Dishonored 2 è finalmente arrivato, scoprite come ci è sembrato leggendo la nostra recensione.
Dishonored 2 è il seguito ufficiale dell’apprezzatissimo Dishonored, uscito quattro anni fa su Xbox 360 e PlayStation 3. Un titolo che inizialmente non ha destato molto scalpore, vista anche la sua giocabilità estremamente particolare, ma tanto raffinata da renderlo una delle produzioni più apprezzate della scorsa generazione videoludica.
Come spesso accade in questi casi, l’hype per il sequel ha iniziato subito a farsi sentire e le aspettative su questo secondo capitolo della saga sono altissime.
I ragazzi di Arkane Studios saranno riusciti a confezionare il prodotto che i fan si aspettano da anni? Per scoprirlo continuate nella lettura della nostra recensione.
La versione da noi testata per la recensione del titolo, pubblicato da Bethesda, è quella per Xbox One (di cui trovate di seguito il rimando all’unboxing della Collector’s Edition).
Ad ogni modo vi ricordiamo che il titolo è disponibile anche per PC e PlayStation 4 a partire dall’11 novembre 2016.
La trama di Dishonored 2 ci porta ben quindici anni dopo le vicende narrate nel primo gioco e, dopo un’introduzione che riassumerà le vicende di Dishonored e della peste di Dunwall, ci catapulta in un tutorial facoltativo nei panni di Emily, la nostra nuova protagonista, guidata da suo padre, Corvo Attano (vecchia conoscenza di chi avesse giocato il primo capitolo).
A causa di un colpo di stato, l’imperatrice è costretta a scappare lasciando così il potere nelle mani di Dalilah Kaldwin, sorella di Jessamine. Il prologo del gioco fornisce una sorta di infarinatura generale anche per chi non avesse giocato il primo capitolo della saga (anche se chi scrive vi consiglia caldamente di giocarlo prima di avventurarvi in questo seguito) ma ci introduce anche fin da subito ai nuovi nemici che mirano a gettare la corona nel caos e ad importantissimi comprimari quali Meagan Foster.
Non ci dilunghiamo oltre nel parlare della trama così da evitare spoiler di sorta, concluso il prologo comunque ci verrà data un’importante possibilità. Una delle novità più rilevanti di Dishonored 2 è infatti la possibilità di giocare sia nei panni di Emily Kaldwin che di Corvo Attano. Una scelta che sarà irreversibile per l’intera run del titolo. C’è sia un riscontro narrativo, che in termini di gameplay nel scegliere l’uno o l’altro personaggio, come sicuramente potrete immaginare. La scelta ci da accesso a poteri magici specifici singolarmente per tutti e due i protagonisti.
Chi avesse giocato il primo Dishonored sarà di certo tentato subito dal selezionare Corvo Attano, scoprendo un personaggio più maturo e cresciuto rispetto al primo titolo. Per certi aspetti egli è anche più cinico e scontroso, a causa delle esperienze maturate nella vita. Lo stile di gioco se deciderete di usare Corvo sarà più improntato all’azione, al combattimento.
Emily Kaldwin è invece un personaggio decisamente più indicato per azioni stealth e per movimenti rapidi e silenziosi. Se preferite giocare in questa modalità è senz’altro molto più indicato e variegato come personaggio, fermo restando che il titolo comunque richiede di usare un approccio più stealth che aggressivo. Fare inutili carneficine infatti renderà molto più arduo portare a termine la trama, ma resta comunque una scelta in più per il giocatore.
Inoltre la figura dell’Esterno è presente anche in questo secondo capitolo di Dishonored, e ci donerà la facoltà di gestire le abilità speciali concesse dall’Oblio. Viene data al giocatore però anche la possibilità di rifiutare i doni dell’esterno, aumentando esponenzialmente la vena hardcore del gioco senza disporre dei poteri nel corso della vostra avventura. Ad ogni modo, sebbene non vi siano differenze tali da rendere le due run completamente distinte, l’escamotage dei due protagonista aumenta il fattore rigiocabilità.
Parlando di gameplay in senso più stretto, Dishonored 2 ripropone la formula vincente che in tanti abbiamo apprezzato già nel primo capitolo. Lo fa arricchendo il gameplay in modo molto convincente, dando al giocatore tanti strumenti che egli potrà impiegare a seconda del proprio stile di gioco. Lo fa, però, osando troppo poco forse.
Lo stile di gioco che adotteremo andrà ad influire sul Caos e influenzerà tanto i personaggi e le condizioni della nuova regione di gioco, Karnaca, quanto sul finale che sbloccherete. Il livello di difficoltà è ben bilanciato e gestibile a seconda dei vari approcci di gioco, ma per quanto ve ne sia la possibilità la componente action del titolo resta ancora molto basilare e in questo senso i ragazzi di Arkane Studios avrebbero potuto osare maggiormente proprio sfruttando in maniera più divisiva le caratteristiche dei due protagonisti.
Al netto di un intelligenza artificiale talvolta non troppo “intelligente” e delle lievi mancanze in termini più action, il gameplay di Dishonored 2 risulta comunque solido ed appagante, soprattutto se giocate in stile stealth. Anche per quanto riguarda il potenziamento dei poteri e il feeling complessivo, sono stati fatti enormi passi avanti e questo secondo capitolo della saga ne riconferma il punto più alto finora raggiunto per un puro stealth game.
Dishonored 2 racconta una storia affascinante, che unisce il passato ed il futuro in tinte acquarello in un’ambientazione tanto suggestiva quanto vasta. Le mappe infatti sono bellissime e valorizzano molto l’esplorazione del titolo.
Le scelte artistiche, in generale, contraddistinguono lo stile della serie e lo rendono uno dei più ricercati ed intriganti attualmente in circolazione. Scelte artistiche sia in campo visivo, che in campo sonoro, che si declinano decisamente bene anche con il gameplay del gioco.
Peccato solo per il livello tecnico non proprio altissimo, che penalizza in parte la fruibilità non tanto della giocabilità, quanto proprio del lato artistico del titolo. Oltre alle polemiche di rito che si sono scatenate per la versione PC, anche la versione Xbox One da noi testata ha qualche evidente problema tecnico. Talvolta le texture risultano in bassa risoluzione sugli elementi degli scenari esterni e sono spesso ricche di blur.
Il dettaglio generale risulta poi leggermente inferiore se paragonato con altre produzioni del periodo fine 2016 in cui il titolo va a collocarsi per la vendita. Ciò nonostante si tratta di sole pecche tecniche e qualche mancata occasione in termini di gameplay che non vanno certo ad inficiare in maniera così pesante un’esperienza di gioco totalmente da promuovere.