Il 9 Marzo arriva al cinema il claustrofobico Autopsy, il nuovo thriller horror del norvegese André Øvredal con protagonisti Brian Cox e Emile Hirsch, ambientato interamente in un obitorio.

Tommy Tilden è un esperto medico legale che gestisce, insieme al figlio, un obitorio in Virginia che va avanti da generazioni.

Il detto dice “non svegliare morto che dorme” (o quasi), ma nel caso di Autopsy Tommy Tilden (Brian Cox) e suo figlio Austin (Emile Hirsch), non possono tirarsi indietro dall’esaminare l’ennesimo corpo della giornata. Infatti, Tommy Tilden è un esperto medico legale che gestisce, insieme al figlio, un obitorio in Virginia che va avanti da generazioni.

Il macabro, e per nulla inquietante, lavoro dei Tilden prosegue indisturbato come sempre, quando una sera arriva un corpo da esaminare con urgenza.

Il cadavere appartiene a una ragazza di cui non si sa l’identità ed è stato ritrovato dalla polizia nella cantina di una casa in seguito a un pluriomicidio. Lo sceriffo Sheldon Burke (Michael McElhatton) ha fretta di sapere l’identità della ragazza. Quindi, padre e figlio sono costretti a fare le ore piccole.

Il cadavere di Jane Doe presenta un’anomalia molto particolare.

Il cadavere di Jane Doe (Olwen Catherine Kelly) presenta un’anomalia molto particolare: apparentemente  il cadavere è conservato in perfette condizioni, ma internamente la ragazza è per lo più smembrata, con ossa frantumate e organi ricoperti di cicatrici e bruciature.

Inutile dire che l’arrivo improvviso del corpo della sfortunata Jane Done è solo l’inizio di una serie di assurde anomalie che costelleranno la notte di lavoro di padre e figlio.

 

 

Autopsy

 

 

Elogiato da Guillermo del Toro e paragonato al primo Cronenberg da Stephen King, Autopsy è un thriller-horror dotato di un notevole impianto di suspense.

 

Storia molto semplice, a tratti potrebbe sembrare perfino banale usando i soliti escamotage riguardanti cadaveri, obitori, notti tempestose, ma il norvegese André Øvredal, come tradizione nordica insegna, sa sfruttare i pochi elementi in suo possesso per costruire una drammatizzazione efficace in grado di sorprendere perfino lo spettatore più navigato e scettico. 

Autopsy è un film che si costruisce passo passo, dal primo omicidio fino all’inquietante inquadratura finale, sul mistero. Una storia che vuole essere scoperta, sebbene il prezzo della conoscenza è molto caro.

 

Il film gioca su due ritmi differenti, ma armoniosi, entrambi, nella loro diversità

Il film gioca su due ritmi differenti, ma armoniosi, entrambi, nella loro diversità. Il primo è dettato dalla natura del film, ovvero essere un horror/thriller che punta più sulla suggestione della storia che sul vero effetto visivo. Abbiamo molte sequenze di non vedo dove, effettivamente, non appare nulla, ma l’esasperazione dell’attesa, dello scoprire cosa si nasconderà dietro l’angolo, porta lo spettatore in uno stato di ansia e angoscia.

Dall’altra parte abbiamo un ritmo cadenzato dalla stessa andatura con cui si effettua un’autopsia. Øvredal è maniacalmente preciso e scrupoloso nelle scene in cui a dominare sono gli strumenti da lavoro del personaggio di Brian Cox e di come viene effettuata l’analisi del corpo di Jane Doe.

 

Autopsy

 

Pezzo dopo pezzo, taglio dopo taglio, si aggiunge un tassello in più al nostro quadro, il quale inizierà a prendere una forma sempre più decisiva quando ormai, i due protagonisti, saranno in trappola.

Quella che potrebbe sembrare una cadenza temporale lenta, invece, è una rappresentazione veritiera del tipo di lavoro svolto dai due protagonisti. E la regia di Øvredal, molto elegante e misurata, riesce a creare una masochistica attrattiva da parte dello spettatore durante l’autopsia, pratica, nel generale, non particolarmente piacevole da guardare.

 

Autopsy non è uno splatter, quindi ogni movimento sul corpo di Jane Doe è dato da una meccanica di tipo medico

Autopsy non è uno splatter, quindi ogni movimento sul corpo di Jane Doe è dato da una meccanica di tipo medico, scientifico. Non c’è una profanazione violenta del cadavere. L’atmosfera ricreata dal regista è ricca di fascinazione e mistero, la stessa provata dai due protagonisti, in particolar modo Tommy Tilden che, anche quando il figlio Austin inizia a comprendere che qualcosa di estremamente pericoloso sta per accadere, vuole assolutamente andare a fondo e scoprire il mistero custodito all’interno della ragazza.

 

La dinamica viscerale usata per Autopsy è estremamente funzionale ed efficace.

 

Generalmente, negli horror e thriller di ultima generazione, storie molto originali tendono a perdersi nella loro parte centrale. Cavallo di battaglia di Autopsy è, invece, proprio un secondo atto estremamente serrato e ricco di avvenimenti concatenati l’uno all’altro e che seguono la logica della storia.

 

 

Autopsy – Clip Esclusiva

In esclusiva per Lega Nerd una clip tratta da Autopsy, il nuovo horror del registra norvegese André Øvredal con Emile Hirsch e Brian Cox. Dall'8 marzo al cinema.Autopsy (The Autopsy of Jane Doe) è un horror high concept dai risvolti sorprendenti e terrificanti. Ispirato per stessa ammissione degli sceneggiatori Richard Naing e Ian Goldberg a grandi classici come Il coltello nell’acqua e Repulsione, due film di Roman Polanski molto claustrofobici, AUTOPSY si svolge in un obitorio della Virginia dove due medici legali, padre e figlio, interpretati da Brian Cox e Emile Hirsch devono effettuare l’autopsia del corpo di una giovane donna dall’identità sconosciuta rinvenuto sulla scena di un pluriomicidio.#AutopsyIlFilm M2 Pictures

Posted by Lega Nerd on Friday, February 24, 2017

 

 

Non facile l’obiettivo posto dal regista che, comunque, gira l’intero film all’interno di un obitorio. Sicuramente ambientazione che da una parte facilità per l’atmosfera e la suggestione, dall’altra rischia di diventare ridondante e di non far funzionare totalmente la trappola mortale entro la quale sono posti i personaggi.

 

Autopsy è assolutamente un film claustrofobico e, una volta nella parte centrale più ricca, quindi il cuore della narrazione, fa entrare in apnea lo spettatore, senza farlo respirare per un bel po’.

 

Lo stringere i personaggi in luoghi grandi ma delimitati, l’assenza musicale nelle scene più intense dove il climax arriva al suo massimo, è tipico della regia nordica, che punta a una verosimiglianza con la realtà molto più efficace del solito mostro posticcio, effetto speciale, scena splatter.

Non ci troviamo di fronte a una rivoluzione per il cinema horror. L’idea di base del film è piuttosto basica. Tra la fine del secondo atto e l’inizio del terzo, la tensione viene smorzata parecchio e per un attimo si ha il sospetto che tutto venga risolto in modo troppo semplicistico. André Øvredal riesce comunque a consegnare allo spettatore un altro colpo di scena, risollevandosi dall’appiattimento delle ultime sequenze.

All’interno di un panorama cinematografico horror, basato molto sulla contaminazione di genere, Autopsy è un prodotto che sa farsi valere. Un film degno di questo genere che, con poco, sa come tenere sulle spine, e ben incollato allo schienale della sedia, lo spettatore.

 

Una bella boccata d’ansia per chi è facilmente suggestionabile, ma anche una chicca godibile per chi ha bisogno di atmosfere ben più ricercate e studiate.

 

Ottimo supporto dato al film è l’alchimia tra Brian Cox ed Emile Hirsch. Emozioni differenti interagiscono con i due protagonisti che arrivano, fino alla fine della pellicola, facendo un percorso interiore estremo.

Brian Cox è davvero incredibile. Nel suo personaggio si respira l’ossessione maniacale di una persona dedita al proprio lavoro e, al tempo stesso, anche la sofferenza interiore che, inevitabilmente, si riversa in parte sul figlio.

Emile Hirsch spicca generalmente per ruoli sempre molto borderline, o comunque di ragazzi ribelli, avventurosi, mentre in questo parte sembra essere quello più dedito al voler lasciar perdere, non approfondire un mondo dal quale potrebbe essere impossibile uscire.

 

 

I due attori reggono benissimo l’ora e mezza di film attraverso dei personaggi ben studiati e caratterizzati

I due attori reggono benissimo l’ora e mezza di film attraverso dei personaggi ben studiati e caratterizzati, attraverso i quali lo spettatore riesce ad accedere con più facilità alla storia.

La chiusura di Autopsy, semplice e giusta, porta a compimento il giro di un cerchio. Un cerchio, in realtà, infinito dove la storia, in un’ultima inquietante inquadratura, lascia presagire allo spettatore l’inevitabile destino di ripetersi.

 

Autopsy sarà nelle sale cinematografiche italiane dall’8 Marzo