Il principe del mondo

Il Signore Dio disse allora: Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!.

Genesi 3, 22

 

— Vorrei morire! — disse Jean al dottor Pauls.

— Come? — rispose il medico staccando gli occhi dal monitor bifacciale scrutando il suo paziente.

— Voglio che lei mi dia qualcosa che contrasti il Trattamento, — continuò. — Voglio invecchiare e… morire. Come una volta.

Il medico sorrise forzatamente, non capendo se stava dicendo sul serio:

— Signor Jean, ma lei si rende conto di quello che mi chiede? Non è possibile interrompere il Trattamento. Dovrebbe smettere di bere, di mangiare, di respirare.

— Ho letto che ci sono farmaci che contrastano il processo di replicazione degli anti-ageing e che fanno regredire l’organismo nel suo stato naturale, permettendo alle cellule di invecchiare di nuovo.

— Beh sì, ci sono farmaci del genere, ma sono usati per studi medici e scientifici, non li trova in commercio, ma…

— Deve procurarmeli! — lo interruppe Jean.

Il dottore rimase in silenzio fissando il suo paziente.

— Aspetti un attimo Sig. Jean, perché questa sua richiesta è davvero bizzarra. Nessuno vuole morire: è il principio primo della vita. Lei, poi, è uno della Seconda Generazione, successiva a quella che ha iniziato l’era del Trattamento. Forse non ricorda chi l’ha preceduta? È passato molto tempo, ma le condizioni, allora, erano ben peggiori. Viviamo in un mondo dove morire non è più un problema, dove il novantacinque per cento della popolazione ha una vita serena, dove non ci sono più lotte di classe. Stiamo in una sorta di paradiso e lei vuoi morire?

— Glie lo ripeto: invecchiare e, di conseguenza, morire quando sarà giunto il momento, — ribadì fermo. — il mio non è un suicidio.

— Desiderare di morire è un suicidio. E, come sa, è reato. Come l’eutanasia.

— L’eutanasia esisteva due secoli fa, ma non è il mio caso.

I due stettero in silenzio per qualche secondo.

— Sig. Jean, un secolo e mezzo fa un uomo come lei avrebbe fatto carte false per poter allungare la vita che ne so, di cinque, dieci anni. Quando cominciarono a nascere i primi farmaci che rallentavano l’invecchiamento, e sottolineo rallentavano, appannaggio solo di una certa classe sociale, per i costi proibitivi e l’opinione pubblica si accorse delle potenzialità che avevano, cominciarono a scoppiare le prime sommosse. Non le voglio fare la lezioncina di storia, ma lei è una persona di cultura e saprà delle guerre, delle innumerevoli vittime, intere aree devastate. Ora lei può godere del frutto di quelle lotte gratuitamente e vuole tornare a come eravamo? Il sogno dell’umanità era l’immortalità e ora che ce l’ha la rifiuta? Non sia ridicolo!

— Non è stata una conquista, ma una condanna, — riprese Jean. — Vede, io sono sereno: ho una moglie, una figlia, sono stimato e apprezzato per il lavoro che faccio. La mattina mi alzo contento, sicuramente anche merito degli anti depressivi che fanno parte del Trattamento, ma sono stanco di vivere questa vita. Negli ultimi anni ho girato molto per lavoro e per svago: ho visitato quasi la totalità dei paesi del mondo e qualche colonia, eppure sarei contento di invecchiare e di lasciare questa vita. È una cosa che mi viene dal di dentro, dall’anima. Capisce?

Il dottore finse di annuire, poi un bip suonò per due secondi. Prese una mascherina posta sotto la scrivania, collegata ad un sottile tubo trasparente direttamente al muro, se la portò alla bocca e inspirò due volte con vigore.

— Ecco, vede? Forse dovremmo rivedere la composizione del suo Trattamento, ho paura che ci sia qualche disfunzione nella somministrazione, — affermò il medico alleggerendo la tensione.

— Ha già provveduto mia moglie dottore, ha fatto controllare tutto quello che era necessario: impianto dell’aria, provenienza degli alimenti, delle bibite. Tutto risulta nella norma.

— E cosa ne pensa sua moglie di quello che mi sta dicendo?

— Mi ha suggerito di venire da lei.

— Forse ha bisogno di un po’ più di riposo. Vediamo qual è la concentrazione delle sue cellule sinaptiche.

Il medico fece per prendere una specie di pistola con un’enorme foro d’uscita che si illuminava come una vecchia insegna al neon.

— L’albero, — sussurrò Jean.

— Come dice?

— L’albero…

— Di che accidenti di albero parla? — reclamò il medico spazientito.

— Dell’albero della vita: quello di cui parla la Genesi.

— Cosa è la Genesi?

— È il primo libro della Bibbia.

— La Bibbia? Esistono ancora delle copie? Le religioni sono quasi tutte scomparse. Roba da, da due secoli fa, da superstiziosi. Cosa va blaterando? Dovrò farle un controllo più approfondito, ho paura che abbia contratto qualche strano virus, di quelli che girano ora, ma non tema risolveremo tutto in pochi minuti, — disse prendendo uno dei suoi complicati macchinari.

Si fece dare il palmo della mano, prelevò dei campioni e lo fece accomodare fuori. Dopo poco fece il numero della Psicosorveglianza.

 

Dopo aver visto la notifica di arrivo del suo vettore, Jean salutò sua moglie e uscì dall’appartamento di Main Street, entrando immediatamente nel mini taxi che lo stava aspettando. Chiuso lo sportello, la macchina partì veloce e, dopo appena dieci minuti, era già alla periferia della città nel luogo che Jean aveva indicato.

Scesovi, camminò per trecento passi lungo i palazzi meno moderni e affollati della zona e, arrivato davanti ad una struttura grigio cenere, appoggiò l’indice sul terzo campanello dal basso, raffigurante un’icona stilizzata di un pesce di mare. Entrato si diresse verso l’ascensore. Poggiò il suo pollice sullo scanner fino a che le porte si chiusero e il suo corpo si fece, per un istante, più leggero.

L’uomo che lo aveva aspettato, senza farsi notare, fuori del palazzo, si avvicinò all’ingresso. Esaminò attentamente tutti i pulsanti e le loro icone, poi estrasse una tessera dalla tasca passandola difronte allo scanner d’ingresso e facendo scattare l’apertura della massiccia porta metallica.

Jean stava parlando con un signore dall’abito scuro quando l’estraneo irruppe nella sala. Le altre persone, che stavano lì sedute, ammutolirono fissandolo.

L’uomo si guardò intorno, osservò le decorazioni esotiche della stanza circolare: era vestito con un soprabito lungo e di colore blu scuro, indossava un paio di occhiali elettronici e un cappello Fedora retrò.

— Sono qui per il Sig. Jean, — disse.

Il nominato si fece avanti. I due parlarono un attimo, poi invitò lo straniero in una stanza più appartata, dove c’erano un tavolino, qualche sedia e degli scaffali pieni di cose. All’apparenza sembrava un piccolo museo di antichità. L’uomo sedette appoggiando il cappello.

— Che posso fare per lei? — chiese.

— Sono un agente della PS, matricola 11.23.58 e ho ricevuto l’incarico di sorvegliarla.

Jean lo guardò stupito.

— Ci risulta che da un po’ di tempo il suo comportamento non rientra negli standard psicosociali che ci aspettiamo e la PS ha ritenuto opportuno approfondire la cosa e, a quanto vedo, in maniera del tutto fondata. Sarò costretto a fare rapporto ai miei superiori su questo… come posso definirlo… conciliabolo?

— Non c’è nulla di illegale in quello che facciamo. Abbiamo un permesso, la nostra è una semplice associazione culturale, — replicò Jean in affanno.

— Io la chiamerei più una setta o un’associazione massonica. State celebrando qualche rito?

Jean non rispose

— Lei sa che le celebrazioni dei culti religiosi sono ritenute reato, vero? E io ho proprio l’impressione che questo è quello che di norma fate qui. Quei libri sono di carta?— disse indicando dei volumi posti su una mensola.

— Scommetto che non sono registrati e, quindi, illegali.

— Non più di quanto la sua intrusione qui, Sig. 11.23.58 o come si vuole far chiamare, — controbatté Jean.

— Attento, lei è in una situazione molto a rischio. I dati che mi stanno arrivando confermano l’illegalità dei volumi, — lo ammonì l’estraneo.

— Sono testi sacri, — rispose secco. — Ha mai letto la Bibbia? Non la versione semplificata che sta nei vostri archivi. Intendo quella vera, la versione integrale stampata. Quella lì è del XX secolo, — indicò Jean.

Lo sconosciuto scosse la testa inarcando le labbra verso il basso con indifferenza.

— Peccato, le darebbe una percezione diversa della vita, — continuò. — Ma non la biasimo, in fondo come avrebbe potuto conoscere qualcosa che il mondo ha cancellato? Con tutto questo controllo l’esistenza è solo un paradiso ben confezionato. Guai se a qualcuno venisse in mente di mettere in discussione qualcosa. Dopotutto, rispetto a secoli fa, la qualità della vita ha fatto un balzo immenso, anzi, infinito. Abbiamo sconfitto il vero nemico dell’uomo: il tempo, — concluse con sarcasmo.

— Dove vuole arrivare Sig. Jean? Dovrebbe considerarsi fortunato a vivere in un’epoca come la nostra, anelata fin dall’inizio dell’umanità. Non è ancora perfetta, lo riconosco, ma le stime vanno tutte nella stessa direzione; è questione di tempo e, come ha detto lei stesso, questo non è più un problema. Ci vuole solo un po’ di ottimismo e qualcuno che controlli che quelli come lei evitino di rompere le uova nel paniere.

Dopo una pausa Jean riprese:

— Creda a me, questa società non durerà a lungo. Abbiamo l’indice di natalità più basso della storia e stiamo andando incontro alla più grande estinzione di massa mai vista su questo pianeta.

— Su quali basi lo dice? — domandò l’estraneo.

— L’uomo si è messo al posto di Dio. E ogni volta che questo è successo la sua caduta è stata inevitabile e certa.

— Sta scritto nella Bibbia?

Jean annuì sospirando.

— Un tempo la morte era un evento certo, ma le cose cambiano se si ha fiducia nel progresso. Lei non ce l’ha, questa fiducia?

Stavolta scosse la testa.

— Ed è per questo che vuole morire? Perché non vede più uno scopo nella sua vita? — chiese l’uomo.

— No. Questo è un desiderio che viene da dentro, dal profondo dell’anima. Un richiamo naturale corrotto da qualcosa di innaturale che è il Trattamento. Siamo stati fatti limitati perché il nostro posto non è in questo mondo o in questa vita. Se ci opponiamo, se mangiamo dell’Albero della Vita, non riceveremo la felicità agognata. Questa droga artificiale è solo un’altra alienazione. Un modo per evitare di soffrire, per illuderci che la vita sta tutta lì: nel non morire.

Lo straniero ascoltò con attenzione, poi iniziò:

— L’illusione più grande è quella che sta nella sua testa e in quella delle persone sedute nell’altra stanza. Il miraggio che vi sia una qualche divinità gelosa del successo che l’uomo può avere, che ci ha fatti a sua immagine, ma solo per metà, che vi porta a perdere tempo qua sotto quando il meglio sta là fuori. Avrei potuto capirvi tre secoli fa, ma ora queste cose non hanno più senso. Il mondo è cambiato. L’uomo è cambiato, e non è più sottomesso a Dio o alla sua fatua e silenziosa presenza. Guardi come era l’uomo due secoli or sono: egoista, violento, arrogante e pieno di cupidigia. Sa perché? Per paura della morte. Quando sai che il tuo tempo è limitato, che prima o poi morirai, l’unico scopo è godere a scapito di chi ti sta vicino, perché non potresti avere una seconda occasione. Ora invece sì. Ora il tempo si è dilatato e viviamo in una stasi completa: l’istinto primario di sopravvivere non c’è più. Nessuna malattia, poco bisogno di cibo, nessun affanno per restare in questo mondo. Le sembra poco? Non è Paolo di Tarso che parla di un “corpo corruttibile che si veste di incorruttibilità?” Quel momento è giunto!

Jean rimase stupito dall’inattesa citazione, ma ebbe una sensazione di profondo timore anziché la felicità che deriva dal condividere una stessa linea di pensiero. Ripresosi, rispose prontamente:

— Non è questo il senso da dare a quei passi. Quelli come lei hanno un solo scopo: far dimenticare agli uomini la presenza di Dio nascondendola dietro una vita tranquilla e senza fine, ma anche questa è un’altra bella favola che durerà poco. Hai mai sentito parlare del rapporto Moreau?

L’uomo scosse la testa.

— Ovviamente no. Certe informazioni è bene tenerle nascoste, — continuò Jean. — Detto in poche parole, secondo questo illustre scienziato, la cui fama non sta a me confutare, il Trattamento riesce sì a evitare i processi anti-ageing del nostro corpo e a farci vivere senza invecchiare, ma c’è un problema fondamentale: dopo diversi anni il cervello umano non riesce più a immagazzinare le informazioni e, lentamente, si spegne come una pila scarica o come una spugna satura. Nessuno ha trovato una soluzione a questo problema.

L’agente sorrise.

— Di queste teorie complottistiche ne ho sentite a bizzeffe, questa mi mancava. I dati che abbiamo noi sono ovviamente ben diversi.

— Io invece ho evidenti prove di cui sono testimone; venga con me, le faccio vedere, — disse alzandosi dalla sedia e aprendo la porta. — Vede quel signore con la giacca beige seduto là in fondo? È uno della prima generazione di trattati; dopo due anni in cui ha girato i più illustri medici di questo pianeta, nessuno ha capito cosa avesse. Soffre di insonnia, depressione, mancanza di appetito, perdita della memoria. Secondo gli scienziati fanatici del Trattamento questi sintomi non dovrebbero esistere perché il nostro corpo dovrebbe vivere come in uno stato di grazia. Alla fine andò da Moreau, il quale gli svelò il terribile segreto: “mi spiace, fra un po’ di tempo morirai” . Che colpo, in un mondo dove nessuno muore più! È come dare un lecca lecca a un bambino per poi toglierglielo all’improvviso. Quest’uomo ha poi vagato disperato fino ad arrivare in questa comunità, dove finalmente ha trovato ciò che stava cercando.

— E sarebbe? — si interrogò lo sconosciuto.

— Un senso alla propria vita, che non sta nel non morire. Quella è solo idolatria.

— Sta dicendo cose molto gravi Sig. Jean— , sospirò l’agente. — Io ero venuto con tutte le buone intenzioni, cercando di dissuaderla da questa anacronistica messa in scena e da tutte le sue teorie complottistiche. Colui che mi ha indicato può avere problemi col Trattamento, non è l’unico, ma parliamo di un caso su diecimila che può essere aiutato dalle persone giuste a ritornare a una vita serena.

— Sa che fine fanno quelli come lui? — lo interruppe Jean con fare retorico. — Vanno a fare una bella vacanza su qualche colonia lontana dove la poca gravità, gli infiniti paesaggi stellari e i raggi cosmici li rimetteranno di nuovo in sesto e staranno così bene da non volere tornare mai più su questo stanco e vecchio pianeta.

L’agente smise di guardarlo negli occhi per fissare un punto lontano, poi disse:

— Me l’avevano descritto come una persona mite e pavida, invece ho scoperto un leone ruggente, un sobillatore, un vero e proprio ribelle. Ebbene, io sono disposto a chiudere un occhio su tutto questo, a far finta che non abbia visto niente e non sia mai venuto qui a patto che…— sospese maliziosamente per un attimo il suo discorso — … lei mi prometta di far chiudere questa baracca sotterranea e di tornarsene beato alla sua tranquilla vita ordinaria.

Finse di concludere il discorso per poi terminarlo con l’ultima, falsamente innocua postilla:

— E, d’ora in poi, seguire quello che le suggerirò. Tutto qui, — concluse.

Jean non disse nulla. Il preludio alla risposta fu un lungo sospiro:

— Non lo farò. Le sue tentazioni non avranno seguito; non dopo tutto quello che ho visto.

— E cosa ha visto di così importante? — domandò curioso.

— Ho visto i morti risorgere da una lunghissima non vita, i ciechi vedere con gli occhi dell’anima, chi era paralizzato dalle sue alienazioni camminare di nuovo. Questo ho visto.

— Chiacchere, solo chiacchere di reietti ai margini della società, incapaci di assumersi le responsabilità della propria vita.

— Non era lei che diceva che questo è un mondo quasi perfetto? O lo è solo sulla carta? Io le posso fare esempi concreti di persone che soffrono davvero, anche se ingurgitano centinaia di litri di Trattamento ogni anno.

L’uomo fece una smorfia di sdegno.

— Mi creda, la prego, — continuò Jean. — Se è venuto qui senza denunciarci vuol dire che in fondo era curioso di vedere questo posto prima di prendere qualsiasi iniziativa. Ora lo ha visto, allora creda a quello che le dico, è un’opportunità per iniziare una nuova vita. C’è una speranza anche per te.

— Questo glielo dice il suo Dio o il suo cervello?

— Lo avrei detto a chiunque fosse giunto qui: sia che volesse denunciarci o solo conoscerci.

Lo straniero si alzò prendendo il cappello, si diresse verso la porta e, prima di indossarlo, fece un gesto di saluto.

— Penserà a quello che le ho detto? — lo pregò Jean.

— Ha la mia parola! — Disse abbozzando un sorriso. Poi si avviò verso il corridoio salendo sull’ascensore.

 

Uscendo dal grigio palazzo l’agente si incamminò verso il centro città. Poco dopo dai suoi occhiali elettronici apparve l’alert di una chiamata imminente:

— Eccomi, — rispose.

La voce femminile dall’altra parte era calda e caustica:

— Allora come è andata?

— Male. Purtroppo è come pensavo, non riusciremo a spuntarla. Sono molto determinati, specialmente questo Jean, mi ricorda qualcuno che conobbi tanto tempo fa. Dovremo agire diversamente.

— Così non sei stato molto persuasivo, forse sarei dovuta andare io.

— Nemmeno il fascino del tuo ospite l’avrebbe spuntata con loro, — obiettò lui. — È una cellula molto fedele, l’ho capito da come hanno sistemato quel buco. Oramai ho qualche anno di esperienza in queste cose, non credi?

— Diciamo che di giri intorno a questa stella ne abbiamo fatti da quando siamo qui, — continuò la donna. — Li hai mai contati?

— I giri?

— Sì.

— Dopo ventimila ho perso il conto. — disse ironico. — Tornando a noi, temo che dovrò operare come ai vecchi tempi. Hanno capito gran parte del gioco, ho paura che deportarli servirebbe a poco.

— Con il popolo eletto aveva funzionato, secoli fa.

— Altri tempi, tutto molto più semplice. La tecnologia, da un lato, ha reso il nostro lavoro più complicato, bisogna essere sempre più cauti.

— Quindi cosa intendi fare esattamente?.

— Chiederò l’intervento di una squadra speciale per eliminarli. — Il tono si fece ferale.

— Con che accusa?

— Detenzione di libri non registrati, bioterrorismo, sovversione, pratica di culti religiosi, ecc..

— Sicuro di non scatenare un putiferio? C’è la possibilità di essere inquisiti.

— Tu mi proteggerai. Sennò perché abbiamo faticato tanto per arrivare alla carica che hai? — Concluse l’uomo.

La donna stette in silenzio per qualche secondo poi disse:

— Lui non la prenderà bene.

— Siamo qui per dargli battaglia, no? E stiamo vincendo.

— I tempi non si sono ancora conclusi, — replicò lei. — La tromba non ha ancora suonato.

— Me ne frego delle tue citazioni forbite.

— La letteratura ci dà perderti, che misera fine faremo! — insistette ironica.

— Un punto di vista molto di parte. A me, invece, sembra che abbiamo fatto un grande lavoro. Stagione dopo stagione, ideologia dopo ideologia, virgola dopo virgola, tutte le cellule sono cadute. Tutti i culti del passato sono sprofondati nell’oblio. Abbiamo cancellato il pensiero di Dio nell’uomo. In fondo è bastato dargli quello che ha sempre voluto: essere eterno come il suo Creatore.

— Un’eternità surrogata, — aggiunse sogghignando la donna.

— L’Albero della Vita non è stato concepito per loro, ma questa cosa non l’hanno mai digerita; merito anche nostro.

— Ti sto mandando un taxi a prenderti, — disse la voce femminile cambiando discorso. — Ti aspetto a casa mia per un drink?

— No, lascia stare. Ho voglia di fare quattro passi, è una serata così piacevole.

— Non stresserai troppo il tuo ospite?

— Tranquilla, ha un fisico coriaceo.

— Ma alla fine cosa gli hai detto a questo Sig. Jean? — sollecitò lei.

— Gli ho dato la mia parola che avrei riflettuto alla sua offerta di conversione, ma dovrò disattendere le sue speranze terrene. Dopotutto qual è il mio epiteto preferito? — domandò beffardo.

La voce pensò un attimo, poi disse fiera:

Il Principe di questo Mondo!

Orfeo
Orfeo
La Pipa di Re Salomone (Parte 1)
La Pipa di Re Salomone (Parte 1)
PcMan
PcMan
Conciencia Inoculada
Conciencia Inoculada
Una Nebbia Estiva - Parte 7
Una Nebbia Estiva - Parte 7
Una Nebbia Estiva - Parte 6
Una Nebbia Estiva - Parte 6
L'impero di Uroboro Parte 1
L'impero di Uroboro Parte 1