Ci sono film da cui il pubblico pretende ben poco, al massimo si aspetta esattamente quello promesso dai trailer e dalle immagini promozionali. Molto spesso capita che anche queste semplici aspettative vengano deluse, ma, fortunatamente, esistono produzioni oneste che riescono a soddisfare la fame di intrattenimento. E pochi film riescono a mantenere ciò che promettono come è riuscito a fare Creed II.
Il film precedente, che espandeva intelligentemente l’universo di Rocky Balboa, rendendo il personaggio interpretato da Sylvester Stallone un mentore non più in ruolo di protagonista in favore del figlio di Apollo, Adonis Creed, interpretato da Michael B. Jordan, era stato largamente apprezzato sia dal pubblico che dalla critica ed è addirittura valso la nomination agli Oscar a Stallone stesso, come miglior attore non protagonista.
Forte di un simile successo, la produzione ha virato su un’operazione chiara e basilare: riproporre la storia di Rocky IV, uno dei capitoli più amati dai fan della saga, ma con un contesto aggiornato al presente. Tutto, dalle immagini dei trailer ai poster rilasciati, faceva pensare ad una versione 2.0 di quel film. Ed è esattamente quello che lo spettatore si ritrova sullo schermo quando si reca in sala per guardare Creed II.
Chiunque abbia mai adorato i film su Rocky avrà sentito il cuore perdere un battito quando, nei primi trailer, è comparso Ivan Drago che guardava il suo storico rivale con aria arcigna.
Ebbene, nonostante io stesso mi sia dichiarato spesso stufo delle continue operazioni nostalgia che hanno invaso Hollywood negli ultimi anni, sono rimasto colpito da quanto l’espediente abbia funzionato in questo caso.
L’idea di porre al centro della storia lo scontro tra il figlio di Apollo e il figlio di Ivan Drago è funzionale soprattutto perchè da l’idea del proseguire di una mitologia pop che è entrata prepotentemente nell’immaginario collettivo, ma viene attualizzata in maniera intelligente.
Probabilmente gli spettatori si sarebbero accontentati di un semplice copia e incolla, ma è stato fatto molto di più.
Partiamo dal presupposto che il successo del film precedente era dovuto anche e soprattutto alla presenza alla regia di Ryan Coogler, che sapeva perfettamente come gestire Michael B. Jordan ed era riuscito a creare una perfetta alternativa al solito film di Rocky.
Per questo secondo capitolo il testimone è passato a Steven Caple Jr., regista forse meno abile, ma che ha saputo comunque tingere di epicità molte scene del film, soprattutto per quanto riguarda i combattimenti sul ring.
Caple Jr. ha avuto l’onere di doversi riferire ad alcune delle scene più iconiche della saga di Rocky, ma personalizzandole, per evitare che si avesse l’impressione di un mero deja vu, riuscendoci perfino.
Ciò che rende Creed II diverso da Rocky IV è l’approfondimento dei personaggi: qui più che mai possiamo assistere all’evoluzione di Adonis, che attrversa i passaggi fondamentali per l’eroe tipico dell’epica: successo, caduta, risalita e affermazione del proprio mito.
Se in Creed, poi, Rocky aveva dovuto affrontare il cancro, riuscendo a superare la difficoltà grazie al figlio del vecchio amico defunto, qui ha invece la funzione di guidare Adonis verso una strada che lo sgancerà dall’ingombrante leggenda del padre, per potersi costruire la propria.
Anche gli antagonisti, Ivan Drago e figlio, sono insospettabilmente resi più profondi di quanto non si sarebbe potuto pensare, naturalmente in relazione al contesto. Rispetto a Rocky IV è assente la metafora sulla guerra fredda e rimane una storia in cui l’aspetto più importante è il rapporto padre-figlio, esplorato su più livelli: sia quello letterale, con un Ivan Drago caduto in disgrazia e invecchiato, sempre interpretato da Dolph Lundgren, che usa il figlio Viktor come un’arma per riscattarsi agli occhi del paese che lo ha rifiutato.
Dall’altro lato abbiamo Adonis, all’apice di un successo che non è abbastanza, desideroso di un legame con il padre che non c’è più, ma che ritrova ulteriormente in Rocky, molto più che nel film precedente.
Creed II è un film che analizza la vita della figura dello sportivo, con tutte le sfide che questo stile di vita comporta, mettendo al centro di tutto un personaggio dedito agli sbagli, che deve trovare il proprio posto nel mondo. L’unico vero difetto del film è, come ormai spesso accade, l’eccessiva lunghezza di due ore e dieci minuti che appesantisce soprattutto la parte centrale, dove forse il tentativo di approfondire ogni personaggio è fin troppo zelante. Al di là di questo, non mancano le citazioni ai capitoli della saga più rimasti nella memoria del pubblico, anche a livello musicale.
La colonna sonora del film riarrangia acuni dei temi più rappresentativi dei film precedenti a questo, ma il tutto è riarrangiato per l’occasione, senza che ci si dimentichi di dare un’identità solida al prodotto, grazie anche all’inserimento di brani hip hop perfettamente in linea con il carattere del personaggio, giovane afroamericano che viene dalla strada, nonostante la sua stretta parentela con un campione del calibro di Apollo.
Infine, la trama è estremamente lineare e basica, senza troppi fronzoli, ma questo non costituisce un problema, tranne per il fatto che spesso risulta fin troppo prevedibile. Del resto, chi va in sala a vedere questo film si aspetta di trovare combattimenti che siano adrenalinici e una storia personale robiante.
Tutto questo e anche di più lo si ritrova nella pellicola e specialmente lo scontro finale è ben diretto, ben costruito e capace di emozionare quasi quanto un vero incontro di boxe.
Gli ultimi due minuti sono un crescendo entusiasmante dove tutto, dalle immagini alla musica, è il trionfo di una leggenda cinematografica che ci accompagna da più di quarant’anni.
Creed II è un film per i fan, ma anche per chi non ha mai visto un film su Rocky, che dopo la visione vorrà andarsi a recuperare l’intera saga.
Insomma, ancora una volta ha vinto la nostalgia. Ma anche il buon intrattenimento.