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Dall’1 al 3 giugno si è tenuta a Faenza la quarta edizione di Kerning Conference, l’evento italiano dedicato al design tipografico.

Era il maggio del 2013 quando ci siamo trovati per la prima volta, quasi dal nulla, nello scenario a prima vista improbabile di un bel vecchio cinema, nel centro storico di una cittadina di provincia romagnola, per una conferenza sulla tipografia digitale di livello internazionale: una serie di esperti di design tipografico e di sviluppo front-end si alternavano sul palco del Cinema Sarti di Faenza, in una sorta di mini-TYPO Berlin dall’atmosfera rilassata e accogliente, al contempo un’occasione di formazione, un ritrovarsi fra nerd di tipografia e design, e una vacanza.

 

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La prima edizione doveva essere una tantum, ma tre anni dopo siamo tornati per la quarta volta al Kerning e, per la quarta volta, Kerning non ha deluso. Ogni anno la conferenza internazionale di tipografia di Faenza si fa più matura, consapevole, orientata al design in tutte le sue forme. Rispetto a quella prima edizione, Kerning Conference si è scrollata di dosso l’iniziale influenza della sorella maggiore From The Front (la due giorni bolognese dedicata a UX design e sviluppo front-end) e ogni anno si fa più sofisticata nella quantità – ferma restando la qualità – degli approcci al discorso tipografico: dalla progettazione di caratteri tipografici digitali alla storiografia della tipografia classica, dal visual design alla comunicazione politica, dalla calligrafia al design editoriale.

 

 

 

Kerning, i workshop

Maneggiare le lettere, che siano caratteri mobili in legno o piombo o informazioni matematiche in un computer, è prima di tutto un’arte applicata, concreta e manuale.

 

Un’ottima affluenza di allievi.

Anche quest’anno Kerning si è aperto con due giornate di laboratori pratici, premiati da un’ottima affluenza di allievi che l’1 e 2 giugno 2016 hanno riempito le sale messe a disposizione dalla Biblioteca Comunale di Faenza, Palazzo Naldi e la piccola ma bellissima Antica Stamperia.

 

Sumner Stone

Sumner Stone è un designer californiano di enorme esperienza non solo nel design tipografico, ma anche nella calligrafia e nel disegno manuale delle lettere. Il suo workshop di due giorni ha condotto gli allievi in un percorso di studio e digitalizzazione della scrittura manuale, la cui personalità, ritmo e carattere possono essere preservate anche in una forma digitale.

 

 

Davide Mottes

Nella sala accanto Davide Mottes, editorial designer di IL, il bel mensile del Sole 24 Ore, ha illustrato l’intero processo creativo di una rivista, dalla definizione del timone all’impaginato finale, in un workshop impegnativo, molto pratico, dai ritmi serrati e, in ultimo, estremamente soddisfacente per tutti i team coinvolti, che hanno realizzato e stampato la propria rivista di 16 pagine.

 

 

Francesco Poroli

Sempre di editoria si è trattato con Francesco Poroli, art director e illustratore apprezzato in tutto il mondo, ma questa volta dal punto di vista dell’illustratore e del percorso creativo che porta dalla commissione alla pianificazione, realizzazione e pubblicazione delle illustrazioni editoriali.

 

 

Antica Stamperia Faentina

Infine, quello che letteralmente è stato il workshop nel workshop: il laboratorio di letterpress (la stampa col torchio e i caratteri mobili in legno e piombo) tenuto nello stesso complesso del cinema Sarti, sede di Kerning Conference, dove si trova il laboratorio dell’Antica Stamperia faentina, una bottega storica dell’Emilia-Romagna che custodisce ancora oggi una bella collezione di caratteri mobili e macchine da stampa.

 

 

 

 

Kerning, la conferenza

Il 3 giugno è stata la volta della conferenza, presentata con verve e competenza, come ogni anno, da Simone Wolf.

 

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Jonathan Barnbrook

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Apre l’edizione 2016 Jonathan Barnbrook, dando da subito la misura del livello molto alto degli interventi della giornata.

Jonathan Barnbrook ha realizzato il progetto grafico degli album The Next Day e ★ (Blackstar) di David Bowie

Barnbrook, designer britannico tra i più noti al mondo, è anche un attivista ed esordisce sul palco del cinema Sarti parlandoci di suoi lavori di political design, come la visual identity del progetto Dismaland di Banksy (il tetro parco divertimenti allestito temporaneamente in uno stabilimento balneare abbandonato sulla costa inglese) e la mostra Disobedient Objects allestita al V&A Museum di Londra. Ciò che rende lo speech di Barnbrook imperdibile per ogni designer in sala è il suo racconto di due progetti eccezionali, condotti per il suo cliente più noto: David Bowie, per cui ha realizzato il progetto grafico degli album The Next Day e ★ (Blackstar).

 

 

Doctrine, fu disegnato appositamente per la campagna promozionale del disco.

Uscita nel 2013, la campagna di comunicazione e l’identità visuale di The Next Day lavorano sul sovvertimento di vecchie e iconiche copertine di dischi di Bowie, “censurate” da una pecetta bianca, quadrata, con il titolo The Next Day stampato in un asciutto carattere bastone (si chiama Doctrine, fu disegnato appositamente per la campagna promozionale del disco e, nel suo font sheet – il campione tipografico che dà indicazioni sui corpi, i pesi e l’uso del font – era mostrato su immagini del dittatore nord coreano Kim Jong-il).

Specularmente, i poster della campagna promozionale del disco, nei mesi precedenti l’uscita, furono affissi nelle strade di Londra e New York sopra ad altri poster, “censurando” le affissioni pubblicitarie di celebri beni di consumo. La stessa ricerca di sintesi e semplicità in un lavoro estremamente complesso caratterizza Blackstar.

 

 

 

Marta Bernstein

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Il secondo speech della giornata è di Marta Bernstein, giovane type designer italiana, che ricostruisce un viaggio lungo un secolo attraverso l’Italia del diciannovesimo secolo.

La storia della tipografia italiana di quel secolo è meno illustre di quella inglese, francese o tedesca, ma non per questo meno interessante.

 

 

In particolare, Bernstein ricostruisce le vicende dell’arte tipografica italiana negli anni dimenticati tra due momenti noti: l’opera di Giambattista Bodoni e l’affermarsi dell’industria tipografica moderna con la Nebiolo di Torino.

 

 

 

Richard Rutter

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Richard Rutter di Clearleft non riesce a stare lontano da Faenza, come dice lui stesso in apertura del suo speech.

il 99% del webdesign è materia tipografica.

Ha partecipato alla prima edizione di Kerning nel 2013, dopodiché è tornato come uditore e quest’anno, come speaker a ribadire come chi si occupa di web design non possa prescindere dall’avere anche un’educazione in tipografia: il 99% del webdesign è materia tipografica, dice Rutter mostrando screenshot di (brutte) pagine di testo quasi completamente prive di immagini tratte da Wikipedia o Google.

 

 

Rutter si concentra poi su due usi contrastanti della tipografia: l’interruzione, il testo su un manifesto pubblicitario che attira e arresta la nostra attenzione e l’immersione, la qualità di un carattere tipografico e del layout di pagina che migliora la nostra esperienza di lettori, consentendoci di entrare nella lettura di un testo con facilità e buonumore.

 

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Mark Simonson

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Ma cosa fa esattamente un designer di caratteri tipografici? Come è passato dal riprodurre col legno e col piombo le forme della scrittura manuale a disegnare lettere con curve e punti su un computer? Come guadagna dal suo lavoro? E come evolverà la tipografia digitale, che ormai è già in giro da 40 anni?

Mark Simonson, designer del noto Proxima Nova.

Sono alcune delle domande che pone e a cui risponde Mark Simonson, designer del noto Proxima Nova, nel suo speech sulle origini del moderno progettista di caratteri tipografici. Si parla di nuovo di storia della tipografia, questa volta con una carrellata di 500 anni, da Gutenberg alla stampa offset e al digitale.

 

 

L’intervento di Simonson potrebbe essere un avvincente punto di partenza anche per i neofiti, per comprendere le origini dei “vestiti delle parole” che sono le lettere che leggiamo su carta e su monitor; ma è ugualmente affascinante anche per il pubblico di professionisti in sala che, per lo più, non ha mai vissuto direttamente, per questioni anagrafiche, i giorni analogici dei caratteri mobili o della fototipografia.

 

 

 

Luca Barcellona

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Luca Barcellona è uno dei più noti e apprezzati calligrafi italiani, quest’anno è stato l’autore della t-shirt della conferenza (tornata a essere molto bella, dopo un’edizione sottotono) e della locandina dell’edizione.

Il titolo dell’intervento è leave your mark without a pause e in effetti Barcellona si esercita in calligrafia tutti i giorni da dieci anni. Come si può mantenere viva la passione per quello che si fa, quando l’arte che ami diventa di fatto il tuo lavoro? Barcellona ha iniziato con i graffiti e, dice, ogni writer è potenzialmente un calligrafo: l’interesse per le lettere e la loro forma, l’occhio allenato al riprodurle in scala dal foglio alla parete, i tag che creano texture come se la scrittura fosse pittura…

 

 

In qualche modo, nel suo racconto il passaggio dal writing allo studio della calligrafia classica sembra un’evoluzione naturale, resa ancora più interessante dalla possibilità di reinterpretare con strumenti moderni una tradizione antica. Sotto lo stile e la coolness, c’è sempre una qualità zen, qualcosa di meditativo e spirituale nelle star della calligrafia – l’ho notato in Barbara Calzolari (che ha partecipato a Kerning con un workshop di corsivo spencerian nell’edizione 2015) e Barcellona non è da meno:

scrivere è spirituale, puoi perderti tra gli spazi come se stessi meditando

racconta parlando del suo lavoro sul murales calligrafico di Dynamo, il deposito di biciclette a Bologna.

 

 

Un suo progetto ha accostato calligrafia e arti marziali, Sho-do in giapponese è la via della scrittura e su questa via ci si può smarrire; ma la cosa importante non è scrivere una lettera bellissima e metterla in mostra, ma ciò che ti accade mentre lo fai:

scriviamo col bianco e col nero, non in nero su bianco, scrivete con passione e gustatevi il viaggio senza preoccuparvi di dove state andando.

 

 

Mark Boulton

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Mark Boulton vive in Galles, ma è nato a Manchester e trasuda un umorismo iperattivo da inglese del nord.

Conoscete Manchester?
Ecco una foto.
Somiglia un po’ a Winterfell: piove sempre, tutto è in bianco e nero, ci sono i bruti…

 

Il suo speech è il più divertente di questa edizione e uno dei più godibili e interessanti, nonostante tratti di un compito ostico: progettare sistemi di design in ambienti difficili e in situazioni complesse, che tengano conto dei problemi dei problemi reali del web design, problemi che riguardano non solo le ecnologie a disposizione, ma anche i contenuti da veicolare e le persone che interagiscono con i contenuti come fruitori o creatori.

 

 

L’esempio pratico che Boulton porta alla platea è un cliente di una certa complessità: il CERN, il più grande laboratorio di ricerca nucleare al mondo, per cui lo studio di Boulton ha creato nel 2011 il redesign dell’intero sistema di presenza online, dal sito pubblico rivolto a un’audience generalista ai gestionali interni, alle reti di dati per ricercatori.

 

 

 

Gerry Leonidas

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Gerry Leonidas è un ricercatore e formatore, direttore della scuola di tipografia e typeface design dell’Università di Reading, un punto di riferimento internazionale per chi studia tipografia.

In apertura del suo speech si definisce:

Sono uno che non fa niente: parlo, galleggio e osservo le cose.

A Kerning 2016, Leonidas osserva in particolare come la tipografia sia data per morta ogni qual volta un’innovazione tecnologica sostituisce la precedente:

la fotocomposizione/il computer/i mobile/TypeKit/Google Fonts/Monotype […] Ucciderà il type design.

 

 

In realtà la tipografia è più viva che mai e oggi se ne parla più che mai tra designer, sviluppatori, comunicatori (persino in conferenze internazionali in deliziose cittadine di provincia italiane!): risorge come uno zombie, ma per comprenderne la rilevanza occorre riflettere su come si trasforma nel tempo la fruizione delle informazioni e come mantenere il design tipografico ed editoriale efficace nel nuovo contesto, per esempio nella progettazione dei testi scolastici o delle testate giornalistiche cartacee e su web.

 

 

Sumner Stone

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La chiusura di questa edizione è lasciata a Sumner Stone, art director e type designer di esperienza straordinaria, che di nuovo si riallaccia all’origine concreta e manuale del design tipografico.

A partire dalle capitali romane disegnate a pennello e poi incise nella pietra nelle antiche iscrizioni, passando dalle prime scritture corsive, eseguite con uno stilo sulla cera o con una penna su papiro, arrivando ai pixel dei caratteri bitmap e alle forme geometriche vettoriali dei caratteri digitali. Ciò che accomuna tutte queste esperienze nel disegno di una lettera, è il gesto di tracciare un segno, l’outline, il trasmettere movimento dalla mano alle forme.

 

 

È una conclusione molto dotta e al contempo appassionata a un’edizione di Kerning Conference che forse è stata la più eclettica e completa dagli esordi, quella che ha mostrato una varietà e profondità di approcci al discorso tipografico.

 

 

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Ci vediamo al prossimo Kerning!

Report a cura di Roberta RoRo Romagnoli
Foto di Pasquale Code2 Belvito