Il 22 Agosto è arrivato al cinema La Settima Musa, il nuovissimo horror del regista “papà” della saga REC, Jaume Balaguerò. In occasione dell’uscita del film in Italia, grazie ad Adler Entertainment, abbiamo intervistato Balaguerò, chiedendogli del suo rapporto con l’arte, del processo di creazione di La Settima Musa e di come la saga REC abbia cambiato la sua vita.
Fin dove si è disposti ad arrivare per amore? Per gloria? Per potere? La storia del mondo ci ha insegnato quanto l’uomo sia un essere dalle tante sfumature. Imprevedibile, imperfetto e avido. Quanto il desiderio abbia spinto l’essere umano verso atti sconsiderati, andando oltre ogni limite, fisico o morale, etico o psicologico. Non solo a discapito suo, ma anche degli altri.
A volte si è trattato di politica, altre volte di amore, altre volte ancora dell’arte. L’arte ha sempre nascosto in sé quella faccia ambivalente. La bellezza, la poetica dell’arte, dalla musica alla pittura, alla letteratura. Ma l’arte ha sempre richiesto un prezzo, una sorta di sacrificio. L’arte, rappresentata dalle antiche Muse, ha sempre racchiuso in sé un aspetto più macabro ed inquietante. Basti pensare ai poeti maledetti o a Paganini, che si diceva avesse venduto l’anima al diavolo.
Ed è proprio su questo concetto che si fonda il nuovo horror dalle sfumature psicologiche del regista Jaume Balaguerò, La Settima Musa. Film arrivato nelle nostre sale il 22 Agosto e che ha come protagonista un professore di letteratura, Samuel Solomon, tormentato da un terribile sogno ricorrente da quando la sua ragazza è morta tragicamente.
Nel sogno l’uomo vede una donna sacrificata durante un rituale.
Quello che sembra essere il frutto di un trauma, si rivela essere qualcosa di più inquietante quando la polizia ritrova il corpo senza vita della donna sognata da Samuel.
Inizia così una storia misteriosa, fatta di crimini, influenze soprannaturali e sensualità, dove nulla è come sembra davvero e dove ci si interroga sulla doppia natura dell’arte.
In occasione dell’uscita del film ho avuto il piacere di intervistare il regista Balaguerò, già molto conosciuto nell’ambito horror grazie alla saga di REC, una serie di film horror found footage creata insieme a Paco Plaza.
La Settima Musa è una storia sul processo creativo ma anche sulla rappresentazione delle muse come esseri reali e spaventosi. La storia gioca con il contrasto tra bellezza e orrore, sensualità e dolore, sesso e morte. Come l’orrore si nasconde dietro l’apparentemente bello. È un film sulla poesia e l’orrore, attraverso una certa ottica sensuale, perché secondo me la sensualità ha molto a che fare con entrambi.
Ogni storia è una sfida diversa e richiede un trattamento diverso. La Settima Musa è una storia che gioca con l’horror, ma è anche un thriller di ricerca con sfumature soprannaturali, una storia sul processo di creazione, letteratura, poesia e sull’insolito potere che questi tre elementi giocano.
In effetti, una storia come questa richiedeva un trattamento più classico, ma al tempo stesso penso che sia stato necessario avere un approccio grafico meno violento e con sequenze di vero orrore più soft.
Personalmente durante il processo creativo di questi anni per qualsiasi mia pellicola non ho mai sentito l’ispirazione provenire da una persona o da un qualcosa di soprannaturale.
Per me l’ispirazione è il bisogno di raccontare e condividere cose, storie o sentimenti che hai vissuto. Non credo ci sia nulla di particolarmente soprannaturale.
In effetti, questo è esattamente ciò che mi ha sorpreso e affascinato del romanzo, quando per la prima volta fai la conoscenza di un mondo di orrore appartenente, però, all’apparente bellezza della creazione e della poesia.
Mi piace vedere il film come un racconto horror che parla del processo di creazione di una storia, della stessa storia, e di come la narrativa diventa poetica quasi senza che l’osservatore se ne accorga.
Mi piace come la storia diventa consapevole di sé a poco a poco, come se fosse un esercizio di metapoesia o metahorror.
Ogni film richiede un modo diverso di narrare, di affrontare la sua storia. In REC abbiamo mostrato una forma di narrazione che ha cercato di ricreare un’esperienza in tempo reale e far sentire lo spettatore all’interno del film, quasi come una parte di esso.
In un certo senso era un esperimento. La Settima Musa è un film più convenzionale, un modo classico di raccontare una storia. Penso che questo, per me, sia il modo naturale di farlo.
Tutto è venuto da un pomeriggio su una terrazza con Paco Plaza, portandoci una bibita e fantasticando su come realizzare un film davvero terrificante, che giocasse con la narrativa della diretta televisiva. L’obiettivo era trovare un modo per trasformare quel tipo di tecnica , di ripresa in tempo reale, in un esercizio di puro horror in tempo reale. Eravamo così entusiasti di questo presupposto che, alla fine, abbiamo deciso di provarci, sperimentare.
La saga è stata molto importante nella mia vita: ho dedicato quasi sei anni appassionanti, ho incontrato mia moglie durante questo processo, lei era il direttore del casting. Durante il processo di creazione della saga, abbiamo avuto due figli insieme. Se io e Paco non avessimo avuto il coraggio di realizzare quel primo film, i miei figli non esisterebbero.
Si, è stata una saga fondamentale per me ma… Nessuno dei miei due figli l’ha ancora visto.
No, però nella vita non si sa mai!
Penso che nel caso di questo genere, sia molto importante giustificare l’esistenza della fotocamera che racconta la storia, far capire allo spettatore il ruolo che essa assume. Credo che sia la chiave per far funzionare questo sottogenere dell’horror. E cosa è successo? Semplicemente in molti casi non è così!
Sì, penso sia possibile. Ma ci vorrà del tempo. Ho spesso fantasticato su questo tipo di esperienze. Chissà!