Forse non tutti se ne sono resi conto, ma il 2016 è stato un anno molto importante per la saga di Resident Evil. Volete sapere il perché? Scopritelo in questo approfondimento.
Cosa succede a Raccoon City e dintorni? Mica tanto – risponderebbero alcuni – da qualche anno a questa parte, e anche gli ultimi eventi forse meglio fingere che non ci siano stati. Ma ci sono stati ed è importantissimo analizzarli per capire quale sia il futuro di una saga che, tra alti e bassi, annovera più di una mattonella portante nella storia dei videogiochi.
Di certo non dico nulla di nuovo ai fan della saga sottolineando che il passaggio dalla sesta alla settima generazione di console abbia rappresentato un punto di non ritorno per la saga di Capcom, un punto dopo il quale le cose, si sapeva, non sarebbero più tornate le stesso di un tempo.
Ma non tutti i cambiamenti sono negativi, e salvo qualche spin-off a volte anche ben riuscito (si pensi ai Revelations), la software house nipponica ha volutamente lasciato passare qualche anno prima di annunciare un quanto mai sorprendente Resident Evil 7: Biohazard.
Ma facciamo qualche passo indietro e cerchiamo di osservare nel complesso cosa abbia portato a questa scelta e le varie operazioni compiute da Capcom grazie alle quali, come dicevo anche nell’introduzione. questo 2016 è stato davvero un anno prolifico per il brand Resident Evil (o quanto meno lo è stato molto più dei precedenti).
Come avrete intuito mi sto riferendo all’operazione di rimasterizzazione dell’intera saga, o quasi, per l’attuale generazione di console. Tutto (ri)comincia nel 2015, se vogliamo essere onesti.
A gennaio dello scorso anno infatti viene rilasciata una versione rimasterizzata della versione GameCube dell’originale Resident Evil, quello ai tempi noto come Resident Evil Remake, anche per PC, PlayStation 4 e Xbox One.
Vuoi per una reale mancanza di concorrenti in un periodo in cui le attuali console faticavano ad avere line-up degne di questo nome, l’edizione remastered del remake del capolavoro di Shinji Mikami si rivela ancora una volta un ottimo affare per mamma Capcom.
Passa quasi esattamente un anno e, a gennaio 2016, questa generazione di console vedere arrivare nel proprio parco titoli anche Resident Evil 0, anch’esso originariamente esclusiva GameCube, poi rivisto già in varie salse, vende talmente bene che la software house ufficializza di essere al lavoro su un remake ex novo di Resident Evil 2 (uno dei capitoli più amati di sempre dell’intera saga) e che in breve tempo anche gli altri capitoli sarebbero arrivati su PlayStation 4 e Xbox One.
Così è stato, con un lodevole silenzio da parte dei detrattori medi delle edizioni remastered (forse ormai stanchi dopo tre anni di guerre sul web), e con una particolare pubblicazione a ritroso degli altri capitoli di Resident Evil, arrivati a settembre 2016 chi non avesse giocato mai prima d’ora ai capitoli canonici della saga, potrà farlo comodamente sul suo PC o sulla console di attuale generazione che ha collegato alla tv del proprio salotto.
Il 29 marzo 2016 è stata rilasciata la versione rimasterizzata di Resident Evil 6, sicuramente uno dei capitoli più controversi e meno apprezzati della saga, partendo da una buona base di lavoro come la versione PC del gioco per rimetterlo a nuovo anche su PlayStation 4 e su Xbox One. Il 28 giugno 2016 invece è stata la volta di Resident Evil 5, forse il miglior titolo di quelli convertiti in termini di benefici della pulizia grafica generale e, per concludere il ciclo, è arrivato anche Resident Evil 4, precisamente il 30 agosto 2016.
Tutti e tre i giochi restano in tutto e per tutto godibili come le versioni originali e, laddove presenti, contengono anche già tutti i DLC che sono stati rilasciati nel corso del tempo, ma l’impressione che mi hanno dato è stata di un lavoro più frettoloso rispetto a quanto fatto con Resident Evil e Resident Evil 0. Sebbene in questi ci fossero anche da riadattare i comandi e da dare una svecchiata a ogni texture dei titoli, l’impressione per le edizioni rimasterizzate del quarto, quinto e sesto capitolo è che abbiano giusto reso tutto più fluido e portato la risoluzione a 1080p.
Ovviamente però sono difetti che saltano subito all’occhio per chi, con sguardo critico, si va a rapportare con titoli che ha verosimilmente già giocato in passato. L’obiettivo di Capcom è invece quello di avvicinare alla saga anche nuovi giocatori, permettendo loro di rivivere tutta la storia principale di Resident Evil (eccezion fatta per il secondo e il terzo capitolo, per ora) anche sull’attuale generazione videoludica. Quest’obiettivo si può dire raggiunto appieno, ed è dunque arrivato il momento di guardare avanti, al futuro di Resident Evil.
Intercettare i cangianti gusti del consumatore non è certo semplice, e ho più volte riflettuto su come avrei orientato il lavoro su un nuovo capitolo di Resident Evil, se fosse stata una mia responsabilità. Da amante della saga fin dal suo inizio, la risposta di chi scrive non è di certo quella della maggioranza oggi. Per quanto le edizioni del primo capitolo e di Resident Evil 0 abbiano riscosso un enorme successo su PlayStation 4 e Xbox One, è forse perché la spia della nostalgia si è accesa nel cuore di molti giocatori d’annata.
Ma il survival horror è un genere che nel tempo è mutato notevolmente e, oggi, non può più basarsi sul modello dei primi Resident Evil. Lo stesso padre della saga, Shinji Mikami, ha provato di recente con il suo The Evil Within ad usare la classica formula per un prodotto che nasce oggi, e per quanto – ve lo posso assicurare – The Evil Within sia un capolavoro, non ha venduto poi quel che ci si poteva aspettare. Dove indirizzarsi allora?
Con Resident Evil giochi anche con un nome molto conosciuto, un brand che potrebbe piacere a moltissimi giocatori ma che ne ha già una corposa fetta di potenziali scontentati da un altro capitolo più shooter e meno survival. La risposta a tutti i problemi che, come dicevo sopra, persino io avrei avuto fossi stato al posto degli sviluppatori di Capcom, è arrivata insperatamente da un “rivale”: Hideo Kojima. Quello stesso Hideo Kojima che ha spaccato in due il mondo dei videogiochi con una demo chiamata P.T. ridisegnando il concetto stesso di videogioco horror. Quello stesso Hideo Kojima che ha chiuso i ponti con Konami, che ha a sua volta cancellato il progetto di Silent Hills per cui P.T. nasceva.
E se l’eredità di P.T. non fosse destinata a risiedere in Death Stranding bensì in Resident Evil 7? Del nuovo lavoro di Kojima in realtà non sappiamo nulla se non quanto intravisto all’E3 nel trailer di presentazione, ma sempre all’E3 2016, sul palco di Sony, abbiamo visto anche (e finalmente, aggiungerei) questo Resident Evil 7: Biohazard. Una sorpresa per chiunque, il Resident Evil “post P.T.” in soggettiva, claustrofobico, inquietante, macabro.
Non abbiamo di certo rivisto Chris Redfield, nè Leon Scott Kennedy, nessuno dei personaggi storici che nel corso dei capitoli abbiamo imparato a conoscere. Capcom ha rincarato la dose dopo aver mostrato questo trailer, ha infatti sottolineato che il protagonista del gioco sarà un uomo comune, nessuno dunque dei soliti noti.
Insieme al trailer è stata rilasciata anche la demo Beginning Hours (disponibile gratuitamente sul PlayStation Store di PlayStation 4) e una criptica dichiarazione circa la compatibilità del titolo con PlayStation VR (feature di cui si saprà qualcosa più nello specifico a ridosso, quanto meno, del lancio del visore a ottobre).
Sembra dunque chiaro quale sia il taglio che Resident Evil intraprenderà per il futuro, al di là di ogni scetticismo sono personalmente curioso e soddisfatto di questo Resident Evil 7 (di cui sappiamo ancora pochissimo) più di quanto non lo sarei stato di rivedere la faccia di Chris o di Leon nel trailer d’annuncio del settimo capitolo canonico di una saga che amo.
Il punto, credo, per cui in tanti si sono innamorati di Resident Evil, sono le sensazioni e la genuina paura che chiunque proverebbe giocando per la prima volta al primo capitolo, per il senso di inquietudine del girare tra i corridoi della villa o i vagoni del treno.
Questo pathos si è perso nel tempo, in favore dell’immediatezza del gameplay da shooter e di una sempre più articolata narrazione.
Forse la nuova formula potrà restituire al brand Resident Evil la sua originaria forza e il suo fascino.
E voi, cosa ne pensate?