Super Smash Bros. Ultimate è finalmente disponibile per Nintendo Switch. Scoprite come ci è sembrato con la nostra recensione.
“Ogni volta che lavoro a un episodio di questo gioco, giuro costantemente a me stesso che sarà l’ultima. Alle volte mi domando quando potrò prendermi una pausa”, ha recentemente sbuffato in un’intervista Masahiro Sakurai.
Quest’uomo è lo stakanovista dietro a Smash Bros., celeberrima serie di picchiaduro made in Nintendo, che mette faccia a faccia quarant’anni di icone dei videogiochi, da Pac Man a Mario, passando per Sonic, Pikachu e Solid Snake.
Visti i precedenti – Sakurai lasciò HAL Laboratory, lo studio dove nacque Smash, perché si era rotto le scatole di progettare seguiti di Kirby – possiamo solo augurarci che il geniaccio dia seguito ai propri intendimenti con la medesima convinzione di Oscar Wilde quando esclamava:
Niente di più facile di smettere di fumare, lo faccio 20 volte al giorno.
Il punto è che Sakurai sta a Smash esattamente come Hideo Kojima sta a Metal Gear: è difficile immaginare un capitolo della saga che sia completamente scevro della visione dello sviluppatore che per vent’anni ne ha curato personalmente ogni iterazione.
Sakurai poi è uno di quegli autori amatissimi dal pubblico, uno che trasuda passione da tutti i pori, un po’ come un certo Satoru Iwata, suo ex collega ad HAL Laboratory, nonché co-produttore del capostipite pubblicato nel 1999 per Nintendo 64, che da numero uno della Grande N mandò i fan in brodo di giuggiole dichiarando: “Nel mio biglietto da visita, sono un Presidente. Nella mia mente sono un programmatore. Ma nel mio cuore, sono un giocatore”.
Ecco, il bello di Super Smash Bros. sta nel fatto che la serie è, quantomeno nelle intenzioni, inclusiva, nel senso che è progettata per gettare nella mischia chiunque regga un pad in mano. Se tuttavia è indubitabile che Smash sia fatto per tutti, ciò non significa che tutti siano fatti per Smash. Anzi, ci scommettiamo: avviato Ultimate i novizi non ci capiranno un tubo e premeranno tasti a casaccio, mentre i cultori della saga perderanno la bussola nella giungla di opzioni disponibili.
Insomma, qualsiasi tipo di giocatore voi siate, molto probabilmente sulle prime andrete nel pallone.
Non mollate, sarebbe un delitto. Prendetevi il tempo che un gioco così complesso e mastodontico richiede. Basta infatti un minimo di pratica per rendersi conto di come questo titolo sia una bestia rara nel mercato odierno, una di quelle produzioni talmente generose, rifinite e profonde da rappresentare un autentico atto d’amore verso l’intera industria.
Ma procediamo con ordine. Essere dei fenomeni nei picchiaduro non implica affatto sapersela cavare in Smash e questo nuovo capitolo non fa eccezione. Le meccaniche di gioco costituiscono da sempre il tratto distintivo della serie: qui, curiosamente, conta fino a un certo punto il quantitativo di botte incassate e restituite, perché l’obiettivo non è picchiare più dello sfidante, bensì buttarlo fuori dallo schermo. Certo, per riuscirci è inevitabile ricorrere alle maniere forti, visto che più sale il dannometro – in percentuale evidenziata a schermo – più lontano verrà scaraventato l’avversario e, di conseguenza, maggiori saranno le probabilità che quest’ultimo finisca nella stratosfera.
Fanno da sfondo alle risse di Ultimate le oltre cento arene disponibili da subito, dal design coloratissimo e fuori di melone, ispirato ai mondi delle più celebri opere made in Kyoto e non solo (i più attempati andranno in visibilio per i livelli di Duck Hunt, F-Zero o, per dirne una, per Midgar di Final Fantasy VII). In questi infidi scenari dove, tra piattaforme semoventi, blocchi a scomparsa e armi piovute dal cielo, può accadere un pandemonio, si fronteggiano, anche contemporaneamente, fino a otto giocatori. Il gladiatore va scelto tra le numerose mascotte selezionabili: si parte con i magnifici otto originariamente presenti nel 1999, per sbloccare tutti gli altri e arrivare, ceffone dopo ceffone, allo sconvolgente numero di 74 personaggi giocabili (di cui oltre dieci completamente nuovi, come gli Inkling di Splatoon).
Queste assurde zuffe sono pillole di filosofia aziendale Nintendo: chiunque può divertirsi, ma per competere occorre sudare sette camicie.
Padroneggiare il sistema di combattimento significa capire come districarsi tra attacco, normale o potente, tecnica speciale, presa, parata – ossia una specie di bolla che, ceffone dopo ceffone, si assottiglia sempre di più – e colpo smash, ossia la bordata da assestare sul disgraziato per spararlo chissà dove.
Altrettanto fondamentale è sviluppare un buon gioco di gambe: in Smash starsene lì impalati equivale a suicidarsi e si spiega così il moto perpetuo di corse, rotolamenti, sberloni elargiti in verticale sfruttando i due salti a disposizione, schivate aeree e, soprattutto, di recuperi in extremis per rientrare, grazie al proverbiale colpo di reni, sul ring quando tutto pare ormai perduto.
Facile no? Ma nemmeno per sogno. Lo scoglio non sta tanto nella complessità di esecuzione delle mosse – quelle di base sono pressoché identiche per tutti i personaggi, anche se, ovviamente, diversissime negli effetti – quanto nel ritmo forsennato, nella cronica baraonda dovuta alla simultanea presenza di tanti duellanti a schermo. La curva di apprendimento di Ultimate si rivela quindi tutta all’insù e, complice lo scarso mordente della modalità allenamento e l’assenza di tutorial divertenti quanto esaustivi, le matricole faticheranno come bestie prima di metabolizzare le dinamiche del combattimento.
In termini di offerta di gioco, Ultimate è un pranzo interminabile, le cui portate superano, per numero e abbondanza, ogni predecessore. La ricchezza di contenuti di questo titolo merita un religioso inchino, ogni volta che a schermo appare un menu ci si accorge di un’opzione che non si aveva notato e, specie in multigiocatore, le variabili sul tema sembrano davvero non finire mai, a beneficio del senso di scoperta, del gusto per la sperimentazione e, di conseguenza, dell’imprevedibilità di ogni rissa.
Tutto ciò avvicina sempre di più Ultimate a un intrattenimento da godere in compagnia, più che a un picchiaduro tradizionale. Le Mischie, in particolare, consentono di modificare la struttura degli scontri in ogni maniera immaginabile: troviamo tornei, battaglie a staffetta, sfide a tre o a cinque, a tempo o a vite, con o senza armi o oggetti, a gravità zero o con i lottatori che pesano quattro quintali, e così discorrendo.
Ma per avere un’idea di quanto gli sviluppatori abbiano inteso realizzare un’esperienza paragonabile alla sartoria, un abito che ognuno può cucirsi su misura in base alle proprie esigenze, basti pensare che è persino possibile sconfessare il progetto fondante dell’intera saga, impostando i match in modo da assegnare la vittoria, come accade negli alti esponenti del genere, a chi azzera la barra di energia dell’avversario.
Persino la campagna è approfondita come non mai: priva di ogni pretesa narrativa, l’avventura che mette Kirby nel ruolo di salvatore della patria, garantisce non meno di una trentina di ore di divertimento all’interno di una mappa davvero estesa. Qui, tra un combattimento e l’altro, avremo la possibilità di acquisire nuovi lottatori ed approfondire la conoscenza della grande novità di questo Ultimate, ossia gli Spiriti, sbloccabili nel corso della progressione e utilizzabili anche nelle altre modalità. Si tratta di personaggi apparsi in altri videogiochi – Nintendo e non – che, lontani da costituire un mero feticcio per collezionisti, possono essere equipaggiati in battaglia come se fossero oggetti. Gli Spiriti si prestano ad essere potenziati ed arricchiti con nuovi stili di combattimento da apprendere nei vari dojo sparsi nella mappa, in modo da modificare e personalizzare, in un milione di combinazioni diverse, parametri e abilità del protagonista. Inutile dire che ogni scontro richiede un po’ di preparazione prima di scendere in campo: le condizioni spesso avverse – in uno scenario ci siamo buscati un vento talmente forte da essere spazzati via dal ring – e la presenza di nemici in grado di sfruttare le peculiarità dell’ambiente, rendono la campagna molto più impegnativa di quanto era lecito aspettarsi.
Non paghi di questo tsunami di possibilità, gli sviluppatori hanno inoltre riproposto la modalità classica, la cui colonna portante consiste, come da prassi, in un filotto di combattimenti ambientato in arene e contro avversari variabili in base al personaggio selezionato (Mario, per dirne una, sarà sempre il boss finale di Bowser e viceversa). Siccome il livello di difficoltà oscilla in base all’esito degli scontri, il novellino potrà prendere due piccioni con una fava partendo proprio qui: questa modalità è infatti comoda sia per fare un po’ di pratica prima di gettarsi nella furia delle Mischie, sia per sbloccare rapidamente tutti i personaggi, magari impostando il livello di sfida forzatamente verso il basso.
Da un punto di vista tecnico, infine, non possiamo che levarci il cappello di fronte a Ultimate, che rappresenta quanto di meglio Switch abbia oggi da offrire. L’immagine è costantemente pulita, bellissima da vedere e, grazie ai numerosissimi effetti e all’efficacia del sistema di illuminazione, personaggi e arene brillano di un fulgore da lasciare a bocca aperta. Rispetto al predecessore il feeling dei colpi appare più pesante, più fisico e l’azione, nonostante il perenne trambusto a schermo, si mantiene sempre inchiodata, sia giocando in modalità portatile che collegati alla TV, a un livello di fluidità da primi della classe.
In definitiva riteniamo che questo nuovo Super Smash Bros. sia un gioco che ogni possessore di Switch dovrebbe, se non acquistare ad occhi chiusi, come minimo provare con attenzione. Ultimate è uno stratosferico party game, prima ancora che un picchiaduro. Ma non solo: l’introduzione degli Spiriti conferisce alla serie una componente strategica del tutto inedita, trasformando un titolo di lotta, sia pure atipico, in un’esperienza ibrida, che per profondità e complessità tende ai giochi di ruolo.
Le iniziali difficoltà cui andranno incontro soprattutto i novellini nulla tolgono al valore produttivo di Ultimate: l’ultimo capolavoro di Sakurai è un gigantesco santuario eretto in onore di chi guarda ancora al mondo dei videogiochi con lo stesso, innocente, entusiasmo che aveva da bambino.
- Un picchiaduro sconfinato e coloratissimo
- Con gli amici è intossicante
- Modalità campagna molto convincente
- 74 personaggi x oltre 100 arene. Eh???
- Fluidità sempre al top
- Senza adeguati tutorial per i novizi la montagna è ripidissima da scalare