La rappresentazione del mostro di Frankenstein al cinema

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All’interno della cinematografia horror, ci si è da sempre concentrati sulla figura del mostro di Frankenstein, dandogli differenti interpretazioni e rendendolo protagonista di una filmografia davvero considerevole. Paul McGuigan, invece, vuole “sdoganare” il mito e concentrare tutto sulla figura dell’eccentrico dottore, portando al cinema, dal 7 Aprile, il film Victor – La storia segreta del Dottor Frankenstein, con James McAvoy e Daniel Radcliffe.

Non molto tempo fa, avevamo analizzato la figura del morto vivente – colui che torna alla vita dopo la morte – e dei suoi passaggi tra letteratura e cinema, attribuendo gran parte del merito di quella creazione proprio alla Creatura dell’autrice Mary Shelley.

 

Una delle osservazioni sulle quali ci si è più soffermati è che, in fondo, Frankenstein non è proprio quell’abominio mastodontico privo di intelletto che, più volte, la cinematografia ha voluto passare, e proprio per questo la figura moderna, quella nata degli anni ’70, dello zombie di George Romero se ne distaccata.

 

 

La creazione

Frankenstein, o il moderno Prometeo, viene scritto tra il 1816 e il 1817 da Mary Shelley, futura moglie del famoso poeta Percey Shelley.

Il “mostro” nasce una famosa notte di tempesta, dove quattro amici, Shelley e consorte, Lord Byron e John Polidori, per sopperire al tedio si cimentarono in una sfida in cui li vedeva coinvolti nella creazione di un racconto dalle tinte horror.

La vincitrice indiscussa fu proprio Mary, la quale, dopo essere stata spronata dal marito, creò un vero e proprio romanzo dal quel famoso piccolo racconto nato per gioco, il quale vide la sua prima pubblicazione nel 1818.

Il nome del romanzo, e quindi anche della creatura, deriva direttamente dal suo creatore, il giovanissimo dottor Victor Frankenstein.

Victor è un giovane medico, appassionato di scienza, storia e filosofia, che cresce felicemente nella campagna Svizzera. La sua vita viene totalmente scossa dalla morte della madre. Da quel momento Victor è ossessionato da unico obiettivo: creare un essere umano intelligente, in perfetta salute e dalla vita eterna.

 

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Come accade sempre in questo tipo di storie, il genio sfocia nella follia. Le mire di Victor vogliono arrivare a toccare il lato più oscuro, quasi malefico della scienza, e lo conseguenze di questo suo sconvolgimento “dei piani divini”, avrà non poche ripercussioni su se stesso e sui suoi cari. Non a caso, il sottotitolo del romanzo è proprio Prometeo, alludendo all’aspirazione degli scienziati di poter fare qualsiasi cosa.

Mary Shelley unisce, infatti, le due versioni greco e romane

Mary Shelley unisce, infatti, le due versioni greco e romane, della leggenda di Prometeo: la prima, raffigura Prometeo come un titano ribelle che vuole salvare l’umanità; la seconda, il Prometeo di Ovidio che creava esseri umani dalla creta. Destino e creazione, due tra i temi più importanti che incorrono all’interno del romanzo.

La Creatura da sempre sognata da Victor, ha un aspetto mostruoso. È deforme, goffa e, inizialmente, priva di intelligenza se non simile a quella di un bambino. Ma tutti i bambini sono destinati a imparare e crescere, e la Creatura lo fa molto più velocemente, iniziando a covare sentimenti di odio, rancore e vendetta, nei confronti di quel padre che lo ha prima creato e poi abbandonato.

Ti chiesi io, Creatore, dall’argilla di crearmi uomo, ti chiesi io dall’oscurità di promuovermi…?

 

 

 

Frankenstein dall’Universal all’Hammer Production

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Il nome di Frankenstein è entrato fin da subito nell’immaginario collettivo, trovando una sua grandissima forma di espressione con l’avvento del cinematografo. Purtroppo, le tematiche più filosofiche ed esistenzialiste sollevate dalla Shelley, spesso si sono perse.

Non a caso, il Mostro di Frankenstein non viene mai ricordato, o rappresentato, come l’essere descritto all’interno delle pagine del libro. La raffigurazione più comune, e meglio abbracciata da generazioni, culture e strumenti di intrattenimento, è quella rappresentata nel 1931 con il film Frankenstein da James Whale per l’Universal Pictures.

L’Universal, assieme a quella pellicola, diete vita alla saga “Mostri Universal”, iniziata ufficiosamente nel 1923 con Il Gobbo di Notre Dame, diretto da Wallace Worsley, e ufficialmente nel 1925 con Il Fantasma dell’Opera, diretto da Rupert Julian.

I “Mostri Universal” svilupparono, a loro volta, cicli seriali di film legati ai principali mostri della tradizione letteraria e culturale, come appunto Frankenstein, Dracula, la mummia, l’uomo lupo, il mostro della laguna nera e l’uomo invisibile.

Sebbene il film di Whale, interpretato dal canadese Boris Karloff, sia la pellicola a cui tutti fanno riferimento, e sulla quale l’Universal ha ancora i diritti per la rappresentazione della Creatura, esistono versioni precedenti a questa del ’31.

 

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Il primo film su Frankenstein risale al 1910, un cortometraggio muto prodotto dalla Edison Studios.

Il primo film su Frankenstein risale al 1910, un cortometraggio muto prodotto dalla Edison Studios. Seguì nel 1915 il primo vero lungometraggio sull’opera di Mary Shelley, Life Without Soul, del quale purtroppo non è rimasto nulla.

Il terzo film, che precedente il successo immortale di casa Universal, risale al 1920, ed è un film italiano: Il mostro di Frankenstein, diretto da Eugenio Testa. La pellicola di Testa non è solo il primo film italiano con soggetto Frankenstein, ma potrebbe addirittura essere il primo film italiano del genere horror, precedendo I Vampiri di Freda e Bava, pellicola riconosciuta come caposaldo della cinematografia horror nostrana.

La saga di Frankenstein, dal 1931, prevede altri tre pellicole, che immortalano sullo schermo nuovi personaggi ormai celebri, come la moglie di Frankenstein, protagonista dell’omonima pellicola del 1935, sempre diretta da Whale, e ritenuta di qualità assai superiore rispetto al film precedente.

 

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Ingiustamente sottovalutata è, invece, la terza pellicola della saga, Il Figlio di Frankenstein, del 1939 diretta da Rowland V. Lee.

La pellicola, sebbene sia oggettivamente inferiore rispetto ai due film precedenti, riprende perfettamente quelli che sono i canoni dell’espressionismo tedesco, giocando moltissimo con la luce e l’immagine grottesca dei suoi personaggi. Emblematico in questo film è la figura di Ygor, interpretato da uno straordinario, e irriconoscibile, Bela Lugosi (all’epoca reso famosissimo per essere il volto dell’affascinante Conte Dracula). Sebbene non presente all’interno del romanzo, Ygor, con il suo aspetto grottesco e quasi malefico, è divenuto uno dei personaggi cardine all’interno dell’immaginario di questo genere.

 

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Se provate a vedere questa pellicola e subito dopo il capolavoro di comicità di Mel Brooks, Frankenstein Junior, si potrà notare come atmosfere, personaggi, e movimenti siano molto simili.

La serie dell’Universal si conclude nel 1942 con Il Terrore di Frankenstein di Erle C. Kenton, il quale darà vita nel ’44 e ’45 ad altre due pellicole, segnando l’incontro tra la Creatura e altri mostri dell’immaginario collettivo, tra cui Dracula e l’uomo lupo.

Di questa serie di incontri tra mostri, hanno volutamente strizzato un po’ l’occhio i due lungometraggi animati della Warner Bros., Hotel Transylvania di Genndy Tartakovsky, dove i mostri classici sono ormai amici di lunghissima data, con tanto di famiglia sulle spalle, e non hanno voglia di spartire nulla con gli esseri umani; proprio per questo Drac gestisce un Hotel destinato ai soli mostri.

 

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Anche in questo caso la figura di Frankenstein è quella tipica del ’31, con il volto squadrato, cicatrici pronunciate e bulloni che fuoriescono dal collo.

Tra il ’40 e il ’50 la cinematografia mondiale si riempie delle più disparate rappresentazioni del mostro, spesso rifacendosi sul modello dell’Univeral, o prendendolo come oggetto di parodia, come nel caso de Il Cervello di Frankenstein del ’48.

In altri casi, Frankenstein diventa modello di ispirazione, le quali caratteristiche vengono prese per poter creare un nuovo personaggio, esempio è il maggiordomo Lurch della Famiglia Addams (fin dalla prima serie degli anni sessanta di David Levy) che si muove e parla proprio come se fosse la Creatura cinematografica.

Lo svecchiamento della figura e una sua prima nuova versione, lo si ha alla fine degli anni cinquanta. La casa di produzione britannica di film horror, l’Hammer Film Productions, affida il “remake” della saga Universal alla coppia Terence Fisher e Peter Cushing.

 

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Sette furono le pellicole creata tra il ’57 e il ’74, in sei delle quali Cushing interpreta Victor Frankenstein. Indovinate, invece, chi è stato il primo Frankenstein del ciclo Hammer? Christopher Lee! Il quale, sempre per la regia di Fisher, divenne, dal 1958, simbolicamente riconosciuto come il Dracula a colori.

 

 

 

Nuove interpretazioni della Creatura

Del mostro di Frankenstein, rielaborando il mito o prendendo semplicemente ispirazione, ci sono state molte altre versioni, dalle più bizzarre, come la versione giapponese in chiave fantascientifica di Ishiro Honda, Frankenstein alla conquista della terra (1965), ai B-Movie come Dracula contro Frankenstein (1971)  dell’americano Al Adamson, di cui venne fatto un remake spagnolo solo un anno dopo.

Tra le parodie più amate dal pubblico, ovviamente c’è il già citato Frankenstein Junior del 1974 di Mel Brooks, con Gene Wilder, Martin Feldman e Peter Boyle.

Il genio di Brooks si immortala in questa pellicola, la quale strizza l’occhio un po’ a tutta la saga anni ’30 dell’Universal. Battute, dialoghi e situazioni sono ormai un classico della comicità, spesso ripresi in differenti contesti, che spaziano dalle citazioni cinematografiche a quelle televisive, toccando pure la sfera letteraria e dei comics.

 

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Si… può… fare!

Non da meno, volendo restare a casa nostra, è il paradossale e grottesco Fracchia contro Dracula (1985), film di Neri Parenti con Paolo Villaggio, dove sia Dracula che Frankenstein si devono scontrare con l’idiozia bonacciona del personaggio protagonista. In questo caso Frankenstein non è propriamente il personaggio attorno al quale si sviluppa la storia, ma tra gli anni ’70 in poi, con la diffusione sempre maggiore dell’horror e del b-movie, moltissimi saranno i film in cui il mostro è un apparizione insieme agli altri personaggi.

Nel ’75, a riprendere il mito, in chiave molto glam e trasgressiva, fu Jim Sharman con The Rocky Horror Picture Show, dove l’intera storia girava attorno alla creazione dell’uomo perfetto.

 

 

 

Dai ’90 a oggi

Come si è già visto prima, la figura di Frankenstein inizia a perdere il suo centro all’interno delle opere cinematografiche, spesso adoperando unicamente il mito o alcune caratteristiche della figura.

Tra le opere maggiormente ricordante che hanno cercato lasciare al centro della storia Frankenstein, proponendosi di essere il più fedele possibili al romanzo, c’è il film di Kenneth Branagh, Frankenstein di Mary Shelley, il quale cerca ambiziosamente di ricalcare lo stile di Bram Stoker’s Dracula di Francis Ford Coppola. Sebbene quest’ultimo sia il produttore della pellicola di Branagh, la quale fa affidamento su un cast che vanta nomi come Robert De Niro (nei panni del mostro) e Helena Boham Carter, il film non è riuscito ad arrivare allo spettatore, restando troppo inchiodato sulla storia originaria.

 

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Personalmente ritengo la pellicola comunque degna di nota. Un ottimo lavoro scenico e interpretativo, ma che sicuramente non arriva neanche lontanamente alla maestosità del Dracula di Coppola.

Poche sono davvero le pellicole degne di nota, soprattutto perché la produzione di film interamente girati sulla figura del mostro dagli anni ’90 ad oggi, non arriva neanche a quarto dei film prodotti in un solo decennio precedente. Qualcosa però è ancora salvabile, soprattutto se facciamo riferimenti a quelli che sono i riadattamenti.

Impossibile, in questo caso, è non citare l’incantevole Frankenweenie di Tim Burton, nato nel 1984 come un mediometraggio, per poi essere riadattato in stop motion nel 2012.

 

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Sebbene Frankenstein non sia proprio il centro, ma indubbiamente elemento essenziale, da ricordare è il vincitore all’Oscar come miglior sceneggiatura non originale, Demoni e Dei (1998) di Bill Condon, sulla vita di James Whale, interpretato da Ian McKellen (nominato all’Oscar e al Globe per quel ruolo).

Gli anni duemila sono caratterizzati dal riadattamento, in chiave moderna o epica, del mito di Frankenstein.

Gli anni duemila sono caratterizzati dal riadattamento, in chiave moderna o epica, del mito di Frankenstein, probabilmente anche grazie (o a causa) della letteratura urban fantasy che ha rimescolato le carte in tavola (scomodando non pochi autori). Una prima, sebbene, piccola comparsa di Frankenstein l’abbiamo nel 2004 con Van Helsing di Stephen Sommers.

Nello stesso anni vengono prodotte una miniserie, particolarmente fedele al romanzo, arrivata in Italia con un minutaggio complessivo di 100 minuti, e un film per la tv, The Lab. Quest’ultimo è tratto dal romanzo di Dean Koontz, Dean Koontz’s Frankenstein, a sua volta liberamente ispirata dal classico della Shelley.

 

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Due anni fa arriva al cinema I, Frankenstein, trasposizione della graphic novel di Kevin Grevioux.

Due anni fa arriva al cinema I, Frankenstein, trasposizione della graphic novel di Kevin Grevioux. Il film è diretto da Stuart Beattie e interpretato da Aaron Eckhart. Le sue atmosfere quasi steampunk, la crudità delle scene, tra violenza e nudità, non ha reso la vita facile a questa pellicola, già fortemente demolita dalla critica per il suo aspetto artificioso, lasciando poco spazio a un approfondimento della trama e dei personaggi.

Molto più lusinghiero e introspettivo, sia per quanto riguarda La Creatura che per il personaggio di Victor, è la serie Penny Dreadful di John Logan.

Le tematiche di Shelley non solo vengono approfondite, ma anche portate avanti, portando a un ampliamento maggiore e molto più profondo. Il confronto tra Victor e la Creatura è sempre molto suggestivo, ma in particolar modo è il rapporto di quest’ultimo con se stesso e con il resto del mondo ad affascinare, sempre colmo di citazioni letterarie e storiche.

 

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Un ottimo lavoro che si fa sentire in entrambe le stagioni, strizzando maggiormente l’occhio al romanzo nella seconda stagione.

Un ottimo lavoro che si fa sentire in entrambe le stagioni, strizzando maggiormente l’occhio al romanzo nella seconda stagione. La smania di Victor per la creazione della vita, il superamento della morte, supera la follia della genialità, ponendolo di faccia contro i propri errori, contro il proprio ego. Vittima e carnefice, creatore e pentito, figure che si scambiano tra i personaggi, evolvendosi di episodio in episodio.

A precedere, per quanto riguarda l’uscita italiana, il film di McGuigan c’è Bernard Rose, proponendo una versione di Frankenstein in chiave moderna. La pellicola, visual effects a parte, non lascia per nulla il segno. Una mera rappresentazione del Frankenstein della Shelley che, però, risulta essere quasi una caricatura inverosimile, senza trovare vita propria.

 

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Speriamo che sorte diversa avrà, invece, Victor – La Storia segreta del Dottor Frankenstein, che si prefissa l’ambizione di precedere il mito, portando al cinema gli aspetti più reconditi del folle dottore che ha voluto osare più di qualsiasi altro scienziato.

McGuigan sceglie di indagare su un campo non ancora esplorato, riportando al cinema anche la figura di Ygor, interpretato da Daniel Radcliffe, e che vuole precedere la creazione del mito stesso.

 

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Qual è la vostra versione cinematografica preferita di Frankenstein?
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