Si è conclusa lo scorso 31 Luglio la serie Preacher, trasposizione del celebre fumetto anni novanta di Garth Ennis e Steve Dillon, realizzata dagli attori, sceneggiatori e registi Seth Rogen ed Evan Goldberg per l’AMC.

Aveva fatto il suo debutto lo scorso 22 Maggio con un pilot veramente adrenalinico di cui abbia già parlato. A suon di botte, alcool e religione, Preacher si è presentata come una serie con moltissime premesse positive.

 

Tra le serie più discusse e attese dell’anno, Preacher si era fin da subito conquistata la sua fascia di seguaci ma anche di haters accaniti, indispettiti dalla molte differenze con il fumetto.

Sembrava, in effetti, di trovarci di fronte a un predestinato, e forse non siamo poi così fuori rotta. La parola predestinato è sicuramente centrale all’interno di tutta la stagione di Preacher, con focus particolare per quanto riguarda proprio questo finale di stagione, Call and Response.

 

Preacher

 

 

 

Ricapitolando

Jesse Custer (Dominic Cooper), ex delinquente da quattro soldi, dopo essere tornato nella sua piccola cittadina, Annville, deciso più che mai a continuare la missione da predicatore del padre, si ritrova coinvolto in un gioca in bilico tra le forze del bene e del male.

Genesis, frutto della profana relazione tra un angelo e un demone.

Una misteriosa forza, Genesis, frutto della profana relazione tra un angelo e un demone, si impossessa di lui, conferendogli un potere simile a quello di Dio. Tra i tanti tentativi, Jesse è proprio il predestinato per essere l’involucro perfetto di Genesis.

Genesis, però, nasconde degli oscuri segreti. Essendo la perfetta parte tra bene e male, le sue parole hanno diverse sfumature. Jesse, nonostante i continui avvertimenti ricevuti da due “agenti federali”, gli angeli custodi di Genesis,  si renderà conto a sue spese di quanto ambiguo e letale possa essere questo potere.

 

 

Preacher

 

 

Eppure Genesis ha scelto proprio lui, ed per questo motivo che la sua fede ha bisogno più che mai di un confronto diretto con Dio. A maggior ragione vuole trovarsi proprio faccia a faccia con l’Onnipotente per poter capire e salvare l’intera Annville ricca di infedeli e personaggi bizzarri.

Genesis in questa serie funge un po’ da jolly, deus ex machina capace di sovvertire l’ordine degli avvenimenti e capovolgere le regole. Non è raro che Seth Rogen ed Evan Goldberg facciano ricorso proprio a quest’entità nei momenti più spigolosi della vicende.

L’aspettativa che accompagna questo finale di stagione si fa ancora più interessante e consistente.

L’aspettativa, infatti, che accompagna questo finale di stagione, ma che comunque è stata ben presente per tutto lo sviluppo della serie, si fa ancora più interessante e consistente. Call and Response porta il desiderio di scoperta dello spettatore al limite, concentrandosi inizialmente sulle storyline secondarie formatesi nel corso della stagione.

Tulip (Ruth Negga) e Jesse si ritrovano finalmente a fare i conti in sospeso con Carlos, ombra che aleggia sul passato dell’ex coppia e che spinge Tulip a tornare ad Annville con la speranza di riportare Jesse sulla cattiva strada; il vampiro Cassidy (Joe Gilgun) deve fare ancora una volta i conti con sé stesso, ritrovandosi a fungere da “coscienza” per lo sceriffo Root, ossessionato (o sollevato) dalla scomparsa del figlio Eugene, soprannominato da tutti Arseface; gli abitanti di Annville si troveranno finalmente faccia a faccia con quel Dio che, forse, non li ha così dimenticati, eppure la realtà non è sempre quello che ci si aspetta.

 

Preacher

 

Un finale di stagione che riconquista terreno e che, a modo suo, chiude la maggior parte delle sotto-trame per poter portare a nuovo livello la trama principale, la quale ha una chiusura molto più aperta che riconduce a una seconda stagione.

La missione di Jesse ha inizio proprio da questo momento finale, e con lui ci saranno anche Cassidy e Tulip, facendo rientrare la storia totalmente sulla carreggiata, o quasi, del fumetto.

Ma c’era davvero bisogno di una stagione di ben 10 episodi per poter introdurre il vero inizio di Preacher?

 

 

 

 

Tirando le somme

Le vie del signore sono infinite, ma anche quelli degli showrunner non scherzano.

Per quanto la serie possa distaccarsi dal fumetto, in linea di massima il mood dei personaggi viene piuttosto rispettato e il look con il quale si presentata Preacher è davvero accattivante e originale.

Le ciniche, diffidenti e polverone lande del Texas si sposano perfettamente con l’atmosfera di continua ricerca sulla quale gira la trama. E, sicuramente, questo è il pezzo forte della serie e sulla quale questa prima stagione si è appoggiata di più, riuscendo a compiere il suo arco narrativo.

Rispetto al suo episodio pilota, indubbiamente preludio di moltissimi avvenimenti, Preacher ha fatto non poca fatica a decollare, spesso restando incartato sui suoi stessi avvenimenti.

La struttura è particolarmente appesantita da passaggi molto ridondanti che hanno sempre bisogno di troppo tempo per mandare avanti l’azione. Questo gioca davvero a sfavore per quanto riguarda il ritmo della storia. Partenze convincenti, finali esplosivi ma la parte centrale davvero faticosa da digerire.

Si sapeva fin dall’inizio che Preacher non sarebbe stata una serie facile. Le tematiche sulle quali si fonda, la ricerca di se stessi e di Dio, la differenza tra il bene e il male, tra cosa sia davvero giusto e cosa sbagliato, non sono certo delle più semplici da realizzare senza scivolare nel banale.

 

 

Preacher

 

 

In particolar modo con il personaggio di Jesse è un continuo dondolarsi tra libero arbitrio e predestinazione

In particolar modo con il personaggio di Jesse è un continuo dondolarsi tra libero arbitrio e predestinazione. Un andare prima contro tutti, poi contro se stesso e poi contro Dio, fino alla folle decisione di cercare davvero questo Dio sperduto per il mondo.

Dominic Cooper se la cava piuttosto bene nei panni del nostro predicatore, riuscendo sempre a tenere testa alla sfide che gli si prospettano.

Il vero problema di Preacher sono i troppi personaggi, troppi elementi che più di una volta fanno perdere e confondere lo spettatore. C’è sempre un alone di caos, troppe volte giustificato con trovate metanarrative che sanno più di escamotage.

Non si riesce davvero a seguire la serie con raziocinio. Si ha la continua sensazione di aver perso qualcosa nell’episodio precedente, di non aver fatto abbastanza attenzione. Tutto questo, inevitabilmente, rallenta moltissimo il ritmo di tutta la costruzione, la quale per buona meta sembra ancora preparare il campo.

Dopo il sesto episodio la serie inizia a prendere un paio di svolte, sempre però mostrando enorme fatica nell’andare avanti. Negli ultimi due episodi, in particolar modo il decimo, riesce a svilupparsi con un respiro più ampio, pur comunque con i suoi difetti.

 

 

Preacher-Ruth-Negga

 

 

Gli attori che più si distinguono sono, ovviamente, i co-protagonisti della serie, Ruth Negga (Tulip) e Joe Gilgun (Cassidy).

Ruth Negga si dimostra essere una grandissima attrice

Ruth Negga si dimostra essere una grandissima attrice, sebbene il suo personaggio sia stato piuttosto massacrato dai fan per essere stato davvero sconvolto rispetto al fumetto. Eppure questa Tulip non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Bella, agguerrita e letale. Il suo slang texano è fantastico, e l’interpretazione della Negga è davvero superlativa.

L’arco di sviluppo di Tulip è tra i migliori di tutti. La vediamo mutare, covare la sua vendetta e poi trovarsi di fronte a una scelta. Un involucro forte ma che nasconde una dolce fragilità tenuta per bene sottochiave. Un gran bel personaggio, a prescindere dai suoi cambiamenti e colore di pelle.

Se c’è qualcosa di davvero perfetto in questa trasposizione televisiva, bene quello è Cassidy. Joe Gilgun riesce davvero a dare vita, a trecentosessanta gradi, a un personaggio eclettico, eccentrico, folle e disturbante.

 

Preacher

 

Cassidy è tutto questo e anche di più. Marcio dentro e al tempo stesso tra i più “puri” di Annville. Una vera e propria guida. Un personaggio del quale non se ne può fare a meno per tutta la serie e con il quale si empatizza moltissimo. Davvero un gran bel lavoro per Gilgun che non si è lasciato per nulla sfuggire questa ghiotta occasione.

Non male l’accoppiata Deblanc (Anatol Yusef) e Fiore (Tom Brooke)

Non male l’accoppiata Deblanc (Anatol Yusef) e Fiore (Tom Brooke), una sorta di Stanlio e Olio del paradiso, che provano davvero a farle tutte per poter riportare Genesis nella sua scatola.

Piuttosto scialba, invece, la mamma single e organista Emily Woodroow, interpretata da Lucy Griffith. Personaggio che non sembra avere arte o parte, messo più per contorno e rinforzo ad alcune scene di Jesse o Tulip. Poco sviluppato e privo di una natura propria.

 

Preacher

 

 

 

In conclusione

La prima stagione di Preacher possiamo definirla come un vero e proprio prologo, soprattutto dopo la sua chiusura apocalittica (ma anche di convenienza). Dieci episodi – un po’ tantini per un prologo di questo tipo – destinati a introdurre il vero inizio dei giochi, e la caccia a Dio come da fumetto, per Jesse, Cassidy e Tulip.

Sicuramente gli ostacoli non saranno pochi. Jesse ancora non lo sa, ma qualcuno, direttamente dall’Inferno e con molta poca voglia di socializzare, è deciso più che mai a farlo fuori.

Sebbene le aspettative non siano proprio soddisfatte, e l’andamento della prima stagione è stato molto altalenante, Preacher è un prodotto che può dare, se gestito meglio, veramente molto.

 

Preacher
I motori si scaldano. Le speranze si riaccendono. Una seconda stagione per Preacher gliela “vogliamo” concedere!