Basato sulla prima novella del terzo giorno del Decameron, The Little Hours adatta il racconto boccaccesco allo spirito comico americano odierno, avvalendosi di un cast esilarante e di un sano gusto per lo humour “sporco”.

Masetto da Lamporecchio si fa mutolo e diviene ortolano di un monistero di donne, le quali tutte concorrono a giacersi con lui.

Questo è il riassunto con cui si apre la prima novella della Giornata Terza del Decameron.

La storia, ambientata in territorio fiorentino e raccontata da Filostrato, è la fonte a cui si è ispirato lo sceneggiatore e regista americano Jeff Baena per il suo terzo lungometraggio: The Little Hours, presentato al Sundance Festival all’inizio del 2017 e poi uscito nelle sale americane a fine giugno, prima di debuttare a livello europeo nel concorso del Neuchâtel International Fantastic Film Festival.

 

Un film che, a prima vista, può far pensare a Decameron Pie, precedente tentativo di combinare l’opera boccaccesca e la comicità scurrile all’americana (con il contributo produttivo italiano di Dino De Laurentiis), ma che si discosta radicalmente da esso restando fedele a entrambe le aspirazioni, trovando un equilibrio più che gradevole che genera risate fin dall’inizio.

 

 

Adattando molto liberamente la novella di cui sopra, The Little Hours racconta un microcosmo fatto di frustrazioni e desideri repressi.

Adattando molto liberamente la novella di cui sopra, The Little Hours racconta un microcosmo fatto di frustrazioni e desideri repressi.

È qui che incontriamo le tre protagoniste femminili della vicenda, le suore Fernanda (Aubrey Plaza, già diretta da Baena, suo compagno nella vita reale, nella commedia zombie Life After Beth), Ginevra (Kate Micucci) e Alessandra (Alison Brie), quest’ultima costretta a vivere nel convento in attesa di trovare marito.

Le loro vite cambiano radicalmente con l’entrata in scena di Masetto (Dave Franco), costretto a rifugiarsi da Padre Tommaso (John C. Reilly) in seguito a una tresca con la moglie del suo signore, Bruno (Nick Offerman). Per evitare ulteriori problemi Masetto si finge sordomuto, uno stratagemma che però si rivela vano dinanzi agli impulsi carnali delle tre suore.

 

 

 

 

A questo gruppo principale si aggiunge un pugno di nomi noti in ambiente comico, soprattutto televisivo: negli improbabilissimi panni del vescovo Bartolomeo ritroviamo Fred Armisen, co-creatore e protagonista di Portlandia nonché veterano di Saturday Night Live, storica trasmissione dove si è fatta le ossa anche la strepitosa Molly Shannon, che interpreta la suora Marea.

Il padre di Alessandra ha le fattezze di Paul Reiser, protagonista maschile della popolare sitcom Innamorati pazzi, mentre Marta, la misteriosa amica d’infanzia di Fernanda, è Jemima Kirke, alias Jessa in Girls.

Infine, il povero Lurco, vittima dei soprusi verbali delle suore all’inizio del film, ha il volto dello sceneggiatore e regista Paul Weitz, il cui cameo ha un che di simbolico poiché è stato lui a reinventare la commedia pecoreccia all’americana nel 1999 con American Pie.

 

 

The Little Hours rispolvera il cosiddetto filone “decamerotico”, segnalando la propria irriverenza già nel titolo, un gioco di parole simpaticissimo e intraducibile.

The Little Hours rispolvera il cosiddetto filone “decamerotico”, segnalando la propria irriverenza già nel titolo, un gioco di parole simpaticissimo e intraducibile (bisogna partire dal presupposto che hours, “ore”, sia in realtà una variante arcaica di whores, “troie”).

Espande il mondo boccaccesco sfruttando la premessa di base per raccontare una storia più orientata al femminile (Masetto cede il ruolo da protagonista alle tre suore), con un delizioso miscuglio di satira sui rapporti tra i sessi, trovate erotiche non troppo spinte e, tramite la presenza inossidabile di Aubrey Plaza, una sana dose di turpiloquio che non stona con l’atmosfera medievale ricreata con fare verosimile ma al contempo sottilmente irreale.

 

 

Il film può quindi essere collocato nel contesto sempre più ricco delle commedie incentrate sulle figure femminili, con un equilibrio tripartito che si basa sull’unione delle forze principali delle tre attrici: la spudoratezza di Aubrey Plaza, la stramberia di Kate Micucci e la goffa sensualità di Alison Brie, il tutto sotto gli occhi amorevoli di Molly Shannon nei panni del mentore, sullo schermo e nella realtà.

La presenza maschile non è da meno, e anche qui Baena riesce a costruire l’operazione mescolando le caratteristiche vincenti dei suoi interpreti, che si tratti dell’aura minacciosa di Nick Offerman o del fascino da bambinone di John C. Reilly, all’insegna di un approccio che può ricordare l’improvvisazione alla Judd Apatow ma procede secondo un canovaccio molto preciso, ricco di sorprese che vanno oltre i confini narrativi del testo originale.

 

 

The Little Hours rielabora la materia boccaccesca con il giusto spirito giocoso e goliardico

The Little Hours rielabora la materia boccaccesca con il giusto spirito giocoso e goliardico, in nome di un libertà umoristica che si contrappone nettamente all’artificio stantio messo in scena in occasione dell’ultimo tentativo italiano, Meraviglioso Boccaccio dei fratelli Taviani.

È un film dove la scrittura e le interpretazioni interagiscono in modo frizzante e sorprendente, creando un’atmosfera a metà fra il filologico e il moderno, una storia a suo modo fuori dal tempo dove l’unica costante è l’allegria. Tra le rivelazioni comiche del 2017, sebbene per i puristi dell’opera letteraria alcune deviazioni linguistiche particolarmente sguaiate possano risultare eccessive.

 

 

The Little Hours non ha ancora una distribuzione e una data di uscita in Italia.