The Hateful Eight: gli otto più cattivi sono arrivati

The Hateful Eight

Il 4 Febbraio uscirà al cinema l’attesissimo ottavo film di Quentin Tarantino, The Hateful Eight, con le musiche di Ennio Morricone e un cast a dir poco mozzafiato. Otto personaggi. Un unico ambiente. Nessuno scrupolo. Cosa avrà in serbo per noi quel genio malato di Quentin?

La magia dello Teatro Cinque di Cinecittà, regno di Federico Fellini e teatro di posa più grande del mondo. Fermento ed eccitazione. Schermo rosso. Overture. Il rumore della pellicola si insinua nelle orecchie, conduce brividi e l’emozione del vero cinematografo. La pellicola in 70mm gira frenetica nel proiettore conducendo, in un fascio di luce, le primissime immagini sullo schermo bianco. Grana sporca e grezza.

La musica di Ennio Morricone prende vita in tutto il teatro. Da un semplice tamburo si passa agli ottoni, prendendo sempre più potenza in violini e cori. Una landa desolata e ricolma di neve. Improvvisamente dall’orizzonte una figura si muove, trascinando dietro di sé un carrettino. Dalla parte opposta una diligenza si muove veloce per scampare l’imminente bufera. L’uomo misterioso gli va incontro e…

E così inizia l’ottava meraviglia di Quentin Tarantino, The Hateful Eight, road movie che si muove tra la tradizione western di Leone e l’eccesso di Carpenter, ovviamente senza mai tradire lo stile e il modus operandi di Tarantino.

Parafrasando il caro Leonardo Di Caprio in Django Unchained, Tarantino prima cattura la curiosità del suo spettatore e poi la sua totale attenzione. Una struttura a capitoli, di lunghezza differente, che si lascia scoprire minuto dopo minuto, rendendo anche piuttosto leggero e scorrevole l’imponente minutaggio tipico del regista.

I titoli di testa, curati come sempre, preannunciano già la grandiosità della pellicola, che si concede una prima parte molto più calma e lenta, priva del tipico eccesso di Tarantino, dove a predominare è indubbiamente la caratterizzazione impeccabile dei personaggi e la “fatalità” del destino.

Fin dal principio la storia ci catapulta nel periodo della Guerra Civile, lungo le strade di Wyoming. Un mondo feroce e spietato, dove i personaggi sembrano incontrarsi quasi per caso. Tutti rinchiusi nelle loro diffidenze, tentano di superare quella breve, ma pensante, convivenza. Il cacciatore di taglie, John Ruth detto “Il Boia” (Kurt Russell), sta trasportando verso Red Rock la bandita Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh), per poterne riscattare la taglia da 10.000 dollari. Il suo cammino si intreccia prima con il Maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson) e poco dopo con il nuovo sceriffo di Red Rock, Chris Mannix (Walton Goggins).

A causa dell’imminente bufera sono costretti a fermarmi all’emporio di Minnie.

A causa dell’imminente bufera sono costretti a fermarmi all’emporio di Minnie, ma non sembrano essere gli unici stranieri di passaggio da lì; infatti, all’interno dell’emporio ci sono già il nuovo boia di Red Rock, Oswaldo Mobray (Tim Roth), un mandriano di passaggio diretto oltre Red Rock, Joe Cage (Michael Madsen) e il Generale confederato Sandford Smithers (Bruce Dern). A occuparsi di loro c’è Bob “Il Messicano” (Demian Bichir), uomo a cui Minnie ha affidato l’emporio per qualche giorno. Per quanto la casualità sembri regnare sovrana, qualcosa è stato messo fuori posto.

 

The Hateful Eight

Uno di loro non è chi dice di essere.

 

The Hateful Eight è un film straordinario non solo per l’impatto visivo – girato in Ultra Panavision 70 – e per quello tecnico, ormai sempre più preciso e ben radicato nello stile di Tarantino, ma anche per il marcato messaggio politico, da qualche anno a questa parte sempre più presente all’interno delle sue pellicole.

Sporco e cinico come i classici film di Tarantino, non manca delle scene tipiche dove il sangue è assolutamente protagonista indiscusso.

Sporco e cinico come i classici film di Tarantino, non manca delle scene tipiche dove il sangue è assolutamente protagonista indiscusso, ma al tempo stesso sa essere profondo e molto critico.

Il film, ambientato per lo più in un unico ambiente, riprende quelli che sono gli albori di Tarantino, come ne Le Iene, ma anche le tematiche affrontate negli ultimi film, dove pur cambiando genere, i racconti prendono sempre più spessore, iniziando da Inglorius Basterds e passando per Django Unchained.

Il film viene diviso in due parti. Una prima dove si concede un tempo più dilatato e un maggiore approfondimento dei personaggi, con discorsi molto verbosi, alternati a scene di pura tecnica cinematografica, tra campi lunghi e primi piani morbosi.

In questo senso Tarantino ha pensato a The Hateful Eight come una vera esperienza da cinematografo, strutturando l’intera pellicola proprio come se fosse un film d’epoca, con un tempo ben definito sia per Overture che per Intervallo, facendo una piccola ricapitolazione narrativa e visiva di ciò che è successo nelle ultime sequenze della prima parte del film, per poter far immergere nuovamente lo spettatore all’interno della narrazione, stavolta con un registro molto differente. Sperimenta e gioca con i generi, passando dal western al giallo in pieno stile Agatha Christie. No, nessuno Hercule Poirot tra i nostri otto cattivi odiosi, eppure un mistero è da risolvere e la ricostruzione del crimine è fondamentale per la salvezza di tutti. La gestione della suspense in queste scene è quasi da Hitchcok, mantenendo lo spettatore sul film del rasoio fino all’ultimo, facendolo vacillare insieme ai personaggi.

 

The_Hateful_Eight

 

L’elemento più particolare e sorprendete, che sicuramente fa The Hateful Eight un vero capolavoro del cinema, è il suo poter essere adattabile in qualsiasi spazio tempo. Un’opera che rispecchia profondamente la società odierna, indossa una maschera politica ma senza essere banale o superficiale, e al tempo stesso riprende perfettamente gli stessi problemi sociali e culturali che si sono protratti nei secoli. Un’opera adattabile perfino a teatro, non a caso la prima lettura del copione è stata fatta il 19 aprile 2014 nell’Ace Hotel Theatre di Los Angeles di fronte a 1600 fan di Tarantino.

Linguaggio straordinario e volutamente grezzo. Personaggi apparentemente gretti e bifolchi, rivelandosi essere uno più sveglio dell’altro, uno più cruento dell’altro. Le parole stanno perfettamente nella bocca di ogni attore, regalando chicche meravigliose come l’accento inglese di Tim Roth – un ritorno in grande stile all’interno dei film di Tarantino dopo Le Iene e Pulp Fiction –  o le parole un po’ mangiate di Samuel L. Jackson, non più “negro” accettato tra i bianchi ma uno “sporco negro” visto con minaccia.

I dialoghi sono caratterizzati da un botta e risposta che non lascia respiro allo spettatore.

I dialoghi sono caratterizzati da un botta e risposta che non lascia respiro allo spettatore, proprio come proiettili di pistola. Una verbosità quasi teatrale, che non appesantisce mai la narrazione, bensì l’arricchisce di vita e di magia puramente cinematografica. Battute dirette, grottesche e ironiche, racchiudendo in ognuna di essa una feroce critica nei confronti della società attuale e delle condizioni di razzismo entro le quali ancora viviamo.

Ci sono otto persone molto diverse tra loro e ognuno è pericoloso a modo suo e odioso a vari livelli.

Afferma Jackson. Tarantino sceglie un cast preciso e perfetto, proprio per stuzzicare lo spettatore e vedere a quali di questi personaggi si affezionerà di più. L’empatia che il regista cerca di comunicare, gioca con la stessa psicologia dei personaggi, portando a chiedersi a propria volta di chi fidarsi e di chi no. Tarantino ha la capacità di trasportare spettatore e attore in un unico circolo vizioso dove fidarsi della propria ombra potrà essere uno sbaglio irreversibile.

 

The Hateful Eight

 

Ogni personaggio sembra essere stato ritagliato appositamente per l’attore che lo interpreta, proprio come se fossero dei costumi. L’interpretazione più sorprendete è quella di Jennifer Jason Leigh, marcia e sveglia come una canaglia, dalla cambio di timbro più grezzo alle sue movenze. La Leigh non solo si abbassa a qualsiasi forma di umiliazione, ma riesce a riderne sotto i baffi, già pensando alla battuta pronta da sputare in faccia. E quasi sempre il suo bersaglio preferito è Kurt Russell, “Il Boia”. Un po’ in sordina il personaggio di Michael Madsen, facendosi riconoscere per il suo timbro basso e ruvido e il far schivo; mentre, più macchiettistico, è Roth, che i più maliziosi potrebbe interpretare come un ricalco del personaggio di Schultz in Django, quando invece sa essere assolutamente originale, fedele al suo tipo di recitazione sopra le righe e molto teatrale, esattamente come è anche la recitazione in generale di Waltz.

Samuel L. Jackson è la figura più imponente in tutto il film. Domina la narrazione dall’inizio alla fine, cambiando spesso ruolo a seconda del capitolo in cui ci troviamo, da predatore a preda, da narratore a pedina del caso. Tarantino regala un monologo con il personaggio del Maggiore Warren che farà esaltare sia i fan che i non fan, facendo diventare le parole già storia del cinema. Nessuna anticipazione, perché il film è tutto da scoprire.

 

The Hateful Eight

 

Ciliegina sulla torta? La colonna sonora. Candidata agli Oscars 2016, e vincitrice ai Golden Globes 2016, la colonna sonora di The Hateful Eight è la perfezione che impachetta la pellicola. Un Morricone in piena forma – anche se non si potrebbe dire lo stesso dalle ultime conferenze fatte – e perfettamente in linea con la linea del regista, il quale finalmente ha realizzato il suo sogno di avere una colonna sonora composta dal maestro.

Morricone fin dal principio è stato però chiarissimo, sicuramente il lavoro che avrebbe fatto con Tarantino non avrebbe avuto nulla a che fare con il lavoro che era solito fare per le pellicole di Sergio Leone. Conosciamo tutti il grande amore per il cinema di Leone da parte di Quentin Tarantino, e sicuramente questo The Hateful Eight omaggia, come già aveva fatto in precedenza con Django Unchainned, alcune di quelle ambientazioni ricche di pathos e passione, ma questo non ammorbidisce per nulla la decisione di Morricone.

Eppure inutile negare che qualcosa c’è dei vecchi lavori del maestro, sebbene spicchi una forte contaminazione sonora. Ennio Morricone è ancora magistralmente capace di creare vere magie con pochi accordi, dando solennità e intensità al racconto, e profondità ai personaggi.

 

 

Se avete possibilità di vedere questo piccolo ottavo gioiello in un cinema attrezzato in 70mm vi consiglio vivamente di non perdervi quest’esperienza, ma in qualsiasi modo lo si guarda, The Hateful Eight resta un grandioso film di un maestro che si conferma ancora una volta tale.

 

The Hateful Eight vi aspetta al cinema dal 4 Febbraio.

 

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