Il 2 Marzo Maccio Capatonda torna al cinema con Omicidio All’Italiana, secondo film che lo vede non solo protagonista, ma anche regista di una commedia nera dove lo spettatore viene portato a fare il tour degli orrori di una società sempre più ammaliata dal macabro e dalla spettacolarizzazione della vita.
Dopo Italiano Medio, Marcello Macchia – in arte conosciuto come Maccio Capatonda – torna dietro la macchina da presa al cinema, questa volta con Omicidio All’Italiana, commedia nera con protagonisti gli ignoranti fratelli Peluria e il loro piano diabolico per rendere il piccolo centro urbano di Acitrullo, una “capitale” dell’orrore italiana.
Tornano alcuni personaggi della carriera di Maccio Capatonda interpretati da lui stesso o riscritti in forma differente ma con fulcro sempre lo stesso: mettere in evidenza i difetti della società italiana.
Maccio Capatonda fin dagli esordi fa della sua comicità una satira nei confronti degli italiani. Una critica, a volte grottesca, rappresentata attraverso situazioni demenziali e personaggi ai limiti della realtà che, nel loro paradosso, portano sempre a riflettere su tematiche molto attuali, spesso confluenti nell’attaccamento morboso ai media.
Quella di Maccio Capatonda è l’estremismo della nostra società filtrata dall’occhio dei media. Lo stereotipo è l’arma vincente dell’attore, ma riuscendo a essere sempre incredibilmente feroce e realista.
A volte penso di fare qualcosa di veramente estremo, poi mi rendo conto che la realtà supera la fantasia.
Afferma il regista/attore, durante la conferenza stampa tenutasi a Milano lo scorso 23 Febbraio, in cui Marcello Macchia ha avuto modo di spiegare qualcosa in più su Omicidio All’Italiana, molto più che una semplice commedia mirata alla mera risata.
Omicidio all’Italiana si apre fin da subito all’insegna del surreale e del paradosso, quando la stessa voce di Maccio Capatonda ci guida alla scoperta di questo nucleo sperduto chiamato Acitrullo.
Acitrullo è composto da 16 abitanti, dove l’età media è di settant’anni. Gli unici “eterni” giovani a essere rimasti sono il sindaco Piero Peluria (Maccio Capatonda) e suo fratello Marino (Herbert Ballerina). Quest’ultimo, però, continua a insistere sul volersi trasferire a Campobasso, “vera” capitale della movida e dalla modernità. Beh, se confrontata con Acitrullo rimasta indietro di almeno quarant’anni…
Piero non vuole però abbandonare la sua piccola ignorante “città”. Del resto, la stessa mentalità ristretta del pelosissimo sindaco gli impedisce di trovare idee funzionali alla modernizzazione di Acitrullo, nonché a rendersi conto dell’impossibilità di questo desiderio, considerando le condizioni disagiate del paesello.
Maccio non perde occasione per mettere il suo pubblico di fronte alle problematiche delle realtà sempre più provinciali. Se il paesino di Acitrullo vi potrà sembrare surreale con i suoi sedici abitanti, la realtà del paese che presta le sue vesti è ben più allarmante. Solo cinque abitanti “popolano” le stradine in salita e le case completamente inagibili dagli anni ’30 del piccolo insediamento.
Il “miracolo” per Piero e Marino avviene quando scoprono il cadavere della contessa Ugalda Martirio In Cazzati (Lorenza Guerrieri), filantropa – o come direbbe Piero Peluria licantropa – di Acitrullo e delle bizzarrie del suo sindaco. La morte accidentale della contessa porta a far partorire a Piero una folle idea: ammazzare la morta; cioè, far credere che la contessa sia stata uccisa, in modo da attirare l’attenzione mediatica tutto sul piccolo centro, per farlo risorgere come una nuova Cogne o Avetrana.
Da questo incidente scatenante capiamo quanto l’ironia di Capatonda si spinge fino ad arrivare alla triste e avvilente realtà di quella costruzione mediatica, speculazione su terrificanti tragedie, riguardanti vite innocente, sulle quali conduttori, tuttologi e carogne da reality show hanno costruito un impero.
L’idea si ricollega a una delle macchiette di Maccio, ovvero quella del reporter Oscar Carogna e la trasmissione Il Morto del Giorno in HD, che permetteva al pubblico da casa, sempre bisognoso di partecipare alla realtà dei fatti come se fosse in un gioco a premi, di scegliere chi fosse l’assassino attraverso il televoto.
Non troppo differente è la trasmissione dell’avvenente Donatella Spruzzone (Sabrina Ferilli), Chi L’Acciso?, un mix tra Chi l’ha Visto e il terrificanti teatrino pomeridiano di Barbara D’Urso, dove sono proprio i giornalisti, finti esperti, tecnici della televisione, a “risolvere” il caso, costruendo un vero e proprio show sull’omicidio.
A partire dalle immagini in esclusiva, interviste ai vicini, plastici e criminologi, Chi l’Acciso?non è altro che la sintesi di tutto ciò che siamo realmente abituati a vedere quando, tragedie simili, si consumano in centri urbani fino a quel momento sconosciuti ai più.
Maccio Capatonda ci da una panoramica molto intensa, tra personaggi iconici della sua carriera, botte e risposte con il collega e amico Herbert Ballerina, e ciniche verità in chiave sarcastica, di un’Italia tristemente schiava della continua fiction.
Se in Italiano Medio il comico metteva alla berlina l’individuo medio e la sua folle ossessione verso i social, in Omicidio all’Italiana l’attore/regista punta il dito contro una società cinica e apatica nei confronti delle tragedia quotidiane, capace di osservare la realtà come se fosse all’interno di una serie televisiva, senza empatizzare con la tragedia in sé per sé ma con la foga di chi, davanti a del junk food e coca cola, non vede l’ora di scoprire chi sia l’assassino.
La morbosità dello spettatore è come un cane che si morde la coda, e questo i media lo sanno e ci giocano sopra.
Afferma Capatonda, che continua col dire:
L’idea del film nasce qualche anno fa, ma era da tempo che pensavo a una critica nei confronti della cronaca nera. All’inizio volevo far qualcosa che facesse unicamente ridere, basato solo sulle gag. Successivamente ho iniziato a lavorare su una storia molto più concreta che attingesse dalla realtà dei fatti.
E non è affatto dettato dal caso come Maccio dipinga la stampa e l’opinione pubblica all’interno di questo film. Sempre più affamati, violenti e privi di alcuni rispetto.
Un terremoto che si insinua all’interno della vita degli altri, senza tener conto (o rendersi conto) di trovarsi di fronte a degli esseri umani, ma spazzando tutto via al proprio passaggio.
La parola terremoto, in questo caso, è proprio emblematica. Maccio non riunisce solo gli eclatanti avvenimenti di Erba, Cogne e Avetrana, tragedie sulle quali ci sono ancora miriadi di speculazioni, fa leva anche sui recenti fatti di Amatrice.
La stampa è ben peggio di un terremoto e spazza via tutto come se fosse un terremoto. Al suo passaggio la terra trema e nessuno può fare niente per impedirgli di sfogare la loro insaziabile fame di notizia fresca ed esclusiva.
Sotto l’occhio inquisitore della sua satira nera, Capatonda mette giornalismo, televisione, mode odierne, giovani annoiati e lobotomizzati dalla tecnologia. Ironizza anche sulla serialità e il suo modo, nella critica e non, di rendere “figa” la criminalità.
E alla fine della giostra non importa quale sia la verità, non importa chi sia stato l’assassino o quale sia il movente. Ciò che davvero conta è dare allo spettatore qualcosa di molto meglio di uno show. Qualcosa sul quale fare congetture, ipotesi. Empatizzare con una storia trattata come materiale da film, dalla quale viene strappato via qualsiasi appiglio reale.
Quello che passa dentro la televisione diventa puro intrattenimento. A quel punto, la verità non conta più.
In questo caso emblematiche sono le parole della “dottoressa” Spruzzone, che in questo teatrino di ironia, battute e divertisment, sono una breccia nel fulcro della questione, facendo trattenere per un attimo il fiato allo spettatore e sbattendogli in faccia quanto di tutto quello che sta scorrendo sullo schermo della sala è estremamente reale.
Omicidio all’Italiana non sarà di certo la commedia dell’anno, eppure Marcello Macchia riesce a distinguersi per un lavoro estremamente genuino, di gran lunga superiore a Italiano Medio, e che sul finale riesce addirittura a sorprendere con una svolta degna di un giallo più old school.
Una commedia che di certo non brilla per l’estrema originalità della storia o per una sceneggiatura solida, ma che riesce ad andare dritto alla meta e regalare attimi di spensieratezza e profonde riflessioni sulle questioni sollevate.
Marcello Macchia riesce a mettere a segno il colpo duro, ammantato dal paradosso dei suoi personaggi demenziali, nei confronti di una società incapace di provare dei sentimenti, ma schiava di tutto ciò che il medium televisivo filtra attraverso il suo occhio ingannevole e dove, anche quando i buoni vorrebbero portare un po’ di giustizia, si rendono conto che cedere alla convenienza sia l’unica via da poter seguire.
Omicidio all’Italiana sarà nelle sale cinematografiche italiane dal 2 Marzo.