La nuova esclusiva PlayStation 4 firmata Bend Studio è finalmente disponibile. Scoprite come ci è sembrato Days Gone con la nostra recensione.
Di Days Gone si è saputo poco e niente fino ai mesi subito precedenti l’uscita, cosa che può essere vista sia come un bene che come un male, perché il mistero crea aspettativa. Vi avevo già parlato del titolo contestualmente all’intervista a John Garvin di Bend Studio, realizzata a inizio marzo (di seguito il link, per chi se la fosse persa) e in quell’occasione ci eravamo soffermati particolarmente sulla scoperta del comparto narrativo del gioco.
Lo stesso creative director ci ha tenuto particolarmente a sottolineare l’importanza che il team ha dato alla storia di Days Gone, forse per mettere le mani avanti rispetto a un titolo che fin da subito si è presentato sotto l’egida dell’open world. Ora, non è un mistero per nessuno che le produzioni first party di casa PlayStation si caratterizzano per essere ottimi videogiochi capaci di mescolare gameplay di alto profilo a una narrazione che si è imposta con un forte stampa cinematografico.
Tutto questo, neanche a dirlo, senza rinunciare assolutamente alla spettacolarità grafica e più in generale artistica. Days Gone si innesta in questa categoria dai valori produttivi altissimi e dalle aspettative ancor più elevate, e sebbene non riesca a lasciare di stucco, a soddisfare in modo pieno la filigrana che attraversa tutte le metriche dell’esclusiva per PlayStation 4, emoziona, coinvolge e diverte il giocatore. Ma andiamo con ordine.
https://www.youtube.com/watch?v=aRqk7ukVEIw
Days Gone è un survival open world, ambientato in un mondo post-apocalittico in cui la società è vessata dai Freakers (uomini e animali resi zombie da un virus). Se questo ti ha già fatto sbadigliare non posso biasimarti, all’inizio è successo anche a me. Diciamo che l’immaginario distopico ha ormai saturato il settore entertainment, tanto più che gli utenti PlayStation sono da lungo tempo in attesa di The Last of Us 2.
E questo, intendiamoci, è l’unico vero difetto della storia di Days Gone: il tempismo. È un tempismo sbagliato, c’è poco da fare, ma sarebbe più sbagliato giudicare a prescindere questo gioco solo per l’inevitabile stanca di storie sulle apocalissi zombie, fidatevi. Siamo chiamati a vestire i panni di Deacon St. John, motociclista che ha perso la moglie per via dell’epidemia e tenta di sopravvivere insieme al fratello in armi Boozer.
I due conducono un esistenza da rinnegati, senza vivere in nessuno dei campi e dei vari insediamenti umani sparsi qua e là, dove si recano solo quando strettamente necessario. Questo senso di solitudine e rassegnata disperazione giustificano il nostro nomadismo e tratteggiano un personaggio duro e sfaccettato, un burbero che ha un proprio codice su come ci si debba comportare in un mondo senza regole.
Deacon è segnato dal suo amore perduto, ma in questo mondo allo scatafascio non è mai del tutto solo grazie alla propria moto.
Quella con la moto è una dinamica estremamente funzionale in termini di gameplay, che però li trascende andando a configurarsi anche come segno di stile narrativo unico. Nei panni di Deacon ci devi entrare fino in fondo, devi vivere la simbiosi con le due ruote per comprendere davvero che storia questo gioco ti stia raccontando. Non spoilero nulla, ma davvero non lasciatevi scoraggiare se all’inizio la scrittura vi sembra sottotono. Il team ha usato un approccio alla narrazione rischioso, fatto più di contesto e sensazioni che di cut-scene intense e dialoghi corposi.
È un approccio che magari non piacerà a tutti, ma che almeno prova a fare qualcosa di originale e diverso dallo standard del segmento – quello degli open world – dove per ora il modello dominante (tralasciando Rockstar che fa scuola a sé) è quello di Ubisoft (tra i più scadenti in termini di storie ormai da parecchio tempo). In questa storia i protagonisti sono almeno tre: Deacon, la sua moto e l’Oregon. E si vede il duro lavoro di Bend Studio per ricreare una bellezza selvaggia degli ambienti, che accresce il senso di desolazione e tristezza post-apocalittica che aleggia su tutta l’avventura.
Quello di Days Gone è un mondo aperto ben costruito, che ti tiene costantemente impegnato e in movimento.
Ci sono un sacco di cose interessanti da fare nell’open world di Days Gone, già questo vale tanto visto il genere di riferimento. Il sistema di quest intarsia tante storie in un unico grande disegno che è l’avventura di cui si diceva sopra, che il titolo riesce a raccontare senza farci quasi percepire la differenza tra attività principali e secondarie. In un certo senso siamo guidati proprio tramite la nostra libertà di movimento, frase che sarebbe un ossimoro parlando di qualsiasi altro videogioco open world.
In altre parole, la missione finisce quasi sempre per essere la parte meno divertente: ciò che ti cattura maggiormente è uscire nel mondo e capire come affrontare i vari problemi e gli incontri che il gioco ti propone. Addentrandoci più nel dettaglio su ciò che riguarda il gameplay va detto che i controlli del gioco sono ottimi e intuitivi, vi basteranno davvero una manciata di minuti per sentirvi a vostro agio nel muovere Deacon, mentre forse non vi piacerà riscontrare un sistema di guida della moto meno arcade di quanto di solito non ci si aspetti da titoli di questo genere.
Dimenticatevi di premere R2 a tavoletta senza mai dosare la guida col freno, insomma. Il sistema di guida non è simulativo, sia chiaro, ma neanche del tutto caciarone. Inoltre è in questo rapporto speciale con la moto che troveremo parte dell’avventura di Deacon, dal momento che bisognerà sempre tenere sotto controllo le scorte del carburante e l’integrità del motore, cosa che se da un lato rallenta il gioco e riduce l’esplorazione, dall’altro da al giocatore una scansione del tempo e un ritmo molto ben bilanciati.
Voler bene alla moto però vi aiuterà moltissimo anche contro il principale nemico che non vi farà dormire la notte: le Orde di Freakers. Per le prime ore di gioco vi sentirete quasi immuni da grosse minacce, combattendo sparuti gruppetti di nemici qua e là, ma ben presto le cose cambieranno. Le orde trasformano notevolmente il gameplay del gioco dando una scossa decisiva all’avventura di Deacon, che dalla loro entrata in scena decolla.
Vi ritroverete a giocare con molta più strategia, valutando la zona dello scontro, eventuali vie di fuga qualora le cose si mettessero male, ma anche la presenza di barricate, di barili e altri elementi ambientali che possano tornarvi utili per sopravvivere. Dal momento in cui le Orde si faranno più frequenti, gli spazi dell’Oregon – che spesso sarete portati a considerare vostri nemici – diventeranno degli alleati decisivi.
Insomma, Days Gone è un titolo coraggioso che arriva, suo malgrado, in un momento un po’ sfortunato quanto a tematiche narrate ma che riesce a portare una ventata d’aria fresca nel panorama degli open world. La sua mappa è estesa e densa di elementi che costituiscono un racconto con un capo e una coda.
Anche dal punto di vista tecnico si tratta di un’esperienza di alto profilo, grazie all’Unreal Engine che rende vivo l’Oregon e il suo groviglio di strade che taglia fitte foreste, resti di scorci urbani ormai caduti e distese verdeggianti, creando una commistione che risulta tra le più suggestive mai viste finora in un videogioco a setting post-apocalittico.
Quindi, se siete ancora indecisi sul da farsi, io vi consiglio di dare una possibilità a questo titolo. Perché è giusto valutare un gioco per quello che offre, non solo per la piattaforma e per il periodo in cui è arrivato sul mercato. E Days Gone offre davvero tanto.
- Open world narrativo davvero ben fatto
- Ottimo gameplay e dinamiche moto riuscitissime
- L'Oregon è spettacolare
- Narrazione strutturata in modo un po' indiretto
- Qualcuno potrebbe non apprezzare una guida non proprio arcade