Il ragazzone estroverso che sedeva accanto a te a scuola si è trasformato nel comico d’America. Si ama o si detesta, ma Adam Sandler è il classico mattatore simpaticone del liceo che è riuscito a mettere a frutto la sua verve, utilizzandola come un martello pneumatico che ha scavato fino a raggiungere il centro nevralgico del successo planetario.

Quando nel lontanissimo 1996 noleggiai da Blockbuster la VHS di Un Tipo Imprevedibile (oh mamma, mi sembra di raccontare roba del giurassico) non avevo alcuna aspettativa.

Poi questo comico con la faccia da scemotto di paese mi riportò ai tempi di Tutti in campo con Lotti, solo che sul campo da golf prendeva a pugni la gente, offendeva chiunque ed era un rozzo giocatore di hockey fallito.

Fu amore a prima vista.

 

 

Adesso, vent’anni e una trentina di pellicole dopo, alla vigilia del nerd-movie per eccellenza che dovrebbe farmi/ci andare in brodo di giuggiole (Pixels) il mio rapporto con Adam Sandler è quantomeno controverso.

 

 

Sandler è diventato una superstar delle commedie confezionate per il pubblico indifferenziato.

Dopo gli inizi al cinema da stolto newyorkese di buon cuore, incazzoso e incolto, menefreghista ma con stile sopra le righe, Sandler è diventato una superstar delle commedie confezionate per il pubblico indifferenziato, e quindi imbrigliato in ruoli “per tutti” che non sempre lo hanno esaltato, pur rimanendo un beniamino del pubblico.

Per fare un esempio, la commediola trascurabile Mr. Deeds, remake improbabile del classico di Frank Capra È Arrivata la Felicità, ha comunque incassato il triplo di quanto è costata, nonostante il massacro della critica che da allora in poi è stata sempre meno benevola con Sandler.

 

 

C’è da dire che anche lui, dopo i film fuori dagli schemi e di testa che lo hanno imposto come una forza della natura imprevedibile, quali il supersuccesso The Waterboy, il floppone pazzo Little Nicky e l’amatissimo dal pubblico Big Daddy (che ho adorato nella sua natura narrativa anni ’80), si è un po’ “normalizzato”, complice anche la parentesi auteur vissuta con il grande Paul Thomas Anderson in Punch-Drunk Love (da noi Ubriaco d’Amore), dove peraltro si è dimostrato molto bravo anche in registri attoriali non esplosivamente comici.

 

 

Dopo essere stato l’unico nome in cartellone per diversi film, Sandler e i suoi produttori decidono che è l’ora degli affiancamenti e del cambio di registro: abbiamo allora l’accettabile Terapia d’Urto con nientemeno che Jack Nicholson (medio hit), la commediola Spanglish con Tea Leoni e Paz Vega (flop clamoroso), il footballico-all-star L’Altra Sporca Ultima Meta (successo tranquillo) e i film dichiaratamente per famiglie come Cambia la tua vita con un Click, successone mondiale, così come Racconti Incantati.

Nel frattempo però non ha rinunciato a ruoli demenziali, come Zohan, e soprattutto drammatici e diversi dal suo cliché, vedi Reign Over Me, davvero un buon film, e Funny People, meta-riflessione sulla commedia firmata da Judd Apatow (quello della crew di Molto Incinta, 40 Anni Vergine e Strafumati).

Capitolo a parte per un film che a me è piaciuto assai, 50 Volte il Primo Bacio, dove però il ruolo di tombeur de femmes gli sta malissimo addosso. Curiosità: oltre a quest’ultimo film, Sandler ha fatto coppia con Drew Barrymore sullo schermo altre due volte.

 

 

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Piaccia o non piaccia, non si può dire a Sandler di non aver mai provato strade diverse.

E pensare che ben prima dei suoi esordi su Remote Control di MTV e il Saturday Night Live dove esordì nel 1991, i suoi insegnanti di recitazione della New York University non avrebbero mai scommesso un cent sul suo successo. “Questo bisteccone volgarotto non ha la stoffa del protagonista” avranno pensato. E invece…

Come comico stand-up, Sandler ha quasi sempre improvvisato giocando sulla sua forte presenza scenica: colleghi e amici sostengono che l’attore sia sempre stato uno che scriveva pochissimo e faceva molto affidamento sull’improvvisazione, andando quasi sempre a segno.

 

 

Infatti, se c’è un’idea che Sandler sembra far passar bene, è quella di improvvisatore spontaneo. Purtroppo il cinema richiede una pianificazione e una scrittura ferrea, ecco perchè la carriera di Adam ha avuto alti e bassi – artistici – dovuti probabilmente a quanto ha potuto avere mano libera… e soprattutto a quanto è riuscito ad imbrigliare la sua comicità caciarona e non sempre digeribile da tutti i pubblici.

Tra il 2011 e il 2012 è stato il terzo attore più pagato del mondo.

Tra il 2011 e il 2012 è stato il terzo attore più pagato del mondo secondo la prestigiosa rivista Forbes, guadagnando tra i 37 e i 40 milioni a pellicola. In quel periodo aveva preso parte al primo Un Weekend da Bamboccioni, hit al botteghino tanto da giustificare un seguito, e il giustamente massacratissimo Jack & Jill, flop e tra i suoi peggiori film in assoluto.

Da lì a essere in testa per la seconda volta, pochi mesi fa, della poco lusinghiera lista degli attori meno redditizi il passo è breve. Per ogni dollaro investito la produzione ne ricava solo 3 e spicci. Certo, Adam è in buona compagnia: seguono Johnny Depp, Ben Stiller, Will Ferrell…

 

 

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Jack & Jill è il “film della svolta” (verso il basso) di Sandler.

Jack & Jill è il “film della svolta” (verso il basso) di Sandler, incasso scarso in patria – addirittura meno del costo – e anche nel mondo. Una scorpacciata di Razzie Awards, i premi-pernacchia negativi degli Oscar dove l’attore è sempre ben accolto, ha accompagnato la pellicola: peggior film, peggiori attori, peggior qualsiasi cosa.

E come dar torto ai buontemponi dei Razzie: Sandler ha letteralmente passato il segno, con il ruolo doppio e en travesti che non sempre riesce bene ai comici davvero poliedrici (vedi Eddie Murphy), figuriamoci a lui. Per non parlare di Al Pacino nei panni di se stesso che si presta a scene che farebbero accapponare la pelle a un cappone e inalberare un Ent. Il punto più basso della sua carriera.

Anche se forse a una persona è piaciuto:

 

 

Come tanti attori, spesso è stato considerato per un ruolo che poi gli è stato soffiato. Pensa che è stato lì lì per “rompere” il sodalizio Tim Burton – Johnny Depp, quando la Warner Bros pensò addirittura di assegnare a lui la parte di Willy Wonka per il remake de La Fabbrica di Cioccolato.

Non so assolutamente immaginare Sandler nei panni di Willy Wonka.

Ora, non so assolutamente immaginare Sandler nei panni di Willy Wonka, e forse non voglio neppure pensarci. Di sicuro sarebbe stato molto diverso da quello di Roald Dahl e diversissimo da Gene Wilder e Depp… ma questo è assodato! Dato che il film non ha particolari sostenitori tra i cinefili, oserei dire che forse l’esperimento poteva persino risultare interessante (LOL).

 

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E arriviamo a Pixels, commedia di fantascienza per bambini, ragazzini e adulti non troppo cresciuti (cioè tutti noi). Sandler ha l’età perfetta per risultare credibile come videogiocatore e pioniere dei coin-op: nato nel ’66, era adolescente all’inizio degli anni ’80 quando i videogiochi hanno sfondato nel mercato americano.

Vedremo se saprà risultare credibile, accanto ad un cast di comprimari che sembra promettere faville.

Vedremo se saprà risultare credibile, accanto ad un cast di comprimari che sembra promettere faville, tra cui Peter “Tyrion” Dinklage e l’insospettabile nerd nella vita reale Michelle Monaghan. Il film è stato accolto in modo discreto alle proiezioni in anteprima per la stampa USA, inutile dire però che per noi appassionati della materia può guadagnare un sacco di punti se il regista Chris Columbus sa ben gestire la materia del retrogaming.

 

 

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Dopo Pixels, nel futuro di Adam Sandler c’è nientemeno che Netflix, con l’uscita di un film prodotto appositamente per lo streaming. Con una doppia sfida: non soltanto un nuovo pubblico e un nuovo mezzo, ma addirittura lo spauracchio comico per eccellenza: il selvaggio west.

Pochissimi autori e attori comici sono passati attraverso il genere western senza rompersi le ossa.

Pochissimi autori e attori comici sono passati attraverso il genere western senza rompersi le ossa. Se non ti chiami Mel Brooks (e sono i tuoi tempi d’oro, va detto) approcciare il genere epico e serioso per eccellenza con la risata non è una passeggiata. Ci si è rotto la testa, di recente, anche Seth McFarlane.

 

 

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Quando si parla di minoranze ‘sensibili’ come gli indiani d’America, meglio avere tatto.

Difatti la produzione è iniziata con un FAIL. Quando si parla di minoranze ‘sensibili’ come gli indiani d’America, meglio avere tatto. Invece a quanto pare la sceneggiatura e qualche battuta di troppo uscita durante la fase di produzione ha fatto imbufalire i nativi che avrebbero dovuto fare parte del cast, costringendo Sandler ad una difesa del film direttamente sul carpet della premiere di Pixels.

Scopri tutto su Pixels su leganerd.com/pixels

 

 

Comunque, il titolo del film è Ridicolous Six. Staremo a vedere!

E a te piace Adam Sandler? Quali sono secondo te i suoi film migliori e peggiori?