Bethesda e Arkane Studios ci portano nel background storico e nell’affascinante setting dell’atteso reboot di Prey.
Riportiamo un’interessantissimo approfonimento sulla storia alla base dell’atteso reboot di Prey e sul progetto della stazione spaziale Talos I in cui è ambientato il gioco, provando a vedere somiglianze e differenze con le stazioni spaziali reali.
Prima di lasciarvi alla lettura vi ricordiamo che Prey è in sviluppo presso Arkane Studios (Dishonored, Dishonored 2) e sarà pubblicato da Bethesda Softworks il 5 maggio 2017 in multipiattaforma, per PC, PlayStation 4 e Xbox One.
Background storico
La storia di Prey, il videogioco fantascientifico di Arkane Studios in uscita il 5 maggio 2017, è ambientata nel futuro, più precisamente nel 2032. Si tratta però di un futuro alternativo perché la storia, così come noi la conosciamo, è andata in maniera del tutto diversa.
Tutto inizia nel 1958 quando l’Unione Sovietica, impegnata contro gli Usa nella corsa allo spazio, lancia il satellite Vorona I che entra in orbita stabile al punto di Lagrange tra la Terra e la Luna iniziando a trasmettere la telemetria dello spazio profondo. Quando però, all’improvviso, cessano le comunicazioni, i responsabili del Programma Spaziale sovietico decidono di inviare sul posto una squadra di cosmonauti per indagare. Costatata l’assenza di problemi all’esterno del satellite viene dato ordine di penetrare all’interno. Quando però i cosmonauti entrano nel satellite una misteriosa forma di vita aliena e ostile si palesa in tutta la sua forza e violenza tant’è che nessuno riesce a sopravvivere. Il satellite viene abbandonato al suo destino e tutte le riprese video effettuate vengono secretate dal governo sovietico.
Un paio di anni dopo l’Unione Sovietica contatta gli USA per chiedere aiuto e bloccare la minaccia aliena. Nel 1963 questo accordo di cooperazione viene annunciato dai due presidenti, Nikita Khruscev e John, F. Kennedy che uniscono le loro forze contro la comune minaccia. Il risultato si concretizza nel varo del Programma Kletka con cui le due superpotenze realizzano una stazione spaziale orbitante intorno a quel che resta del Satellite Vorona I per contenere gli alieni e studiarli.
Sfuggito all’attentato mortale di Dallas in Texas il presidente Kennedy decide di prendere il controllo del Programma Kletka e nel corso dei successivi vent’anni gli USA ampliano la stazione spaziale trasformandola in una struttura di ricerca pienamente operativa pensata per studiare queste pericolose forme di vita aliena (chiamate Typhon) con l’intento di replicarne i poteri anche sugli uomini.
Un cedimento nella struttura di contenimento degli alieni, però, porta a una nuova tragedia con la morta di tutta l’equipe di ricerca. Il progetto viene così definitivamente congelato nel 1998. Nel 2030 la svolta. Una potente e ricca corporazione privata, la Transtar, diventa proprietaria del relitto della stazione spaziale e grazie alla sua tecnologia e alle sue risorse economiche bonifica completamente la struttura e la riporta operativa battezzandola ora Talos I.
Le ricerche sugli alieni Typhon e i loro poteri riprendono e in pochi anni raggiungono risultati che il governo americano non è riuscito a raggiungere in oltre un trentennio. La scienza è ora pronta a ridefinire il concetto stesso di essere umano ibridando le abilità speciali dei Typhon nel corpo degli uomini.
Una stazione spaziale art-decò
La Talos I immaginata e creata da Arkane Studios è profondamente diversa dalle stazioni spaziali reali come la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) realizzata sulla base di un progetto congiunto tra le agenzie spaziali di Canada, Europa, USA, Russia e Giappone.
Innanzitutto le sue dimensioni sono enormi ed è in grado di ospitare al proprio interno una vera e propria città autosufficiente.
Gli spazi sono ampi e non certo angusti e i membri dell’equipaggio e gli scienziati hanno a loro disposizione aree dedicate al relax con bar e addirittura una piscina. Se non fosse che ci troviamo nello spazio si potrebbe pensare di essere ancora sulla Terra. C’è infatti anche una sala cinema e un giardino ricco di piante ed essenze vegetali.
Nulla a che vedere con i corridoi stretti e pieni di cavi e apparecchiature che caratterizzano le stazioni spaziali reali, dove gli spazi sono sacrificati e i membri dell’equipaggio devono attrezzarsi a dormire in quelle che vengono chiamate “stazioni di sonno”.
Su Talos I poi, a differenza della ISS, la gravità è uguale a quella terrestre e le persone non sono costrette a muoversi galleggiando nello spazio. Sulla ISS, invece, proprio per evitare gli effetti negativi dell’assenza di gravità, gli astronauti devono passare almeno due ore al giorno a compiere esercizi fisici. Per loro ci sono due tapis roulant cui ci si deve agganciare tramite apposite corde, attrezzi per praticare il sollevamento pesi e anche una cyclette. L’attività fisica, dunque, è una necessità e non un passatempo.
Talos I, inoltre, presenta un design decisamente composito e stratificato. Le sue differenti sezioni, infatti, differiscono sia per il design, sia per l’estetica dal momento che sono state realizzate in anni differenti. Ci sono dunque aree costruite addirittura all’inizio degli anni Sessanta e facenti parti del progetto primigenio, cui si aggiungono sezioni costruite dai sovietici fino a quelle più moderne e tecnologiche.
Questo insolito mix dal sapore retro futuristico con rimandi talvolta evidenti agli stilemi dell’art-decò è lo specchio dei valori di quel futuro alternativo che gli sviluppatori del videogioco hanno delineato. Il tutto poi con un occhio di riguardo alle comodità e al lusso stravagante perché l’intento della Transar è stato quello di creare un ambiente in grado di attirare i migliori scienziati della Terra.