La Festa delle Fidanzate: Il racket dei biglietti d’auguri

Approda su Netflix Bob Odenkirk (il Saul Goodman dell’universo Breaking Bad) con un medio metraggio della stessa durata di Bambi (Disney, 1942) ma per fortuna non rattristerà nessuno. Il film lo ha scritto e prodotto – è bene ricordarlo – così come è lecito supporre che verrà ricordato per una  interpretazione malinconica e a dirla tutta in linea con i suoi lavori più recenti.

Lasciamo da parte Bambi per un momento e prendiamo invece un Saul Goodman meno subdolo, più abbattuto, meno ambizioso, e sicuramente più onesto. Questi sono i tratti che condurranno lo squattrinato Ray, un famoso scrittore di biglietti d’auguri che ha fatto il suo tempo, a ritrovare lo spirito combattivo che contraddistingue l’avvocato del Nebraska nello spin-off Better Call Saul: per amore del lavoro e per amore dell’unica donna no matter what.

Un Saul Goodman più abbattuto ritroverà lo spirito combattivo per amore dell’unica donna no matter what.

Ecco, ora vi siete fatti un’idea parziale di quello che vi aspetta, ma non è finita qui. Occorre catapultare il personaggio in una realtà dove chi svolge il suo lavoro è tanto rinomato da poter inaugurare una nuova festività, il Girlfriend’s Day.  Viene infatti indetto un concorso che andrà a selezionare il miglior augurio per la nuova ricorrenza, con tutti i ritorni commerciali e politici del caso.

 

Breve nota bersaniana. Circa il nome della festa-e-titolo del film va trovato istericamente il pelo sociodiscutibile nell’uovo egualitario?

In un primo momento puzzava di ingenuità sessista: bastava chiamarla giornata delle coppie, mi son detto. Col senno di poi la pellicola si è rivelata tutto uno sfruttare la parodia di alcuni cliché del noir con fievoli spruzzate di Tarantino e dei Coen, andando a maturare infine una visione pur sempre made in Usa ma più universale e quindi esportabile di quella iniziale. E così, se nell’incipit – cioè nel punto più basso della sua carriera – Ray rammenta le poetiche gesta da intellettuale seduttore aka apritore di cosce, nella parabola che segue dovrà sfidare una intera Gotham nel tentativo di ristabilire la pace interiore propria e di tutti gli abitanti che vogliano festeggiare la cosiddetta festa delle fidanzate senza assassinii non strettamente richiesti.

Il protagonista è un Bruce Wayne col blocco del (super)scrittore

Non a caso ho parlato dei natali di Batman. Prima di tutto per accattivarmi i lettori (o inimicarmeli), e secondariamente perché il protagonista – in crisi di mezza età post divorzio – è un pò un Bruce Wayne abbandonato dagli affetti e col blocco del (super)scrittore.

Al posto del maggiordomo inoltre abbiamo un’altra conoscenza direttamente da Albuquerque, l’attore Steven Michael Quezada (il partner del cognato di Walter White) qui nei panni del padrone di casa sempre pronto a riscuotere l’affitto e ad aggiungersi alla ben nutrita lista di comparse bizzarre presenti nel film (come dimenticare Footshit, il dolce senzatetto combattente, o il duo ex nazi che crede nel motto “nessuno è migliore di qualcuno”).

Non che il nostro Bob ne avesse bisogno. Con il suo aplomb tiene sempre alte le aspettative comico-drammatiche, e anche se la tensione non si scioglie in una vera e propria risata l’effetto umoristico è una certezza.

 

Dopo Bambi, Breaking Bad, Better Call Saul e Batman non mi tratterrò dall’appoggiarmi sull’ennesima B maiuscola

nonché ulteriore chicca di similitudine. Infatti ho vissuto La festa della fidanzata come un episodio speciale di Black Mirror. Dopotutto la scrittura è una delle più grandi tecnologie di tutti i tempi. E come molte tecnologie ha i suoi risvolti(ni) distopici: l’industria degli haiku all’americana si rivela una ragnatela mafiosa cosparsa di scagnozzi di ogni travestimento e filosofia di vita, femmes fatale redente, nasi ri-rotti e svenimenti causati perlopiù da traumi cranici.

Ognuno gioca per sé e alla sana competizione dei singoli, nell’ambito del concorso letterario, si sostituisce il pizzo ricattatorio delle grandi marche. Per queste ragioni è onnipresente in varie accezioni una massima dei giftcard writers in cui parrebbe snodarsi la trama:

non scrivere mai per chiunque, scrivere sempre per qualcuno..

una frase mitica e più complessa delle apparenze, infatti Ray, per recuperare il gift che lo ha reso celebre e per sfoderare a distanza di anni il meglio dei suoi batarang cartacei, dovrà mettersi nella sua egida e attualizzare il senso di essere un romantico. E noi con lui.

 

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