Admorn si fermò per riprendere fiato. La corazza gli comprimeva il petto complicandogli la respirazione, l’ascia era stranamente più pesante e il sangue gli grondava da sotto la lorica. Piegandosi leggermente vide le mattonelle della sala della montagna, qualche giorno prima brillanti e lucenti e adesso scurite dal fango e dalla polvere, bagnarsi col sudore che riusciva a scappare dalla fessura tra la sua fronte e l’elmo.
Alzò lo sguardo e fu preso da rinnovata collera guardando lo stendardo della sua casata penzolante e mezzo bruciato, mentre la fuliggine e le grida della battaglia nella sala poco più avanti, impestavano l’aria stringendogli la gola e il cuore.
Un improvviso flashback rimembrò al giovane nano guerriero quando, da piccolo, corse tra quelle sale fino ad arrivare a quella reale e sbattere contro le gambe possenti di re Thorgrim in persona che, sorridendo, lo prese in braccio e lo riportò dal padre Guntar il fabbro che, imbarazzato, non appena il re riprese la strada per le sue stanze, lo rincorse con un legno procurandogli un bernoccolo. Istintivamente, Admorn, si carezzò dietro la testa dove il colpo del padre andò a segno spezzando la clava più di vent’anni prima, sorrise per un istante ricordando le sue parole
“testa dura proprio come un vero Barbalunga, se avessi avuto qualche dubbio d’adulterio di tua madre me li avresti tolti oggi brutta canaglia!”
Un tonfo sordo che tuonò fino nelle viscere della montagna risvegliò il giovane guerriero dal piacevole ricordo mentre un nano guardiano dal volto celato dall’elmo lo avvicinò
<<Admorn non resisteremo ancora a lungo!>> esordì affannato poggiando la testa del suo martello a terra
Tornato sul camminamento sopra l’ultima porta ancora sigillata, il giovane nano scrutò un orco alto circa due metri impugnare lo stendardo dei Barbalunga e roteare uno spadone chiamando a se i suoi adepti che ruggivano ed emanavano odori nauseabondi
<<Fate aprire il portone..Usciamo!>> Comandò austero Admorn reggendosi la spalla ogni tanto
<<Avete sentito il capitano? Guardiani di Ferro in formazione!>> Al comando della sentinella, un ultimo baluardo di nani guardiani si schierò compatto unendo scudi e falangi cozzando le scaglie delle loriche facendole risuonare nel Salone dei Principi, la sala più maestosa della montagna, ultima resistenza prima delle sale reali dove sedeva Thorgrim ormai anziano e malato
<<Dobbiamo riprendere il nostro stendardo! Per il re e per la montagna! Aprite il cancello>> gridò Admorn stringendo i denti per il dolore
<<Per il re e per la montagna!>> risposero i suoi con fulgido furore
La porta si spalancò e quell’ultimo pugno di nani arditi si strinse ancora di più formando una testuggine di ferro ed uscì mentre i fetidi guerrieri dell’abisso tentennarono leggermente alla vista di quelle armature lucenti e al sentire il tremolio del suolo al loro avanzare. I più scellerati si avventarono contro la massa di ferro per cercare un varco, ma la maggior parte di essi venne trafitta o spintonata dalla testuggine che avanzava pestando i piedi per terra.
<<Non ancora nani, non ancora>> gridava Admorn mentre scopriva leggermente il suo fianco per mulinare l’ascia e squartare i nemici più vicini. Il plotone avanzò tra le schiere nemiche che non riuscivano a dissaldarlo; il giovane capitano nanico abbassò leggermente lo scudo pesante per sbirciare fuori dalla formazione: erano circondati, lo stendardo piantato su un cumulo di cadaveri e il comandante degli orchi che continuava a ruggire ordini
<<Nani, adesso!>> la testuggine si aprì come un fiore che sboccia in mezzo al fango, i nemici vicini vennero trafitti all’istante o schiacciati nella calca ferrosa; Admorn schivò un paio di fendenti e rispose mozzando la mano di una bestia e la testa di un’altra, i suoi commilitoni riversarono tutta la loro furia uscendo dai ranghi e rincorrendo il nemico, ma neanche il coraggio nanesco poté resistere a lungo contro le creature dell’abisso che ogni minuto si riversavano in numero sempre più crescente dentro la sala.
I primi nani caddero cercando di risalire la cunetta di cadaveri; Admorn avanzò fino a riuscire ad impugnare l’effige nanesca, ma le forze gli vennero meno, la ferita si fece sentire pulsandogli i nervi, e nel vedere i suoi guerrieri cadere il dolore si faceva più intenso e insopportabile. Vedeva gli stendardi cadere dalle pareti, il fuoco prendere il sopravvento mentre l’aria si faceva sempre più densa e il respiro sempre più affannoso.
I guardiani della retroguardia, richiusero il portone per guadagnare qualche altro misero istante di gloriosa resistenza mentre, sulla pila di cadaveri, giunse l’orco gigante e il giovane nano capì che la fine era vicina, cercò di non chinare la testa ma l’elmo era pesante, l’ascia gli cadde di mano e l’ombra dello spadone della bestia gli oscurò il volto e i suoi occhi si chiusero prima di sentire il potente fendente; ma il tonfo della grande arma orchesca che cadde a terra lo scosse ricordandogli di essere sempre vivo.
Aprì uno spiraglio dai suoi occhi per cercare di capire cosa stesse succedendo; l’orco gigante indietreggiò seguito dalle sue schiere che rimasero interdette mentre lui fu sollevato da una mano possente e familiare; alzò lo sguardo e riconobbe il suo re con la sua armatura d’oro; era zoppicante e pallido in volto ma riusciva a mantenere la sua figura marziale, alzò il braccio sollevando il suo martello che emanò un bagliore lucente dalla gemma incastonata al centro del manico ridando così vigore a quei pochi nani rimasti in piedi. Admorn fece forza sul manico della sua ascia bipenne per rialzarsi, improvvisamente scosso dalla vista del suo re, lo guardò in segno di gratitudine, si voltò verso i suoi e gridò
<<Per il re e per la montagna!>>
<<Per il re e per la montagna!>> risposero gli ultimi irriducibili durante l’ultima carica.