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Alessandro Magno

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Alessandro Magno fu una delle figure più affascinanti e allo stesso tempo ambigue dell’epoca antica. A soli 33 anni si ritrovò ad aver sconfitto l’impero più grande che la storia fino ad allora avesse mai conosciuto, si spinse fin oltre i confini del mondo e fu il simbolo della prima grande fusione tra Occidente e Oriente. Non è abbastanza? sappiate allora che era anche figlio di Zeus.

Non ci fu popolo, né città, né un solo uomo di quel tempo cui non sia giunto il nome di Alessandro; non mi sembra che un uomo simile, non somigliante a nessun altro, sarebbe potuto nascere senza un intervento divino.

Anabasi di Alessandro, Arriano (VII, 30, 2)

 

Sarà il numero di imprese compiute in vita, sarà la tragica morte che è venuta a bussare presto alle loro porte o sarà l’appartenenza a un mondo sempre più distante dal nostro, ma il fascino esercitato da alcuni personaggi storici è sempre vivido e non smette mai, di farli apparire ai nostri occhi, quasi più simili a dei supereroi, che a dei normali condottieri.

Questo background identificativo assume dei toni ancor più marcati quando, nel curriculum storico di Alessandro, tra alcune delle “referenze” leggiamo:

  • Educato da Aristotele in persona
  • Risolto il più grande enigma del mondo antico: il Nodo Gordiano
  • Mai stato sconfitto in battaglia
  • Unico a domare il leggendario cavallo Bucefalo
  • Conquista della quasi totalità del mondo conosciuto, dalla Grecia fino all’India

 

L’utilizzo del termine supereroe non è stato casuale.

In quel magistrale capolavoro della narrativa a fumetti, che risponde al nome di Watchmen, anche uno dei personaggi più rappresentativi, Ozymandias, mostra una spiccata ammirazione nei confronti della figura storica, al limite del divino, che ha rappresentato Alessandro.

 

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E se Watchmen si era limitato a una semplice citazione, la serie tv d’animazione giapponese Alexander – Cronache di guerra di Alessandro il Grande (tratto da un romanzo di Hiroshi Aramata), del 1999, aveva addirittura dedicato l’intero arco narrativo alla vita del giovane condottiero macedone.

Anzi, con il leitmotiv dell’anime fissato nel concetto de ‘Il distruttore del mondo‘ si era sorprendentemente avvicinato al travaglio storico e culturale di cui Alessandro divenne un simbolo ambivalente: da un lato rappresentava la fine dell’era classica greca, ma allo stesso tempo divenne il fautore dell’Ellenismo e quindi della diffusione della cultura greca lungo tutto i territori che venivano a mano a mano conquistati dal suo esercito.

Ellenismo: termine che serve per delineare quel periodo storico e culturale che va indicativamente dalla morte di Alessandro (323 a.C.) fino alla battaglia di Azio (31 a.C.). In questo lasso di tempo il sistema delle póleis greche andò in crisi, e grazie alla spedizione di Alessandro nel continente asiatico, ci fu una diffusione universale della cultura greca in quasi la totalità del mondo orientale.

 

Dopo questo piccolo excurcus relativo all’influenza di Alessandro in una parte della cultura nerd, possiamo addentrarci in un’analisi più precisa riguardante la sua vita, il percorso storico e l’eredità culturale lasciata al mondo moderno.

 

 

Le origini

La pesante eredità lasciata dal padre Filippo e l’uso della propaganda come strumento politico

Alessandro nacque a Pella, una delle capitali del Regno di Macedonia, nel 356 a.C. Suo padre, Fillippo II – che molto probabilmente ancora oggi, stranamente, non gode della stessa fama del figlio – ricoprì un’importanza storica e politica decisiva nel cambiamento che vide avvicendarsi l’epoca classica con quella ellenistica.

Filippo, infatti, fu un grande politico e stratega. Grazie alle sue capacità dentro e fuori il campo di battaglia, riuscì in breve tempo a consolidare la forza della Macedonia e a ottenere il ruolo di sovrano egemone tra i greci.

Il Regno di Macedonia: era una regione situata nella zona centro-settentrionale della Grecia. Nonostante il loro dialetto fosse comunque vicino a quello greco, furono considerati da quest’ultimi come barbari e lontani dai loro costumi e dalla loro etnia.
Filippo morì nel 336 durante le nozze reali tra sua figlia Cleopatra e Alessandro il Molosso, ucciso da una delle guardie reali: Pausania.

Tra i sospettati  dell’assassinio figurarono, a un certo punto, anche Alessandro e sua madre Olimpiade.

Questo avvenne perché tra i macedoni era in vigore la poligamia e Filippo si sposò più volte per garantire il maggior numero di accordi diplomatici possibili. A differenza di Olimpiade che era epirota, la sua ultima moglie, Cleopatra – Euridice, era macedone e stava già aspettando un figlio.

Questo significava che il futuro nascituro sarebbe stato un macedone puro e quindi sarebbe diventato il legittimo erede al trono. Tuttavia l’intervento di Aristotele, educatore di Alessandro e grande conoscitore dei costumi macedoni, confermò che il gesto compiuto da Pausania era da attribuire esclusivamente a delle vicende private tra lui e il Re.

A soli vent’anni, dunque, Alessandro fu acclamato Re dall’assemblea popolare Macedone.

 

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L’Impero Persiano al massimo della sua estensione

 

Il giovane sovrano non perdette tempo e cercò subito di coronare quello che era il suo più grande sogno: la creazione di un Impero universale.

Per raggiungere questo obiettivo, Alessandro continuò la politica di propaganda che aveva già iniziato il padre Filippo: Strumentalizzando la figura dell’Impero persiano, adducendo ai loro comportamenti dissacranti nei confronti dei templi grechi, il macedone ottenne il consenso necessario per poter organizzare la spedizione.

Egemonia: nella Grecia classica, nonostante i continui conflitti, nessuna polis aveva come scopo finale quello di conquistare territorialmente un’altra città-stato. Anzi, alla base degli scontri bellici era sempre presente il desiderio di ottenere soltanto la condizione di Stato egemone, ovvero quello di avere il maggior peso in ambito politico e decisionale.   

 

Il conflitto era alle porte.

 

 

 

Guerra!

I preparativi ‘Omerici‘ di Alessandro e la prima grande vittoria: Granico

Durante la primavera del 334 a.C. Alessandro diede inizio alla prima fase che avrebbe portato alla guerra contro l’impero persiano. Si mosse da Pella verso Anfipoli, e da qui partì poi per raggiungere l’Asia, accompagnato da un esercito di circa quarantamila uomini e cinquemila cavalieri, e composto sia da contingenti barbari (come Traci e Triballi) e sia da greci stessi, che si presentarono con settemila fanti e seicento cavalieri.

La presenza, nella spedizione, di un alto numero di geografi, topografi, storici (come il celebre Callistene), interpreti, sottolineava ulteriormente quel carattere mediatico che il sovrano macedone era intenzionato a dare alla propria impresa. Come ciliegina sulla torta, a dimostrazione anche della smisurata passione verso l’epica di Omero, Alessandro decise di passare da Ilio per onorare la tomba di Achille.

 

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Alessandro visita la tomba di Achille – Johann Heinrich Schönfeld

 

Finiti i preparativi, nel 334, si arrivò al primo grande scontro tra l’esercito di Alessandro e l’impero persiano di Dario III, avvenuto nei pressi del fiume Granico. L’esito della battaglia si risolse in favore del macedone, grazie soprattutto all’abilità della cavalleria macedone e tessalica mostrata sul campo di battaglia.

 

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La battaglia sul fiume Granico, in un dipinto di Charles Le Brun

 

Questa prima grande vittoria portò a due importanti conseguenze: l’espansione ellenistica che aveva in mente Alessandro si era ora cementificata in qualcosa di più di un semplice sogno.

Difatti fece inviare ad Atene trecento armature persiane in onore della dea Atena, con in allegato la dedica «Alessandro figlio di Filippo e i Greci, tranne gli Spartani, dai barbari che abitano l’Asia» (Arriano I, 16, 7).

La seconda conseguenza fu che ormai l’Asia era divenuta una doríktetos chora, una ‘terra conquistata con la lancia’, ovvero per diritto di guerra.

 

 

L’enigma del Nodo Gordiano e la seconda vittoria a Isso

La vittoria ottenuta nella battaglia sul fiume Granico, permise ad Alessandro di instaurare dei governi democratici nelle città greche dell’Asia minore. Ciò si tramutò in una raccolta di tributi fondamentali per poter far proseguire la spedizione del sovrano macedone.

A Gordio, in Frigia, nel tempio dedicato a Zeus, era presente il famigerato Nodo Gordiano che, secondo la tradizione locale, profetizzava la conquista di tutto il mondo abitato a colui che si sarebbe dimostrato capace di scioglierlo.

Nel 333 Alessandro, giunto al tempio, tagliò o sciolse il nodo. Non si hanno certezze sull’effettiva dinamica che portò alla risoluzione dell’enigma, ma lo storico Arriano, potendo contare sulla presenza sul posto di Tolomeo di Lago e Aristobulo di Cassandria, affermò che a prescindere da come sia andata la vicenda, Alessandro «con i suoi si allontanò dal carro come se la profezia si fosse compiuta».

Nell’autunno del 333 si giunse alla seconda grande battaglia tra l’esercito macedone e quello persiano. Lo scontro avvenne a Isso, nella Siria Settentrionale, e vide nuovamente il macedone trionfare contro il proprio avversario. La sconfitta, per Dario, fu molto pesante. L’accampamento del Re, il tesoro e la famiglia reale furono presi da Alessandro, mentre lo stesso Dario scappò via ben oltre il fiume Eufrate, da dove inviò svariate proposte di pace.

 

 

Alessandro rifiutò categoricamente le offerte relative a: l’Asia occidentale, un ingente somma di denaro e una delle figlie di Dario da prendere in sposa. Anzi, per tutta risposta, il figlio di Filippo inviò una lettera agli ambasciatori del proprio rivale, scrivendo che «come l’universo non potrebbe conservare la sua armonia in presenza di due soli, così la terra abitata non potrebbe ammettere l’esistenza di due re».

 

 

La visita all’Oracolo di Zeus-Ammone e la decisiva vittoria a Gaugamela

Dopo aver sconfitto l’esercito persiano anche a Isso, con la conseguente fuga di Dario, Alessandro decise di non impiegare energie e risorse per la ricerca del proprio avversario. Anzi, concentrò i propri sforzi nella conquista delle città della costa siriaca, Tiro, Sidone e Gaza.

Tra il 332 e il 331 si verificarono due eventi di cruciale importanza, non solo per l’espansione dell’esercito di Alessandro oltre il continente asiatico, ma anche per il cambiamento, ormai in atto da tempo, intrapreso dalla spedizione ellenistica del sovrano macedone: La conquista dell’Egitto e la fondazione della città di Alessandria.

Durante la permanenza in Egitto, Alessandro volle recarsi nei pressi dell’oasi di Siwah, in Libia, per far visita al celebre oracolo di Zeus-Ammone. Secondo diverse fonti, pare che il suo arrivo fu accompagnato da svariati presagi favorevoli, uno su tutti il saluto del sacerdote che riconobbe Alessandro come figlio di Zeus.

 

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Alessandro il Grande fonda Alessandria – Placido Costanzi

 

Su questo episodio gli studiosi hanno avanzato due diversi ipotesi relative al comportamento di Alessandro: egli interpretò il saluto del sacerdote credendo effettivamente di possedere quella discendenza divina che la madre Olimpiade, fin da quando era piccolo, cercò di consegnargli come idea. Oppure, molto più semplicemente, il sacerdote accolse Alessandro con l’appellativo di ‘figlio di Zeus’ perché riconobbe in lui l’eredità lasciata dai faraoni, e ciò permise al condottiero macedone di farne un ‘uso’ mediatico e stabilizzare la propria autorità in terra orientale.

Dopo un breve periodo in cui il proprio esercito consolidò e organizzò l’amministrazione dei territori conquistati, Alessandro si preparò per partire alla volta della Mesopotamia, nel cuore dell’impero persiano, dove ad attenderlo ci sarebbe stata la battaglia decisiva, quella che lo avrebbe consegnato definitivamente alla Storia. Superò il Tigri e l’Eufrate e, nell’ottobre del 331, ottenne una prodigiosa vittoria contro l’esercito di Dario, a Gaugamela.

Nonostante i persiani fossero numericamente superiori ai propri rivali, a prevalere fu la maggiore organizzazione tattica dei macedoni e la capacità di Alessandro di combattere in prima linea e di trarre in inganno l’esercito rivale.

Dario si presentò sul campo di battaglia posizionandosi al centro dello schieramento e affidando l’ala sinistra dell’esercito al satrapo Besso, mentre l’ala destra fu affidata a Maezo. L’esercito avversario, invece, si organizzò in modo da formare due grandi macro-zone: la parte sinistra affidata Parmenione e la parte di centro-destra presidiata da Alessandro.

La strategia che decise di adottare il macedone fu abbastanza chiara: spingere il nemico ad attaccare per primo e metterlo nelle condizioni di dover concentrare la maggior parte delle forze nei lati dello schieramento. E la battaglia si sviluppò esattamente in questo modo.

Dopo un primo affondo da parte dei carri falcati persiani, l’ala destra comandata da Maezo attaccò pesantemente lo schieramento laterale sinistro macedone controllato da Parmenione. Così facendo, Alessandro diede inizio a quella che fu una delle tattiche più rischiose mai adottate in uno scontro tra grandi eserciti: a capo della cavalleria si diresse verso lo schieramento di sinistra dei persiani, attuando una manovra di allargamento che in realtà serviva solo come esca per poter creare una breccia all’interno delle linee nemiche e quindi poter avere la possibilità di attaccare direttamente Dario. La manovra di Alessandro funzionò e così si lanciò in mezzo alla falla creatasi nel centro dell’esercito persiano, riuscendo a neutralizzare la guardia reale del Gran Re.

A quel punto, vedendosi completamente scoperto, Dario decise di ritirarsi. Alessandro cercò di inseguirlo, ma la richiesta di aiuto da parte di Parmenione lo fece desistere. Una volta soccorso il proprio alleato, Alessandro tentò nuovamente di rincorrere il proprio avversario, ma ormai il discendente di Ciro il Grande, e i suoi satrapi, si erano abbondantemente ritirati.

 

 

Lo scontro, dunque, giunse all’epilogo. L’esercito macedone sconfisse nuovamente quello persiano e questa volta lo fece in un modo così schiacciante che per Dario, in futuro, risultò impossibile organizzare un’altra manovra difensiva.

 

 

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Alessandro il Grande al tempio di Gerusalemme – Sebastiano Conca

 

 

Il progetto multietnico, gli scontri interni e l’arrivo ai confini del mondo

L’esito della battaglia di Gaugamela segnò profondamente le sorti non solo della spedizione di Alessandro, ma anche di tutta la struttura politica, culturale e geografica del mondo antico.

Nell’inverno del 331/30, Alessandro occupò le capitali dell’impero Achemenide: Babilonia, Susa, Pasargade e Persepoli. Quest’ultima fu data alle fiamme nella primavera del 330, come dimostrazione del carattere vendicativo della spedizione macedone nei confronti dell’oltraggio subito dalle precedenti guerre persiane. Questo evento, in concomitanza con la scelta di Alessandro di congedare i Greci dal suo esercito, fu il raggiungimento di un punto di non ritorno, che vide la fine dell’idea originale di espansione della cultura greca nel mondo orientale, a favore di una progressiva orientalizzazione degli obiettivi di Alessandro.

Nel frattempo Dario continuò a fuggire tra le varie satrapie del suo impero, fino a quando il suo alleato Besso lo uccise e si autoproclamò re con il nome di Artaserse IV. Alessandro, sempre più affascinato dagli usi e i costumi incontrati nel cuore della cultura persiana, si innalzò a successore legittimo dell’ultimo Gran Re di Persia, concedendo a Dario la sepoltura regale.

 

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Alessandro Magno interpretato da Colin Farrell nel film ‘Alexander’

 

A dimostrazione del cambiamento politico e culturale che rimodellò la gerarchia degli obiettivi primari del condottiero macedone, ci fu l’introduzione di pratiche tipiche del cerimoniale persiano. Gli atteggiamenti di Alessandro crearono malumori tra i suoi compagni, anche quelli più affidati.

È in questa fase di transizione identitaria che risalgono alcuni degli episodi più ambigui e conflittuali relativi al rapporto con i propri generali. In Drangiana, infatti, ci fu la prima grande frattura tra Alessandro e l’esercito macedone: Filota, figlio di Parmenione, che spesso tendeva a vantarsi delle proprie imprese sul campo di battaglia e di sottolineare come i veri fautori delle vittorie fossero lui e suo padre, fu accusato di tramare segretamente contro il proprio sovrano e fu condannato a morte. Stessa sorte toccò al padre che poco più tardi fu ucciso a Ecbatana.

La crisi tra Alessandro e il suo esercito peggiorò ulteriormente quando, in preda all’ebrezza del vino, uccise Clito, che nella battaglia di Gaugamela gli aveva salvato la vita.

Dai resoconti dello storico Arriano, possiamo apprendere come Clito non tollerasse più l’atteggiamento del proprio sovrano, troppo aperto nei confronti delle usanze straniere. Così, anch’egli sotto l’influsso del vino, denigrò Alessandro, tessendo invece le lodi del padre Filippo e dell’esercito macedone. Alessandro, non riuscendo a ragionare lucidamente, uccise dunque l’amico trafiggendolo con una sarissa.

L’ultimo grande episodio che sancì in modo emblematico lo scontro tra la visione Guerriera e paritaria di stampo macedone, con quella orientale che proiettava il Re in una dimensione divina e sopra ogni cosa, fu la condanna a morte dello storico Callistene di Olinto. Quest’ultimo, infatti, criticò pesantemente la scelta di Alessandro di adottare a corte la pratica della proskýnesis. Essa consisteva in un profondo inchino, seguito immediatamente da un piccolo bacio che, nelle usanze macedoni, rappresentava la concessione di onori divini. Urtato dall’atteggiamento dello storico, Alessandro, come sottolineato sopra, procedette alla condanna a morte.

Nonostante i conflitti interni al proprio esercito, il condottiero macedone continuò con la politica di fusione tra le due culture. Dopo la conquista della Sogdiana, prese in sposa Rossane, figlia del satrapo Ossiarte.

Questa decisione viaggiò di pari passo con la scelta di addestrare e inserire nel proprio esercito trentamila giovai soldati persiani – gli epigoni – in modo da iniziare a gettare le basi per un immenso esercito misto.

Nel 326 Alessandro giunse in India, che all’epoca rappresentava i confini estremi del mondo conosciuto, con l’intenzione di continuare fin oltre la valle del Gange. Dopo le prime vittorie, però, l’esercito al seguito del figlio di Filippo – stremato da una spedizione che li stava tenendo lontano da casa da quasi dieci anni, e infastiditi dagli ultimi atteggiamenti tenuti a corte – si rifiutò di proseguire. A nulla valsero gli incitamenti di Alessandro, che cerò di spronare i propri soldati facendo leva sul carattere epico della spedizione e sulla gloria che li avrebbe attesi una volta conquistata l’intera Asia, ormai il viaggio verso est era giunto alla conclusione. Scoraggiato anche da alcuni sacrifici agli dei che risultarono sfavorevoli, Alessandro si convinse a fare ritorno a Babilonia.

 

 

La morte improvvisa

e la nascita degli stati ellenistici

Nel 326 Alessandro venne accolto trionfalmente a Susa dove, per l’occasione, diede un ulteriore impronta multietnica al suo nuovo regno, promuovendo le nozze tra ottanta dei suoi compagni (e diecimila soldati) e donne persiane. Lo stesso Alessandro sposò la figlia di Dario, Statira.

 

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L’Impero di Alessandro il Grande

 

Nel 324, quando divennero sempre più insistenti le voci di una presunta nuova spedizione volta alla conquista dei territori a ovest della Grecia, Alessandro, inaspettatamente, morì. Gli storici concordano nell’attribuire il decesso a cause naturali (probabilmente una febbre malarica), ma in molti, tenendo conto dei rapporti incrinati tra Alessandro e i suoi compagni, non hanno escluso anche l’ipotesi di avvelenamento.

L’eredità lasciata dal condottiero macedone fu poi divisa tra i suoi successori (i cosiddetti diádochi) che si spartirono un territorio immenso, suddiviso in stati ellenistici.

 

 

L’eredità storica

e la visione ‘romantica’ della figura di Alessandro

Se il padre, Filippo, cercò in tutti i modi di trovare una breccia nel sistema politico greco e di poter vivere assorbito da esso, Alessandro si dimostrò più sprezzante nel carattere. Era, si, legato alle tradizioni greche, amante di quell’antica cultura, ma non si mostrò mai incline alle dinamiche politiche e ideologiche di quel mondo.

Motivo per cui Alessandro rimase profondamente affascinato dalle usanze orientali, e arrivò a sviluppare il sogno di un impero multietnico, dove la contaminazione di genere stava alla base di tutto. Anche se non mancarono episodi di natura conflittuale, il coraggio e la sete di conoscenza del macedone furono indispensabili per poter permettere alla struttura dell’intero mondo antico di ‘aprirsi’ per accogliere i nuovi grandi eventi che erano alle porte. Uno su tutti, la diffusione delle grandi religioni monoteiste.

Non è difficile capire come mai molti personaggi storici, nel corso dei secoli, siano rimasti affascinati dalla figura del condottiero macedone. Le incredibili doti da stratega, le conquiste territoriali e le abilità in battaglia aiutarono a costruire un granitico blocco immaginifico che andava a incastonarsi perfettamente con il percorso di cambiamento culturale che il mondo greco, e di riflesso tutto quello occidentale, stava inesorabilmente per intraprendere.

 

 

 

 

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