I videogiochi: innocuo passatempo oppure elaborato sistema di selezione dei migliori soldati necessari a combattere un’invasione aliena? È questa la domanda che apre Armada, l’ultimo romanzo di Ernest Cline.
Zack Lightman, così si chiama il protagonista di Armada (DeA Planeta), è un tipico adolescente americano di 30 anni fa teletrasportato nel XXI secolo: ascolta i Queen, si sente oppresso dal sistema scolastico che ritiene noioso, non è violento, ma ha un serio problema di gestione della rabbia, non ha idea di quale sarà il suo posto nella società, tutto quello che gli interessa, il suo unico talento, è giocare con i videogame.
Come sia possibile che un liceale dei giorni nostri sia così anacronistico è presto detto, Zack è orfano del padre, morto quando lui era troppo piccolo per ricordarlo. Il padre di Zack era un nerd orgogliosamente fiero della cultura pop degli anni ’80 nella quale era cresciuto, questo Zack lo scopre curiosando tra gli effetti personali di suo padre conservati in soffitta per lui da sua madre (che, per inciso, è bella come Sarah Connor).
Il ragazzo, nel tentativo di stabilire un legame con questo padre fantasma, decide più o meno consciamente di rivivere le stesse passioni del padre.
Le coordinate della vita di Zack sono la scuola, il negozio di videogame nel quale lavora part-time e le sessioni di Armada (che è un simulatore virtuale e multiplayer di combattimento aerospaziale) con gli amici.
Il classico setting da teen movie americano anni ’80. Tutto si chiuderebbe qui se non fosse che, un bel giorno, uno dei caccia nemici di Armada si palesa sopra la sua scuola.
Paranoia e videogame
In Armada, così come in altre opere della cultura popolare, viene raccontato l’ambiguo rapporto tra paranoia e videogame. La figura del padre di Zack è importante per vari motivi, uno tra questi è la sua paranoia.
Una delle preoccupazioni principali del ragazzo infatti è quella di aver ereditato da suo padre la paranoia. Tra i vari oggetti del padre Zack ha trovato un quaderno sul quale l’uomo ha annotato la sua teoria della cospirazione.
Il governo statunitense starebbe utilizzando i videogame per addestrare l’esercito ma non solo, li starebbe usando anche per valutare il potenziale di nuove reclute a loro insaputa. Come? Piazzando cabinati speciali in sale giochi selezionate.
Passata l’era delle sale giochi questo complotto si sarebbe spostato sui videogame casalinghi prima e su quelli online dopo. Ci crede anche Zac? Ovviamente sì.
Il modello Ready Player One
La premessa del romanzo non è nuova, ammettiamolo, ma sarebbe sciocco stupirsene visto che la cifra stilistica di Cline è proprio la citazione e, in particolare, la citazione della cultura pop degli anni ’80.
Cosa può esserci di più tipico di quell’epoca di una storia di fantascienza in cui un ragazzino all’ultimo anno del liceo, bravissimo in uno sparatutto spaziale, viene arruolato dall’esercito terrestre per difendere il pianeta proprio per i suoi meriti videoludici?
La citazione a Giochi Stellari è dichiarata fin dall’inizio, così come sono dichiarate tutte le altre citazioni ai cardini della fantascienza anni ’80 da Star Wars (soprattutto) a Star Trek passando per tutti gli altri mostri sacri di quello che, forse, è stato uno dei periodi più prolifici del genere.
Cline ripropone con il suo tipico “citazionismo” maniacale lo stesso modello di Ready Player One: si riporta l’attenzione su miti e icone degli anni ’80 con un escamotage letterario.
Anche in Armada come in Ready Player One c’è un doppio livello di lettura: da una parte il romanzo è pensato e scritto in maniera semplice e chiara, per un lettore giovane che può goderne la trama avventurosa e ricca di colpi di scena, dall’altra parte il romanzo è dedicato a un lettore che era giovane negli anni ’80 e che ora, da adulto, cerca un po’ di evasione nostalgica dalla routine (di solito) tutt’altro che avventurosa della sua vita.
Non importa che si chiamino Oasis oppure Armada, è così che funzionano le macchine da sogno di Cline, maestro di un moderno escapismo.
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