Neanche il tempo di essere gustato in tutte le sale del mondo che Revenant – Redivivo, ultimo film del Premio Oscar Alejandro Gonzáles Iñárritu con Leonardo Di Caprio e Tom Hardy, fa già parlare moltissimo di sé conquistando tre Golden Globes – miglior film, miglior regia e miglior attore protagonista – su quattro nominations e aggiudicandosi ben 12 nominations ai prossimi Oscars 2016, tra cui miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista a Leonardo Di Caprio e miglior attore non protagonista a Tom Hardy.
L’ascesa del regista, sceneggiatore e produttore messicano sembra ormai inarrestabile. Il fuori dall’ordinario Birdman, nonché vincitore degli Oscars 2015, sembra aver immolato Alejandro Iñárritu nell’olimpo dei grandi, e si inizia già a vociferare che forse – ma facciamo i giusti scongiuri – questo sia l’anno e il film giusto per il caro Leonardo Di Caprio che dopo molte nominations ancora non è riuscito a conquistare l’agognato Oscar.
Revenant – Redivivo è un film molto complesso che riporta Iñarritu sulla strada lasciata dalla Trilogia della Morte (Amores Perros; 21 Grammi – Il peso dell’anima; Babel). Un elogio alla regia più pura, al virtuosità della macchina da presa dove regna sovrana, a volte in modo particolarmente invadente, la steadycam e la macchina a mano.
La macchina da presa si fa personaggio invisibile che segue costantemente non solo il protagonista ma anche tutti gli altri personaggi con far invasivo e soffocante. Sulla scia di Birdman, Iñárritu stupisce lo spettatore con “giochi di prestigio” che affascinano e infastidiscono nel medesimo tempo.
Tecnicismi a parte, Revenant – Redivivo ha molto poco in comune con lo scorso Premio Oscar Birdman. Tematiche più profonde e brutali prendono largo durante i 156 minuti di pellicola, andando dalla lotta per la vita fino ad arrivare al feroce istinto di vendetta.
Natura e uomo si fondo in un unico essere, imperfetto e bestiale. Uomo o animale non fa differenza. Nei deserti innevati del Nord Dakota l’unico istinto che porta avanti l’uomo è la sola sopravvivenza. Ma ciò che il regista vuole comunicare attraverso i suoi personaggi è la sfumatura che ci può essere sotto ogni istinto alla sopravvivenza: chi per sé stesso; chi per una famiglia da raggiungere; chi per un po’ di serenità futura; chi per vendetta.
Trama
Hugh Glass (Leonardo DiCaprio) è un trapper assunto come guida dal capitano Andrew Henry (Domhnall Gleeson) per una battuta di caccia di pellicce. Glass porta con sé suo figlio meticcio Hawk, avuto dalla defunta moglie della tribù dei Pawnee. I cacciatori vengono attaccati dalla tribù dei Ree, a loro volta alla ricerca della figlia rapita del capo villaggio.
Glass riesce a sventare l’attacco ma sono molte le perdite e tra i pochi uomini rimasti a Henry inizia a nascere il mal contento, soprattutto alimentato dal turbolento John Fitzgerald (Tom Hardy). Non potendo navigare in mare, perché sotto tiro dalla tribù, il piccolo gruppo di uomini è costretto ad abbandonare le pellicce e muoversi via terra. Il viaggio viene ostacolato da un attacco che Glass subisce da un orso grizzly. Sebbene l’uomo riesca a uccidere l’orso, le ferite sono mortali. Henry offre 100 dollari a chi resterà ad assistere Glass fino al suo ultimo respiro, concedendogli una degna sepoltura.
Oltre al figlio e al giovanissimo e ingenuo Jim Bridger (Will Poulter), resta anche l’astioso Fitzgerald, bramoso solo di avere la sua ricompensa. Infatti, per velocizzare il processo, tenterà di uccidere Glass ma scoperto dal figlio, ucciderà quest’ultimo per poi allarmare Jim della scomparsa del ragazzo e dell’avvicinamento di venti uomini Ree. Glass viene abbandonato, con il dolore delle ferite e la morte del figlio negli occhi. Da questo momento un unico moto muoverà l’uomo ad attraversare l’intero deserto ghiacciato del nord: la vendetta.
Avevo solo mio figlio, e lui me l’ha portato via.
Alejandro Iñárritu si immortala in un’opera particolare e destinata a un pubblico amante del virtuosismo e della settimana arte nella sua essenza più profonda.
Un film perennemente in bilico tra velocità, nelle scene di azione più brutali, e dilatazione, nei momenti più intimi dei personaggi tra sogno ed espiazione. Revenant – Redivivo è un film contraddistinto dal contrasto, che si respira fin dal primo minuto della pellicola.
Un inizio molto calmo e lento, quasi onirico, alimentato dalle immagine dai toni caldi del passato di Glass, per poi venir scaraventati in un presente dove l’unica legge che vige è quella crudele e senza pietà di madre natura.
I momenti di dinamismo sono vere scariche di adrenalina che il regista lancia nel momento perfetto verso lo spettatore, quasi a volerlo “risvegliare” dal torpore in cui si è immerso assieme al protagonista.
Revenant – Redivivo è un viaggio. Un’esperienza visiva e sensoriale che il regista chiama a fare allo spettatore insieme a tutti i suoi personaggi, in primis il suo protagonista, un Leonardo DiCaprio tenuto a dare una prova performativa davvero unica nel suo genere, ma da non ritenersi la migliore interpretazione dell’attore.
Tra estetismi, una fotografia curata nei minimi dettagli, un lavoro di macchina da presa davvero da Oscar, alternato da panoramiche disorientanti e primissimi piani disturbanti, Revenant – Redivivo lascia a desiderare nella narrazione. Estremamente dilatata risultata essere, soprattutto nella sua parte più centrale, superficialmente inutile, quasi volutamente allungata per rendere la pellicola veramente un’esperienza forte – ma non nel senso più positivo del termine – per lo spettatore. Revenant – Redivivo in questo senso non si mostra essere di facile lettura e comprensione, non per tutti almeno.
Dialoghi ridotti all’osso, silenzi angoscianti e prolungati. Una muta sofferenza che si legge direttamente dagli occhi del protagonista, che cambia man mano che il suo viaggio va avanti, diventando sempre più indifferente nei confronti della morte ma, soprattutto, nei confronti della vita.
Io non ho paura di morire, sono già morto.
Isolamento, reclusione, espiazione. Parole chiave che contornano la tematica centrale della pellicola e che accompagnano, costantemente i personaggi, a tal punto da diventare parte di essi stessi.
Le stesse parole spese per DiCaprio possono essere accostate a Hardy, sicuramente capace e sempre più a suo agio in ruoli ruvidi e grezzi che, negli ultimi anni, hanno portato alla luce questo attore, ma sicuramente non una delle sue migliori interpretazioni.
Si fanno un po’ più largo invece gli attori Poulter, astro nascente del cinema, e l’ex Weasley Domhnall Gleeson, recentemente sullo schermo nelle vesti del cinico Generale Hux nel settimo capitolo della saga di Star Wars: Il Risveglio della Forza.
Vero slancio per la colonna sonora firmata dal maestro Ryuichi Sakamoto e Carsten Nicolai, sviluppata come se fossero i suoni naturali della terra, i quali accompagnano il cammino e le situazioni dei personaggi, pacifiche e guerrigliere. Inizialmente sembra quasi essere inesistente, ma man mano che si entra più a contatto con la narrazione, la musica diventa sempre più presente.
Il finale è in puro stile Iñárritu, estremamente carico, ma lasciando sempre qualcosa in sospeso, quasi a non voler mettere una pietra tombale sul film.
Revenant – Redivivo non è quello che possiamo considerare il film dell’anno. Non è il film che lo spettatore di Birdman si aspettava di vedere, ma molto probabilmente è ciò che si aspettava di vedere l’estimatore di Iñárritu.
Revenant è sicuramente la massima espressione del cinema del regista messicano. Un tributo al virtuosismo e alla tecnica cinematografica. Un’opera magnifica e perfettamente confezionata ma che non riuscirà a infuocare le folle.
Revenant – Redivivo vi aspetta da oggi, 16 Gennaio 2016, in tutte le sale italiane.