Ritornano in questa edizione rimasterizzata per PC, PS4 e Xbox One i tre titoli della trilogia che ha segnato per sempre il mondo dei videogiochi: Bioshock.
Bioshock: The Collection è stato rilasciato da 2K Games e Blind Squirrel Games per PC, PlayStation 4 e Xbox One il 16 settembre 2016 (chi possedesse le versioni originali su PC dei giochi potrà gratuitamente effettuare un upgrade alla versione rivista).
La collection comprende le edizioni rimasterizzate della trilogia di Bioshock, dallo storico primo capitolo uscito originariamente nel 2007, passando per Bioshock 2 uscito nel 2010, fino ad arrivare a Bioshock Infinite del 2013, i quali videro la luce tutti e tre rispettivamente sia su PC che su PlayStation 3 e Xbox 360.
Tre titoli che hanno rivoluzionato i canoni della narrazione videoludica nella scorsa generazione, tra dialettiche orwelliane, mutazioni, Art déco e utopie oggettiviste. Scoprite nella nostra recensione quanto può essere piacevole il tornare a mettere piede tra Rapture e Columbia su current gen.
La versione del gioco da noi testata per la recensione è quella PlayStation 4.
Partiamo con l’analizzare la versione della collection dell’originale Bioshock, intramontabile pietra miliare della storia dei videogiochi firmata da Ken Levine. Le vicende del protagonista prendono luogo nell’affascinante e misteriosa ambientazione sottomarina di Rapture, dove si troverà a fronteggiare la decadenza di quella che doveva essere l’utopia definitiva. Il gioco inizia in medias res, con un aereo che precipita sull’Atlantico il cui unico sopravvissuto è per forza di cose il nostro anonimo protagonista.
Nuotando letteralmente in un mare di fiamme egli riesce ad arrivare in un faro, al cui interno troverà un ascensore per Rapture. Ascensore che resta un luogo topico, dove per la prima volta sentiremo il messaggio di propaganda di Andrew Ryan (personaggio plasmato sulla figura di Ayn Rand) che decanta il pensiero e le potenzialità di una società di eletti, una società che non è schiava di ideologie politiche nè religiose, di pregiudizi e contraddizioni, una società che mette al centro l’uomo con tutta la sua capacità di trascendere i limiti che le altre, normali, società gli impongono.
Ovviamente il sogno di Andrew Ryan si è infranto, e al momento del nostro arrivo a Rapture ci troviamo di fronte alle rovine di quello che doveva essere e dobbiamo lottare per uscire incolumi dagli incontri con gli abitanti, ormai folli zombie mutati geneticamente dall’Adam, di cui anche noi diventeremo per forza di cose fruitori (si tratta della sostanza alla base dei plasmidi grazie ai quali saremo in grado di utilizzare poteri sovrannaturali). A darci del filo da torcere ci saranno anche i temibili e iconici Big Daddy, difensori delle Sorelline, e tutti gli intrighi tra i vari personaggi con i quali il nostro protagonista entrerà in contatto nella storia.
Oltre alla trama e alle ambientazioni uniche ed affascinanti, ciò che ha reso grande Bioshock è senza dubbio il gameplay: una crasi ben bilanciata di diversi generi, dalloi sparatutto in prima persona, all’action adventure, finanche in parte ai giochi di ruolo. Nella sua versione rimasterizzata chi ha già apprezzato il titolo potrà godere del suo comparto artistico al top della forma, con una pulizia generale ottima e il più significativo aumento, tra i tre giochi, di qualità di risoluzione e frame per second.
Bioshock 2 è sicuramente il capitolo meno amato della saga, e questa disaffezione non la si può biasimare più di tanto alla luce di evidenti problemi del titolo. Uscendo con tre anni di distanza da quello che era già diventato un must have della scorsa generazione, Bioshock 2 prova a bissare il successo del suo predecessore riprendendo l’ambientazione di Rapture, ma non riesce ad arrivare alle vette allegoriche di quella storia vissuta attraverso gli occhi di un anonimo protagonista, mero avatar del giocatore.
Qui vestiamo i panni di un Big Daddy, il nemico più iconico già conosciuto nel primo capitolo, ma questo espediente non basta ad ovviare a una trama senza mordente, ove si sente l’assenza del tocco di Ken Levine.
Bioshock 2 è stato infatti sviluppato da 2K Marine e non da Irrational Game, ed è apparso a conti fatti come un appesantimento non necessario di una storia come quella del primo capitolo che trovava già piena realizzazione in esso. L’edizione rimasterizzata resta però di gran lunga apprezzabile per il lavoro svolto sotto il profilo tecnico, e nonostante non brilli da un punto di vista narrativo, Bioshock 2 saprà comunque divertire chiunque abbia amato la struttura di gameplay peculiare della serie che qui trova sicuramente la sua espressione più rifinita e curata.
Nell’edizione del gioco presente nella collection sono inoltre disponibili i DLC (Minerva’s Den e Protector Trials), è stata invece rimossa la componente multiplayer.
Fatto tesoro del feedback negativo ricevuto col secondo capitolo, sempre a distanza di tre anni (quasi a scandire un po’ alla volta l’arco generazionale della scorsa gen di console) è la volta del capitolo conclusivo della trilogia: Bioshock Infinite.
Completamente slegato dai primi due capitoli, Bioshock Infinite ci porta via dalle profondità marine di Rapture per catapultarci a Columbia, una città sospesa tra le nuvole. Qui avranno il via le vicende del detective Booker The Wit e di Elizabeth.
Per riportare quest’ultima a New York, Booker dovrà affrontare tutte le avversità che Columbia ha in serbo per entrambi, una meravigliosa scelta artistica quella di ricreare una sorta di paradiso tra le nuvole, dove però nulla è come sembra.
La trama di Bioshock Infinite è forse ancor più intrigante e complessa di quella del primo capitolo, e si declina in una serie di assurdi intrecci da cui si evince un ritorno al timone dello sviluppo del padre della serie, Ken Levine.
La scelta di abbandonare Rapture, i toni e le tematiche dei primi due giochi è tanto audace quanto azzeccata per conferire al terzo capitolo la sua dimensione. Qui trovano spazio altri importantissimi temi da analizzare, dal razzismo alla violenza alla dimensione onirica, e il tutto è trasportato in un’atmosfera estremamente steampunk che ha risvolti originali e di grande spessore anche in termini di gameplay, sebbene resti grossomodo quello che si ha modo di conoscere ed apprezzare fin dal primo Bioshock.
Nella versione della collection di Bioshock Infinite sono inoltre presenti anche gli spettacolari DLC di questo capitolo (Burial at Sea episodio 1 e 2, Clash in the Clouds e il pacchetto Columbia’s Finest). Tecnicamente, vuoi per l’ottimo livello che il titolo presentava già nella scorsa generazione, il terzo capitolo è quello in cui il lavoro di restauro della collection si avverte effettivamente meno.
Insomma, in Bioshock: The Collection a beneficiare di un boost tecnico sono più che altro il primo e il secondo capitolo, ma anche Infinite viene esaltato in tutta la sua bellezza. Se chi ha già giocato i titoli su PC si approccia alla collection, avendone già fruito magari con una macchina di livello medio-alto, non vedrà chissà quale cambiamento.
La versione PC può però vantare ulteriori opzioni grafiche tra cui anche il supporto alla risoluzione 4K.
La vera differenza la vedranno coloro che si apprestano a giocare Bioshock: The Collection su PC, PlayStation 4 o Xbox One dopo averli giocati originariamente su PlayStation 3 o Xbox 360.
Qui il lavoro di remaster, soprattutto in termini di illuminazione e pulizia, appare davvero in maniera notevole. Ovviamente ciò fornisce anche un ottimo impatto a chi magari gioca la trilogia di Bioshock per la prima volta in questa versione, unica nota negativa è in effetti che alcuni bug presenti nelle edizioni originali si ripresentano allo stesso modo qui, ma essendo davanti ad una remastered e non ad un remake è un qualcosa che ci si poteva aspettare.
Bioshock: The Collection in definitiva è assolutamente consigliato sia a chi abbia giocato la trilogia in passato per ritornare a Rapture e Columbia, sia ai nuovi giocatori che vi si avventureranno per la prima volta in questa edizione tecnicamente rivista e migliorata.
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