Questa è la storia della folle ricerca di un tesoro che non esiste, se non nella mente di chi lo ha testardamente cercato fino a consumare intere fortune o a perdere la propria vita.

Oak Island è un’isoletta di appena 57 ettari, una delle circa 360 che si trovano nella Mahone Bay, di fronte alle spiagge della Nuova Scozia, Canada. Dista appena 200 metri dalla terraferma, a cui è collegata da una strada rialzata (causeway) dal 1965, inizialmente proprio per permettere il passaggio di macchinari per l’escavazione.

 

 

La storia ha inizio nel lontano 1795.

La storia ha inizio nel lontano 1795 quando un giovane di nome Daniel McGinnis, aggirandosi per l’isola, s’imbatte in una depressione circolare nel terreno sopra la quale nota una carrucola fissata al ramo di una quercia.

Verosimilmente non vi era però alcuna carrucola e questo particolare è stato aggiunto alla storia molto più tardi per rafforzare la tesi del tesoro nascosto.

Il giovane ritorna comunque il giorno seguente con due amici, che erano probabilmente a conoscenza delle locali leggende sui tesori dei pirati ed ovviamente iniziano a scavare, certi di trovare un tesoro. S’imbattono subito in delle lastre di pietra e circa 3 metri sotto trovano uno strato di tronchi marci di quercia. Sono certi che stanno scavando in un pozzo artificiale e proseguono faticosamente con la sola forza delle proprie braccia per altri 5 metri prima di abbandonare esausti gli scavi.

Cercano qualcuno che abbia i mezzi necessari per aiutarli nell’ardua impresa, ma per diversi motivi non trovano nessuno. Alcuni sono scettici riguardo all’ipotesi del tesoro e molti altri ancora sono frenati dall’alone di superstizione che avvolge già quella piccola isola.

La leggenda del Money Pit ha così avuto inizio.

Il “pozzo” rimarrà allora lì inesplorato per alcuni anni, fino all’alba del nuovo secolo, ma la leggenda del Money Pit ha avuto inizio…

 

 

 

 

The Money Pit

 

Nel 1803 o 1804 i tre giovani (Daniel McGinnis, John Smith, Anthony Vaughan) trovano finalmente un uomo d’affari disposto ad aiutarli: è Simeon Lynds con il quale formano un consorzio chiamato Onslow Company, col preciso scopo di trovare il favoloso tesoro che sono certi li attenda in fondo al pozzo.

Ricominciano a scavare e secondo quanto riportano le fonti, esattamente ogni 10 piedi (circa 3 m) trovano una piattaforma di tronchi di quercia. Il materiale estratto è un misto di terra, carbone, argilla e particolare importante, del materiale fibroso che viene identificato come lana di noci di cocco, che ovviamente non si trovano in quella regione.

Gli scavi proseguono fino a circa 30 metri, quando trovano una lastra di pietra, che secondo alcune fonti (non molto attendibili) è di forma triangolare con lati lunghi circa 1 metro, con incisi strani, indecifrabili simboli.

 

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Sondando il terreno sotto la lastra con un piede di porco sentono qualcosa di duro, che ovviamente ritengono possa essere la parete di una grossa cassa di legno contenente chissà quale tesoro.

Per un motivo che mi sfugge abbandonano gli scavi fino al giorno seguente. Certo si stava facendo notte, ma diavolo, pensavano di aver trovato il tesoro!

Quando tornano la mattina seguente, convinti di poter finalmente vedere ripagati tutti i loro sforzi, una brutta sorpresa li attende: il pozzo è pieno d’acqua per almeno 10 metri.

 

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Provano a svuotarlo con dei secchi, ma invano, il livello dell’acqua rimane sempre lo stesso ed alla fine devono abbandonare l’impresa, almeno fino all’anno seguente quando decidono di provare con un metodo alternativo. Scavano un pozzo parallelo al primo, ma anche questo finisce per essere allagato dall’acqua.

Questa è la fine della Onslow Company e della sua caccia al tesoro. Ciò che si sa di questo primo tentativo di trovare il tesoro, deriva in gran parte dalle memorie di Vaughan e forse (o probabilmente) non corrisponde del tutto al vero.

Per molti anni il Money Pit rimane inesplorato, ma alla fine, nel 1849, un gruppo di investitori forma una nuova compagnia di scavi per trovare il tesoro: è la Truro Company.

La Truro Company non ha maggior successo della Onslow, perché incorre nello stesso problema: arrivati ad una certa profondità il pozzo si allaga e ogni sforzo di svuotarlo è vano. La Truro decide allora di costruire una piattaforma appena sopra il livello dell’acqua e di sistemarvi una trivella per fare dei sondaggi. Ancora una volta i resoconti su cosa sia stato raccolto non sono molto chiari: si parla di campioni di legno di quercia, abete, argilla blu e perfino dei pezzi di catena d’oro.

In realtà è quasi certo che quest’oro sia stato messo lì di proposito solo per giustificare ulteriori scavi…

 

 

 

 

The Smith’s Cove

 

A questo punto qualcuno si rende conto che l’acqua è salata e che il livello varia con la marea. I cercatori del tesoro interpretano questo come la prova che qualcuno ha costruito un tunnel per assicurarsi che il pozzo si allaghi di proposito impedendo di raggiungere il tesoro a chi vi si avvicina troppo.

Secondo questa teoria la vicina spiaggia di Smith’s Cove sarebbe artificiale, i cercatori pensano infatti che l’acqua dell’oceano alimenti un complesso sistema di drenaggio con cinque tunnel disposti come le dita di una mano che col salire della marea, tramite degli ingegnosi accessi, delle specie di sifoni dotati di filtri costruiti con sassi, argilla e fibra di cocco riforniscono un tunnel principale che raggiunge il Money Pit, allagandolo.

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Ogni tentativo di bloccare il tunnel che allaga il Money Pit è vano…

La Truro Company prova prima a bloccare questi imbocchi “artificiali” sulla spiaggia, ma fallito questo tentativo prova allora a scavare altri pozzi verticali per intersecare e bloccare il presunto tunnel principale, impedendo così all’acqua dell’oceano di riempire il Money Pit.

I tentativi sono però tutti infruttuosi e quando nel 1851 finiscono i soldi, anche la Truro Company deve abbandonare l’impresa.

 

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Dieci anni dopo una nuova compagnia tenta l’impresa, la Oak Island Association e questa volta si prova ad aspirare l’acqua che allaga il pozzo con una pompa alimentata da un motore a vapore.

 

 

 

 

La prima vittima

 

Il Money Pit miete la sua prima vittima quando una caldaia esplode ed uccide un operaio, ferendone gravemente altri. I lavori però non si fermano fino a quando il fondo del pozzo non cede improvvisamente in un’ampia cavità sottostante, mettendo nuovamente a rischio la vita di altre persone.

 

 

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Si trattava di una cavità naturale, ma dai cercatori del tesoro questa viene ovviamente interpretata come una “booby trap”, un’altra ingegnosa trappola ideata dai costruttori del pozzo per proteggere uno straordinario tesoro.

Il semplice buon senso avrebbe dovuto suggerire che nessun tesoro di pirati, avrebbe mai giustificato un’opera così complessa. Invece no, secondo una logica del tutto opposta si ritiene che il tesoro debba allora essere ancor più straordinario di quanto si fosse fino allora immaginato.

Non una semplice cassa piena di gioielli e monete d’oro, ma qualcosa di più.

Si lasciò correre la fantasia, immaginando praticamente qualsiasi cosa, dal tesoro della Corona Francese, ai manoscritti originali di Shakespeare, fino addirittura all’Arca dell’Alleanza

 

 

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I cercatori del tesoro conclusero che proprio nella cavità sotterranea appena scoperta, ci fosse lo sbocco del tunnel proveniente dalla Smith’s Cove e provarono a bloccarlo, ma non ebbero successo.

b3c0b8e668d696d97ded3d52d99851f6Furono intrapresi molti altri tentativi nel corso degli anni, nel 1866, 1893, 1909, 1931 e 1936, con metodi sempre più complessi, nuovi macchinari e persino dinamite.

Furono condotte anche delle nuove trivellazioni e secondo quanto riportato, la trivella avrebbe incontrato legno e ferro e sarebbe stato recuperato persino un pezzo di pergamena con qualche carattere indecifrabile, tutti materiali provenienti però verosimilmente dal precedente disastroso crollo.

 

Ad un certo punto si pensò di aver perforato una qualche sorta di cripta in cemento a 50 m di profondità.

 

La scoperta eccezionale sarebbe stata fatta, il condizionale è d’obbligo ancora una volta, perforando una camera dalle spesse mura di cemento a circa 50m di profondità, ma non esistono appunto conferme certe, anche perché ogni tentativo di raggiungerla fu reso vano dagli inarrestabili allagamenti dei pozzi scavati.

Sì riuscì infatti anche a bloccare il famoso tunnel di Smith’s Cove, che allagava il pozzo, ma solo per scoprire che ve ne era un altro che allagava comunque il Money Pit.

Per la verità, ad un certo punto erano stati scavati così tanti pozzi nella piccola isola di Oak Island, che non si sapeva nemmeno più  con certezza quale fosse l’originale Money Pit…

Alla fine anche questi scavi furono comunque abbandonati per l’esaurimento dei fondi.

 

 

 

 

La tragedia del 1959

 

images (1)Nel 1959 l’ossessione del Money Pit costò la vita a 4 persone in un solo giorno.

In quell’anno un famoso ex motociclista americano, Robert Restall ed il figlio diciottenne cominciarono gli scavi ad Oak Island, in cerca dell’introvabile tesoro con un notevole impiego di risorse. Come prima cosa Restall voleva bloccare nuovamente il tunnel di Smith’s Cove, che aveva ripreso ad allagare il Money Pit. Cominciò così a scavare un pozzo vicino alla spiaggia, ma una volta raggiunta la profondità di soli 9 m avvenne la tragedia.

Nel 1959, quattro persone persero la vita in un solo giorno.

Il figlio diciottenne vide il padre che giaceva sul fondo del pozzo nell’acqua fangosa e scese con una scala per aiutarlo, cadendo però anche lui sul fondo del pozzo. Sopraggiunsero allora il partner commerciale di Restall, Graseser che insieme a due operai, Hiltz e DeMont, provarono a soccorrerli collassando però anch’essi nell’acqua fangosa.

Fortunatamente Edward White, un vigile del fuoco che era in visita sull’isola capì subito che erano stati vittima di un avvelenamento da monossido di carbonio, prodotto da un vicino macchinario a benzina e calandosi con una fune fu in grado di salvare la vita di almeno uno di loro: l’operaio DeMont.

Per gli altri quattro non vi fu però nulla da fare.

 

 

 

Gli scavi del 1965

 

Sei anni più tardi, nel 1965 furono intrapresi degli scavi in grande stile, con tecniche da miniera a cielo aperto da parte di Robert Dunfield. Utilizzando un’enorme escavatrice arrivata sull’isola attraverso la nuova strada costruita per collegare Oak Island alla terraferma, si scavò una fossa profonda più di 40 metri e larga 30, per poi analizzare con cura tutto il materiale rimosso.

 

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Si trovò molto meno di quel che probabilmente potrei trovare scavando una simile fossa nel mio orto: qualche pezzo di porcellana…

Alla fine anche Dunfield finì i soldi e abbandonò l’impresa.

 

 

 

 

Triton Alliance

 

Nel 1970 fu costituita la Triton Alliance per proseguire gli scavi, ma dispute legali fra differenti proprietari terrieri sull’isola rallentarono di molto i lavori. Furono scavati comunque ulteriori, numerosi pozzi, senza scoprire alcun tesoro, permettendo almeno di capire un po’ meglio la geologia del sottosuolo dell’isola, che era ricca di cavità naturali (per i cercatori del tesoro ovviamente non erano naturali).

 

 

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Calando una telecamera in un pozzo allagato si pensò addirittura di vedere dei resti umani in mezzo all’acqua fangosa, ma non c’è mai stato modo di confermarlo.

Nel 1970 si chiarì anche il mistero delle fibre di noci di cocco, quando dei campioni furono analizzati dal National Research Council of Canada. Effettivamente quello dei resti di noci di cocco seppelliti in profondità in un’isola della Nuova Scozia era un particolare decisamente intrigante.

Nel sottosuolo di Oak Island furono realmente trovati resti di noci di cocco, ma la datazione al radiocarbonio li faceva risalire a circa il 1200 d.C.

La risposta fu che sì, si trattava di fibra di noci di cocco, ma la datazione al radiocarbonio la faceva risalire al 1200 d.C. circa, cioè molto prima (almeno 2 secoli) che gli europei vi potessero giungere e anche i possibili siti vichinghi in Canada distavano non meno di un migliaio di chilometri da Oak Island. È perciò ragionevole ritenere che quelle fibre finirono naturalmente nel sottosuolo secoli fa, attraverso cedimenti del terreno e tunnel allagati…

Nel 1995 fu condotta la prima indagine scientifica sull’isola da parte della Woods Hole Oceanographic Institution, su invito di un uomo di affari di Boston. Furono condotti dei test con del colorante artificiale nell’acqua del sottosuolo, che permisero di capire che gli allagamenti degli innumerevoli pozzi scavati erano dovuti ad una naturale interazione tra le falde acquifere dell’isola e la pressione esercitata dall’acqua dell’oceano al salire della marea.

Il sottosuolo dell’isola è ricco di cavità di calcare e anidrite.

Solo scendendo molto in profondità si trovano strati di roccia compatta, su cui scorrevano i ghiacciai durante l’ultima glaciazione, mentre a profondità minori il sottosuolo dell’isola è ricco di cavità di calcare e anidrite (solfato di calcio anidro) piene d’acqua, responsabili dei continui allagamenti dei pozzi scavati.

Tra l’altro questi minerali dissolti dall’acqua col passare del tempo possono aver anche lasciato facilmente diverse cavità vuote, come quelle in cui si sono imbattute gli scavi.

 

 

 

 

Collegamenti con
le teorie massoniche

 

220px-Square_compasses.svgCome fatto notare da Joe Nickell in un articolo sullo Skeptical Inquirer, si possono trovare numerosi collegamenti tra elementi della leggenda di Oak Island e le allegorie e leggende massoniche.

La Massoneria fu fondata nel 1717 a Londra e si diffuse in Europa e Nord America in pochi anni.

I tre giovani di Oak Island che scoprono il pozzo del tesoro, in fondo al quale vi sarebbe una cripta che nasconde un favoloso tesoro, trovano facilmente riscontro nell’allegoria massonica dei tre pellegrini che scoprono una cripta segreta sotto il Tempio di Salomone, trovando l’Arca dell’Alleanza (proprio una delle stravaganti ipotesi fatte sulla natura del tesoro).

Per quel che riguarda il pozzo con piattaforme di legno ad intervalli regolari, va poi ricordato un particolare rito massonico in cui gli iniziati vengono calati attraverso delle botole, portando con sé strumenti quali la vanga e il piede di porco…

Sembra che anche i misteriosi simboli trovati sulla pietra rinvenuta nei primi anni dell’Ottocento richiamino in qualche modo simboli della massoneria, ma questa pietra, di cui non sono certe nemmeno le dimensioni, sparì nel nulla quasi un secolo fa (ammesso che sia mai esistita), perciò non vi è modo di confermarlo.

Ciò che in conclusione sembra chiaro è che ci sia un qualche collegamento tra la simbologia massonica e molti dei presunti elementi della storia di Oak Island.

È impossibile dire però se questi elementi furono introdotti su una preesistente leggenda o la crearono.

 

 

 

 

Conclusioni

 

IMG_0303Si può ragionevolmente concludere quindi che i presunti pozzi e tunnel artificiali sono in realtà depressioni, tunnel e cavità sotterranee naturali, inoltre in più di due secoli di scavi, in cui si è letteralmente buttata all’aria mezza isola, tutto ciò che è stato (forse) rinvenuto è:

  • chiodi
  • pietre con inciso sopra qualche simbolo
  • una moneta di rame
  • un anello di ferro
  • pezzi di porcellana
  • una pietra a forma di cuore
  • argilla blu
  • scarpe di pelle
  • tronchi di legno marcio
  • vari pezzi metallici non identificati
  • qualche anello d’oro di dubbia origine
  • qualche resto umano
  • resti di noce di cocco

In precedenza scherzavo, ma quello che è stato ritrovato in circa 200 anni, a parte le noci di cocco, è veramente molto meno di quello che troverei scavando fosse di decine di metri di profondità nel mio orto e passando al setaccio tutta la terra…

 

Anche personaggi molto famosi furono travolti da questa "febbre del tesoro", oltre al già citato ex motociclista americano Robert Restall (che perse la vita nel pozzo), anche il futuro presidente USA Franklin Delano Roosvelt, che si recò sull'isola nel 1908-1909 e seguì da vicino la vicenda fino all'inizio della Seconda Guerra Mondiale.

Anche personaggi molto famosi furono travolti da questa “febbre del tesoro”, oltre al già citato ex motociclista americano Robert Restall (che perse la vita nel pozzo), anche il futuro presidente USA Franklin Delano Roosvelt, che si recò sull’isola nel 1908-1909 e seguì da vicino la vicenda fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale.

 

Così tante persone hanno follemente inseguito un tesoro che sembra essere come la pentola d’oro in fondo all’arcobaleno, irresistibile, ma al tempo stesso irraggiungibile perché inesistente.

Eppure è innegabile l’incredibile fascino che esercita questa storia, tanto che la leggenda resiste ancora oggi dopo oltre due secoli contro ogni evidenza scientifica e la ricerca continua…