Volevo scrivere un’avventura e l’ho fatto. Ho liberato un sogno da quel dannato, onirico cassetto e alla faccia di chi non ci credeva ho auto pubblicato un libro. L’ho impaginato, disegnato ed editato. Poi è sorto un dubbio. La protagonista non la da’ a nessuno, in oltre 300 pagine. Quanto può esser stata una scelta saggia?

Quest’ultima è la domanda alla quale cercherò di rispondere da solo, chiedendo poi i vostri pareri.  Per carpire e capire il punto della questione risaliamo alla fonte, troviamo il casus belli, quindi analizziamolo nel contesto.

Chi mi ha fatto scrivere un romanzo epico invece di un romance?

Il motivo di tutto ciò è il seguente: la mia protagonista non sembra voler concedere il proprio fiore ad alcun uomo o donna*, nonostante la mia generosa elargizione di pagine e possibilità. Questo suo ammirevole tratto, per alcuni discutibile, mi renderà le cose molto difficili. Già prevedo salti mortali per farne leggere le avventure a qualcuno; o meglio, qualcuno che non sia un recensore e sappia godersi una buona avventura. Il mondo è pieno di questi qualcuno direte voi; sì è vero, ma il mondo è anche molto grande! Romance di cento pagine e storie imbottite di oscenità gratuite non sono forse più facili da condividere? Idem le facili letture fantasy horror o urban fantasy.

Oh, un attimo: non voglio togliere nulla al valore di questi generi. Anche perché di romance, e narrative invasate di sesso, ne ho lette poche; fantasy horror e urban fantasy manco uno. Tento solo di esporre la realtà dei fatti e al contempo convincermi di ciò che ho fatto.

La mia protagonista è in principio ingenua e sventurata. Immaginaria, ovvio, eppure qualche volta è come se fosse lei a prendere le decisioni sul proprio cammino venturo. Forse la scelta sul suo percorso amoroso l’abbiamo presa insieme: crescendola nelle prime cento pagine, arrivando poi al momento del suo inevitabile passo d’amore, mi sono fermato; una vocina ha preso a fischiettarmi in testa. È così che doveva andare?

Anche la mia protagonista sventurata ha bisogno di una persona da amare. Non posso e non devo permettermi di negarlo. Ma come raccontarla al lettore e alle volte più attente lettrici?

Siccome, giunti a tal punto, lettrici e lettori del libro conoscono la protagonista -o almeno credono di conoscerla- alla fine me la sono cavata con qualche escamotage e sotterfugio narrativo. Il risultato, a cavallo tra due capitoli, è stato gratificante.

O, se comprensibilmente non mi riconoscete alcuno status, più umilmente posso definirlo un accettabile compromesso. Sono infatti riuscito a mantenere il personaggio solido, pur dando la breve illusione che fosse l’ennesima eroina che cade facilmente preda del bel fusto di turno -oppure, dall’altro POV, la bella femmina alla quale nessun bel fusto riesce a resistere. Nel momento in cui rompo il sogno, però, lì viene il bello. E il fatto che rientri nel quadro del personaggio non fa che rendermi sempre più orgoglioso di lei.

Il mondo letterario è pieno di protagoniste del genere. Ragazze belle dentro -mai sentita frase più banale, ma volevo usarla- future donne forti e dai tratti ben dettagliati: veri autori ne hanno forgiate di maestosamente intriganti, incredibili, immaginarie, vere eroine tutt’altro che Bitch Slap.

Io e la mia protagonista sventurata guardiamo con rispetto a tali magnificenze, non abbiamo pretese, però pensiamo di avere il diritto di esserci anche noi!

Piuttosto sono io ad aver sbagliato le scelte di cammino venturo – aka scaletta di marketing. Forse dovevo iniziare con un esordio romance, farmi una schiera di follower e poter contare su una solida base di pubblico. Fanbase in fronte alla quale fare coming out e rivelare che il mio desiderio era scrivere un’avventura classica ambientata quattromila anni fa, investigare personaggi femminili nell’era più leggendaria e al contempo difficile della storia umana.

Ecco, mi sono posto la domanda e ho dato la risposta. Forse sono solo l’ennesimo nerd che si è auto pubblicato il sogno tenuto troppo a lungo – o troppo poco – nel dannato cassetto del un giorno lo farò.

Ah, dimenticavo, la lei protagonista sventurata, che in oltre 300 pagine non la da’ a nessuno, è una ragazza dagli occhi diversi, una fanciulla di nome Catlyn, e le pagine sono quelle dell’autopubblicatissimo mio romanzo d’esordio – il fatto che non si conceda non è spoiler… per quei pochi che potrebbero essere interessati. Per capirci, l’ho disegnata nella thumb in cima a questo articolo. È facile capire quale sia: non quella verde.

“Catlyn e Flora” contiene soggetti da questa mia gallery

 

* “[…] proprio fiore ad alcun uomo o donna” è una poetica figura retorica, la protagonista del mio romanzo non è una fioraia.