La sonda New Horizons ha incrociato per la prima volta un corpo celeste della cintura di Kuiper, Ultima Thule, distante 6,4 miliardi di km dalla Terra è una antica reliquia della formazione dei pianeti.

Dopo aver visitato il pianeta nano, Plutone, la sonda della NASA ha continuato il suo viaggio raggiungendo la fascia di Kuiper, una cintura popolata da piccoli corpi di ghiaccio che si trova oltre l’orbita di Nettuno.

Fin dalle prime analisi dei dati raccolti da New Horizons, ci si è resi conto di essere di fronte a qualcosa di molto complesso. MU69, denominato Ultima Thule, si presenta con caratteristiche particolari infatti oltre ad essere stato molto lontano, costituisce un’antica traccia della formazione dei pianeti.

L’ipotesi è che Ultima Thule sia nato dalla collisione tra due piccoli corpi celesti avvenuta nelle prime fasi di formazione del Sistema Solare e attorno a questo fossile cosmico non sono stati osservati oggetti come lune, anelli o nuvole di polveri.

L’ipotesi è che Ultima Thule sia nato dalla collisione tra due piccoli corpi celesti avvenuta nelle prime fasi di formazione del Sistema Solare e attorno a questo fossile cosmico non sono stati osservati oggetti come lune, anelli o nuvole di polveri.

Il suo aspetto atipico è un grande mistero che probabilmente è il frutto di milione di anni di trasformazioni. Ultima Thule è un sistema binario ed è formato da due lobi uniti tra loro con forme inconsuete: un grande lobo piatto (soprannominato “Ultima“) collegato a un lobo più piccolo, un po’ più rotondo (soprannominato “Thule“), collegati tra loro attraverso una congiunzione chiamata “collo”.

I lobi probabilmente orbitavano attorno allo stesso punto, come molti mondi binari nella cintura di Kuiper, fino a quando alcuni processi li hanno riuniti attraverso una, cosiddetta, fusione “gentile.

Gli scienziati non sanno però quale possa essere la causa precisa affinché i due corpi possano unirsi: il processo potrebbe essere stato provocato dalle forze aerodinamiche dei gas presenti nell’antica nebulosa solare, o dall’espulsione di altri lobi.

L’allineamento degli assi di Ultima e Thule, comunque, indica che prima della fusione i due lobi dovevano essere molto vicini, il che significa che gli stessi lati si trovavano sempre l’uno di fronte all’altro mentre orbitavano attorno allo stesso punto.

I ricercatori stanno anche studiando altre caratteristiche di Ultima Thule, come punti luminosi e le macchie, le colline e le depressioni, e i crateri e i pozzi.

La depressione più grande è di 8 chilometri di larghezza, probabilmente formatasi a seguito di un impatto, mentre alcune buche più piccole potrebbero essere state generate dalla sublimazione di ghiaccio.

Ultima Thule è molto rosso, più rosso persino di Plutone e molto più grande, si ritiene che la sua tonalità rossastra sia causata dalla modifica dei materiali organici sulla sua superficie.

Gli scienziati  sulla sua superficie hanno trovato prove di metanolo, acqua ghiacciata e molecole organiche: una miscela molto diversa dalla maggior parte degli oggetti ghiacciati esplorati in precedenza.

Quello che si sta esaminando è uno dei resti meglio conservati, del passato.

come spiegato da uno dei ricercatori del programma New Horizons, Alan Stern, del Southwest Research Institute di Boulder, in Colorado, il quale aggiunge che:

Non c’è dubbio che le scoperte fatte su Ultima Thule permettono un’evoluzione delle teorie sulla formazione del sistema solare.

La trasmissione dei dati continua, e continuerà fino alla fine dell’estate 2020.

 

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