Quel Bravo Ragazzo: demistificare la mafia con la risata

Quel Bravo Ragazzo

Chi lo ha detto che della mafia se ne deve parlare solo in toni seri e drammatici? Enrico Lando e Herbert Ballerina portano al cinema con Quel Bravo Ragazzo, un modo molto più comico e ironico di vedere la mafia, giocando sullo sketch, la gag e lo stereotipo.

Lo abbiamo visto sempre come spalla di Marcello Macchia – in arte Maccio Capatonda – ma Luigi Luciano – conosciuto ai più come Herbert Ballerina – decide di tornare sul grande schermo con un film tutto suo, curando le vesti di un personaggio nuovo e scrivendo una storia particolare, accompagnato dalla regia di Enrico Lando.

Luigi Luciano si cimenta con Quel Bravo Ragazzo in un progetto che lo vede coinvolto fin dall’inizio nella stesura e definizione dei personaggi. Un progetto che lo appassiona e nel quale ha voluto metterci il 100% di se stesso, cercando di sperimentare anche un tipo di approccio diverso dal solito. Per questo motivo che alla regia viene chiamato Enrico Lanco, un regista che di comici provenienti dalla televisione se ne intende.

Dopo il duo Mandelli e Biggio con I Soliti Idioti e Pio e Amedeo, Enrico Lando affianca Ballerina in un film che diverte il giusto, dove la classica famiglia mafiosa viene stereotipa, al fine di demolire totalmente ogni elemento drammatico, e l’azione si muove a suon di gag e battute.

Ma chi è Quel bravo ragazzo? Leone è un ragaz… no, anzi Leone è un uomo di 35 anni con la sindrome di Peter Pan. Un ragazzone cresciuto in orfanotrofio e allevato dal prete (Maccio Capatonda) del convento del piccolo paesino nel quale si trova.

 

Quel Bravo Ragazzo

 

Chierichetto per scelta, svampito per vocazione.

Chierichetto per scelta, svampito per vocazione. Leone è la faccia più semplice, ingenua e genuina delle persone. Qualcuno che osserva il mondo con occhi innocenti e che, quindi, vive tutto come se fosse un gioco, non riuscendo a scorgere la parte più malata.

Il caso vuole che Leone sia il figlio di un potente boss mafioso siciliano che, in punto di morte, decide che Leone sarà il suo erede. Leone è totalmente inadatto al ruolo di boss, ma l’avvocato Enrico Greco (Ninni Bruschetta), pur di tener fede alle volontà del boss, costringe i due compari Vito (Tony Sperandeo) e Salvo (Enrico Lo Verso) a trasformare Leone in un capo dei capi.

Fin da subito la sensazione di trovarsi di fronte a un Johnny Stecchino 2.0 è molto vivida. Leone è totalmente l’opposto di un mafioso e il suo modo ingenuo di approcciarsi alla vita non gli permette di vedere in quale gabbia di leoni sia finito.

Un mondo dominato dal denaro sporco, dal sangue, droga e lotta al potere. In tutto questo non manca ovviamente la polizia, rappresentata da una squadra antimafia con dei valori molto particolari, che non ci penserà due volte a sfruttare l’ingenuità di Leone.

E nella squadra fa la sua comparsa Sonia (Daniela Virgilio) una donna molto caparbia e coraggiosa, incapace però a gestire la sua relazione clandestina con il capo della sua stessa squadra.

Leone, invece, nel suo non essere così drammaticamente imperfetto riesce a fare breccia nel cuore della donna, che pur mantenendo la sua posizione, riesce comunque a riflettere sulla sua stessa vita e sulle possibilità di scelte che le si sono finalmente aperte. E già questo ci ricorda un po’ il rapporto molto particolare tra il Dante di Benigni e la Maria di Nicoletta Braschi.

 

 

Quel Bravo Ragazzo

 

 

Johnny Stecchino è tra i miei film preferiti e sicuramente, nella stesura di questo personaggio, lo avevo in mente, ma non ho voluto ricalcare troppo il personaggio di Leone su quello di Dante, anche perché sicuramente avrei fatto una figuraccia. Come dico sempre, nei miei personaggi mi piace mettere molti elementi che arrivano direttamente dalla commedia e dal teatro napoletano di Totò ed Edoardo De Filippo.

Afferma Herbert Ballerina durante la conferenza stampa romana che si è tenuta il 14 Novembre presso il Cinema Adriano, alla presenza di tutto il cast e del regista Enrico Lando.

Al di là del personaggio di Leone, che in parte ricorda anche alcuni delle maschere tipiche di Ballerina, come per esempio Fernandello, se c’è un elemento che salta subito all’occhio in Quel Bravo Ragazzo è proprio quello rappresentato dalla mafia.

Simpatica e intelligente l’idea di usare tre attori siciliani come Lo Verso, Sperandeo e Bruscetta, conosciuti soprattutto per i loro ruoli seriosi nei film di mafia.

In questo, invece, c’è una totale destrutturazione del personaggio.

In Quel Bravo Ragazzo gli attori sono stati chiamati a interpretare ironicamente dei personaggi seri, giocando – per forza di cose – con i classici cliché e stereotipi del mafioso cinematografico e televisivo.

Ridere della mafia è sicuramente un modo molto giusto e bello per poterla combattere.

Afferma Enrico Lo Verso, interprete del personaggio di Salvo, un serial killer a sangue freddo… vegetariano.

 

 

Quel Bravo Ragazzo

 

 

Contrasti. Binomi. Altri elementi caratterizzanti la pellicola di Ballerina e Lando, Quel Bravo Ragazzo, che sembra voler essere sempre di più un ritratto ironico su tutte le contraddizione della nostra società come, nel paradossale, non aver problemi a uccidere esseri umani per lavoro ma non mangiare per nessuna ragione al mondo animali e derivati.

E questi piccoli elementi di contraddizioni li troviamo in tutti i personaggi, tranne in quello di Leone che rassomiglia, sempre di più, all’essere più puro e innocente.

Tanti buoni propositi e idee particolari per Quel Bravo Ragazzo ma che, come purtroppo accade per tutti quei film di attori figli della televisione e dello sketch di pochi minuti, non riesce a mantenere viva la soglia dell’attenzione e del divertimento per un’ora e mezzo di pellicola.

Quel Bravo Ragazzo è sicuramente tra i film più riusciti appartenenti a questo genere, ma che, dopo le classiche gag – alcune anche un po’ telefonate – non riesce più a sorprendere lo spettatore, perdendo quella originalità e brillantezza con il quale era partito.

 

 

Quel Bravo Ragazzo

 

 

ci troviamo di fronte a prodotti dall’interessante nucleo ma che nel loro sviluppo non riesco ad essere altro che un loop di sequenze già viste.

Così come era già accaduto a I Soliti Idioti, ad Ale e Franz e lo stesso Maccio Capatonda con L’italiano medio, ci troviamo di fronte a prodotti dall’interessante nucleo ma che nel loro sviluppo non riesco ad essere altro che un loop di sequenze già viste e che perdono la loro intensità.

Una comicità votata più al no sense, al mettere insieme una serie di sequenze collegate tra di loro da una trama piuttosto semplice ma che si muove solo attraverso l’interazione volutamente sopra le righe dei personaggi.

Un film da sabato sera, adatto a un target ampio e che riesce almeno ad aver quel briciolo di inventiva e originalità in più rispetto allo stantio Zalone del primo dell’anno, ma che purtroppo continua a confermare l’impossibilità per gli attori italiani da sketch comedy di portare avanti una pellicola cinematografica.

 

Quel Bravo Ragazzo sarà nella sale cinematografiche italiane dal 17 Novembre.

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