra chi apprezzava il taglio autoriale e umano impresso da Edwards e chi invece si era sentito tradito dal poco minutaggio in scena del lucertolone più famoso del cinema.

Tre anni più tardi è stata la volta di Kong: Skull Island (che ritroveremo a Marzo prossimo in Kong vs. Godzilla) seguito a ruota da questo King of the Monsters, l’oggetto della nostra discussione.

È difficile non parlarne manifestando il tasso di “cafonaggine” del film

È difficile non parlarne manifestando il tasso di “cafonaggine” del film, ed è proprio per questo che tenteremo di essere meno filosofici e più pragmatici, perché è questo che ci chiede la pellicola in questione.

Non fraintendeteci: i presupposti narrativi di Godzilla II sono tutto fuorché scanzonati e poco attuali, al contrario tentano di riallacciare il passato distruttivo che ha risvegliato i “Titani” ad alcune problematiche sociopolitiche estremamente vicine a noi, seppure ormai quasi abusate. Ciò non toglie che i 130 minuti del film, rappresentino quanto di più visivamente maestoso e mostruoso si sia visto in un titolo del franchise di appartenenza.

Le vicende prendono luogo a cinque anni dagli eventi del primo capitolo, con una Monarch (la società segreta che da decenni studia i Titani) ormai sul lastrico.

Le infinite basi operative dislocate per il mondo hanno lo scopo di tenere imbrigliati i mostri scoperti, evitando che questi possano risvegliarsi e provocare un altro massacro dopo quello di San Francisco. Dello stesso Godzilla si sono perse le tracce dopo quello sventurato giorno e l’intera popolazione mondiale è tornata a vivere una vita di presunta tranquillità.

Una scienziata di Monarch, interpretata da Vera Farmiga è però riuscita a mettere appunto una macchina teorizzata dal marito, dal quale si è separata proprio a seguito dell’incidente e della morte del loro figlio maschio, portando con sé in Cina l’altra figlia (la Millie Bobby Brown di Stranger Things).

La macchina in questione ha la straordinaria capacità di lanciare impulsi sonori in grado di dialogare con i Titani e tenerli a bada, evitando che questi si rivoltino contro l’umanità. Tentando di non rivelarvi dettagli interessanti, è da questi presupposti che si muovono i primi passi verso una nuova crisi e il conseguente risveglio di una lunga serie di mostri, compreso un antico rivale di Godzilla, alato e fornito di ben tre teste: King Ghidorah.

 

 

 

 

Compreso un antico rivale di Godzilla, alato e fornito di ben tre teste: King Ghidorah.

Nonostante la mitologia dei Kaiju giapponesi inserisca quest’ultimo come principale antagonista di Godzilla e Mothra (la regina dei mostri presente anch’essa nel film) questa nuova linea temporale tende ad inserire la rivalità in una filosofia legata alla predominazione su tutti i mostri, nel nome della distruzione da parte del drago a tre teste, così come in quella dell’equilibrio che rappresenta Godzilla.

Nonostante la mancanza di una regia articolata e ricercata come quella del primo capitolo, Michael Dougherty si districa bene tra scene di assoluta potenza visiva.

Si rivela in grado di mettere in mostra una grande capacità di creare campi larghissimi nei quali far scontrare le imponenti creature, rendendo quindi lo spazio per le parole e i dialoghi è ridotto all’osso. Questo non regala un film narrativamente scadente, al contrario tende a ridurre le lungaggini per arrivare sempre velocemente al punto, seppure alcune delle motivazioni che muovono i personaggi si tramutano in una frettolosa ricerca all’espediente morale o ideologico.

 

 

Anche il rapporto di Vera Farmiga con la figlia, per quanto evoluto nella giusta direzione, rischia sempre di travalicare il senso del giusto

Anche il rapporto di Vera Farmiga con la figlia, per quanto evoluto nella giusta direzione, rischia sempre di travalicare il senso del giusto, donandoci due personaggi interpretati splendidamente, ma non totalmente giustificati.

È forse proprio questo il principale problema delle figure umane di questo Godzilla II: difficilmente si riesce ad empatizzare con i protagonisti perché non esiste materialmente il tempo per farlo e questo risulta un peccato all’interno di una pellicola che vuole portare avanti una filosofia attuale importante, ma che stagna in una paio di motivazioni assolutamente troppo stereotipate.

A rendere il tutto però magnifico, ci pensa un ritmo straordinario, che non lascia mai un attimo di respiro e che, in alcuni momenti, sembra quasi richiamare una narrazione episodica anche all’interno del singolo film.

 

Nel corso delle due ore è possibile ammirare una quantità di scontri pazzeschi con una lunghissima sequenza, circa a metà pellicola, di una potenza visiva devastante. Il più grande pregio di Godzilla II è proprio quello di saper giocare con gli effetti visivi e contrapponendo magistralmente il potere fisico e incommensurabile dei Titani, con l’intelletto e la strategia del piccolo uomo.

Alla luce di questo non si può nascondere un sorriso palese che si manifesta sulle labbra di tutti quando, alla fine del film, ci si ritrova a sognare che il prossimo marzo, e il prossimo capitolo della saga, arrivi presto nelle sale di tutto il mondo. Il nostro consiglio è quello di restare seduti anche alla fine del film, gustarsi la sequenza legata ai primi titoli di coda, e attendere anche la seconda, dedicata proprio alla prosecuzione del franchise.

 

 

 

 

Godzilla 2: King of the Monsters è dal 30 maggio nei cinema italiani

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