Dopo oltre quindici anni i due cult per Dreamcast tornano in una versione rimasterizzata per PC e console di nuova generazione. Scoprite come ci sono sembrati nella nostra recensione.
Mi sono preso un po’ di tempo extra per scrivere questa recensione, del tempo necessario per analizzare in modo approfondito l’edizione remastered di due titoli che hanno fatto la storia del videogioco, letteralmente; due pietre miliari che hanno scritto il linguaggio con cui ancora oggi vengono creati i giochi free roaming e da cui è nato l’open world (anche se, a onor del vero, una buona parte di merito per quest’ultimo ce l’ha anche GTA III).
È difficile scindere la valutazione di videogiochi così importanti, dalla valutazione di questo pacchetto che offre – non me ne voglia SEGA – in modo un po’ tardivo, il ritorno su console di attuale generazione di titoli appartenenti al glorioso quanto sfortunato Dreamcast. Tardivo perché sappiamo tutti che non avrebbe mai visto la luce senza l’annuncio da parte di Yu Suzuki di Shenmue III, ma ciononostante l’onda della nostalgia non è più così gonfia da cavalcare arrivati al 21 agosto 2018, data in cui il gioco è arrivato su PC, PlayStation 4 e Xbox One.
Ma un giudizio bisognerà pur darlo, e la strada che ho percorso si basa su due binari: da un lato c’è l’offerta narrativa ed emozionale ancora estremamente valida dei due Shenmue, dall’altro il gameplay e il comparto tecnico che se all’alba del nuovo millennio risultavano avvenieristici (e lo erano, sul serio), oggi sono decisamente vecchi e non adatti a tutti i palati. Se siete curiosi di saperne di più, dunque, non vi resta che proseguire con la lettura della nostra recensione!
La trama
29 novembre 1986, Yokosuka, Giappone. Il giovane diciottenne Ryo Hazuki sta rientrando a casa verso sera quando vede una strana automobile nera parcheggiata davanti al cancello e l’insegna del Dojo di famiglia a terra, distrutta. Ryo entra nel giardino, dove trova l’anziana Ine-san che gli dice di recarsi velocemente al Dojo. Un’amara sorpresa lo attende all’interno, la porta è chiusa ma viene spalancata dal povero Fuku, scaraventato fuori a calci.
Chi sta facendo del male ai suoi cari, e perché? Non c’è tempo di indugiare su tali pensieri, tutto sta succedendo troppo in fretta. Ryo entra nel Dojo dove vede un uomo che minaccia suo padre, Iwao Hazuki, mentre è in corso uno scontro letale. Quell’uomo che arriva dalla Cina è il tanto malvagio quanto misterioso Lan Di, che insiste nel voler scoprire dal padre di Ryo dove si trovi uno “specchio”, ma quest’ultimo non pare intenzionato a consegnarlo e lo scontro torna nel vivo; Ryo si intromette ma Lan Di riesce a sopraffarlo con pochi colpi e lo usa come leva per Iwao: se non gli consegnerà lo specchio, ucciderà suo figlio.
Per salvare la vita di Ryo, Hazuki-san si arrende e rivela a Lan Di l’ubicazione dello specchio, ma una volta ottenuto, Lan Di lo colpisce a morte e si dilegua insieme ai suoi scagnozzi a bordo della macchina nera. Ryo si rialza in tempo per abbracciare suo padre, che prima di esalare l’ultimo respiro gli da un monito “tieniti stretti gli amici a cui vuoi bene”.
L’avventura di Ryo inizia qui, nel profondo dolore della perdita del padre, avvolta nel totale mistero. Chi è Lan Di? Perché ha ucciso nostro padre? Cos’è questo specchio? Mosso dalla necessità di fare chiarezza su questi misteri e di vendicare l’assassinio del padre, Ryo parte per un’indagine che lo porterà molto più lontano di quanto non immagina. Da Master Chen apprendiamo infatti che che Lan Di fa parte dell’organizzazione criminale Chiyoumen, e che esiste un altro specchio simile a quello rubato a suo padre.
Proseguendo scopriremo che Lan Di ha lasciato il Giappone e si è diretto a Hong Kong, ed è lì che anche Ryo dovrà recarsi per scoprire il segreto degli specchi e avere la sua vendetta. La trama di Shenmue II infatti si svolge sull’isola cinese, dove Ryo è arrivato via mare. Qui ci saranno quattro zone esplorabili (il porto di Aberdeen, Wan Chai, la città murata di Kowloon e Guilin) attraverso le quali si dipana una storia ancor più coinvolgente di quella del primo Shenmue, e piena di colpi di scena che culmineranno con un finale aperto, un cliffhanger che tiene ancora col fiato sospeso i fan da quasi vent’anni.
Il gameplay
Qui iniziano le note dolenti, ed è veramente difficile mettere da parte la soggettività nel “dir male” del gameplay di questi due giochi, ma la valutazione va contestualizzata al 2018. Nel periodo in cui i due giochi uscirono su Dreamcast rappresentavano il non plus ultra di tutto ciò che all’epoca si poteva considerare videogioco, e forse anche qualcosa in più. Shenmue aveva l’ambizione di fondere diversi vecchi generi, come l’adventure e il picchiaduro, in un solo contenitore che offrisse ai giocatori un’esperienza quanto più eterogenea possibile.
L’altro grande punto di forza era la totale libertà lasciata al giocatore di affrontare la propria esperienza staccandosi dalla classica impostazione su binari a cui si era abituati, questo è stato possibile grazie alle intuizioni che Yu Suzuki ha inserito nel sistema FREE, acronimo di Full Reactive Eyes Entertainment; l’utilizzo di tempo variabile durante il gioco e di NPC presi nei loro impegni di vita virtuale, insieme a chicche come il clima meteorologico che varia in base a quello che è stato realmente in quella zona e in quell’anno, sono i principali punti di forza con cui si riusciva ad immergere il giocatore nell’ambiente di gioco.
A noi oggi sembrano quasi delle banalità, cose che diamo per scontato in un qualsiasi gdr o action che si basi sul free roaming, ma tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000 non lo erano affatto. Il problema è che al netto dell’importanza storica, oggi tanto i movimenti di Ryo, quanto le interazioni con l’ambiente e le fasi di combattimento alla Virtua Fighter che ci hanno fatto sognare in Shenmue appaiono estremamente datati e superati. E in questo non si è fatto nulla per svecchiarne l’impalcatura, limitandosi ad adattare i comandi ai pad di PlayStation 4 e Xbox One da quello del Dreamcast.
Da un lato SEGA ha giocato sul sicuro visto che cambiare anche solo un millimetro del gameplay avrebbe causato l’ira funesta dei fan che richiedevano a gran voce una semplicissima remastered. Ma se si accontenta lo zoccolo duro di fan storici, si offre comunque un gioco poco accessibile ai più giovani e spesso fin troppo legnoso anche per chi, come il sottoscritto, li ha finiti in passato per tre volte ciascuno.
L’aspetto tecnico
Sebbene non infici la godibilità del titolo come accade invece per il gameplay, va detto che il team D3T si è limitato davvero al solo adattamento per i sistemi moderni con un upscaling della risoluzione a 1080p. In un periodo in cui vediamo di continuo remake di alto livello che svecchiano l’aspetto grafico lasciando intatto, per lo più, il gameplay (basti pensare a Crash Bandicoot N. Sane Trilogy e al prossimo Spyro Reignited Trilogy di Activision, e seppure con le dovute differenze all’operazione che la stessa SEGA ha effettuato con Yakuza 1 e 2 portandoli su current gen con i due Kiwami) dispiace vedere un’operazione di remaster così basic nei confronti di due titoli tanto importanti come Shenmue 1 e 2.
È possibile giocare entrambi i titoli con l’aspect ratio originale o in 16:9, ma stonano e non poco le sequenze filmate che restano in per il primo gioco 4:3, mentre nel secondo, pur essendo in 16:9, si presentano con bande nere sopra, sotto e ai lati. Anche lato audio si poteva fare decisamente meglio visto che i dialoghi restano a basso bitrate, ma se non altro entrambi i titoli continuano ad avere una colonna sonora tra le più emozionanti mai create per un videogioco, anche a quasi vent’anni di distanza.
Insomma, concludendo non posso non consigliare a scatola chiusa Shenmue 1 e 2 – Remastered a chiunque abbia già giocato e apprezzato in passato i titoli, così da poter rivivere le due storie senza più bisogno di emulare la cara macchina dei sogni di SEGA o reperirne una funzionante a prezzi esorbitanti. Ai neofiti che sono incuriositi da queste due opere lo consiglio ugualmente, ingoiando però non pochi rospi per una riedizione che è stata fatta davvero con pochissimo sforzo, e se non altro viene venduta a prezzo budget.
- Due pilastri della storia dei videogiochi
- Bellissima colonna sonora
- Prezzo accessibilissimo
- Gameplay invecchiato male
- Remster grafica molto basic