Ci sono titoli che travalicano i confini lessicali definiti dalla parola videogioco. Shenmue è sicuramente uno di questi, anzi direi che ne è l’esempio più lampante.
Per chi non lo ha mai giocato, comprendere cos’è Shenmue è difficile. Per cui, non cercherò nemmeno di fargli capire lo stato d’animo di un fan che il giorno del suo compleanno si sveglia e tra i messaggi ricevuti trova quello dell’inizio della campagna Kickstarter per il completamento della trilogia.
Partiamo dall’inizio. Shenmue è un titolo pensato fin dall’inizio come una trilogia. Doveva essere uno dei titoli trainanti di una delle migliori console di sempre, la mai troppo compianta SEGA Dreamcast. A garante di tutto il progetto c’era, e c’è tutt’ora, un mostro sacro dei videogiochi, Yu Suzuki. Se questo nome non vi dice niente, parleranno per lui alcuni dei titoli che ha ideato e prodotto fin dal 1984: Space Harrier, Hang-On, Out Run, After Burner, Virtua Racing, Virtua Fighter e Ferrari F355 Challenge. In poche parole, Yu Suzuki ha fatto la fortuna di SEGA.
In tutto questo, Shenmue è la sua opera magna. Un gioco senza genere, che sconfina nel poetico e nell’opera d’arte. Molte persone che hanno giocato questo capolavoro hanno ammesso di aver passato ore di gioco ad ammirarne i paesaggi (considerate che Shenmue I è uscito nel 1999). Nei piani di SEGA doveva essere il titolo in grado di mostrare a tutto il mondo di cosa fosse capace la loro ultima macchina da gioco domestica. E Yu non tradì le aspettative.
Il gioco fu uno dei primi esempi di open-world della storia dei videogiochi, ovviamente il tutto concepito da una mente giapponese. Per cui al lato esplorativo si aggiungevano componenti di RPG, avventure grafiche, picchiaduro e free roaming.
A far da collante c’erano: una trama mai banale che mescola componenti investigative a leggenda e tradizioni cino/giapponesi, una realizzazione tecnica superlativa e una colonna sonora imbarazzante per la sua bellezza.
In tutto questo impersonerete Ryo Hazuki, il figlio di un maestro d’arti marziali assassinato proprio sotto gli occhi di Ryo, dal misterioso Lan Di. Da questo momento, Ryo si mette sulle tracce dell’assassino; tracce che lo porteranno a girare nei quartieri di Yokosuka nella prefettura di Kanagawa (Shenmue I), Hong Kong e Guilin in Cina (Shenmue II).
Durante i fatti narrati avrete la possibilità di perdere letteralmente le giornate (quelle virtuali del gioco, ma anche quelle reali) giocando ad alcuni dei classici SEGA citati prima, oppure giocando d’azzardo nel quartiere a luci rosse di Dobuita, o ancora lavorando nel porto di Yokosuka (per poter poi tornare a spendere tutto in sala giochi). Oltre a questo, potrete andare nei parchetti ad esercitarvi con le combo da usare nelle fasi di combattimento, parlare con qualsiasi personaggio incontriate per strada (i quali per altro sono tutti doppiati), oppure girare ad ammirare i paesaggi. Insomma potrete fare un po’ quello che vi pare.
Come detto sopra, il gioco ha avuto una realizzazione tecnica impeccabile (ricordo ancora che stiamo parlando di un gioco la cui prima uscita risale al 1999) e una cura nei dettagli spropositata. Il secondo episodio, che uscì sempre per Dreamcast nel settembre 2001, riprendeva tutto questo e lo portava su un livello ancora superiore: ambienti più ampli, grafica migliorata e chi più ne ha più ne metta.
Nell’anno successivo fece seguito la versione Xbox di Shenmue II, un tentativo disperato di risollevare le sorti di un franchise che ormai si sapeva già morto e sepolto, con un porting per una console vicina al Dreamcast (ricordo che Microsoft collaborò con SEGA nella realizzazione della sua ultima installazione domestica).
“Ma… Aspetta un attimo TozzY… Fino adesso ci hai parlato di un gioco fantastico e all’improvviso ci dici che era un franchise morto e sepolto?”
Purtroppo le cose non vanno sempre come vogliamo. Nonostante oggi Shenmue sia riconosciuto come uno dei migliori giochi di tutti i tempi, purtroppo le cose non andarono proprio come previsto. Infatti, stiamo parlando di due giochi costati qualcosa come 70 milioni di dollari (è difficile scindere i costi dei due capitoli dal momento che sono come due episodi successivi di una serie televisiva); si stima che per essere ripagata, SEGA avrebbe dovuto vendere almeno due copie per ogni possessore di Dreamcast.
Per cui le 1,2 milioni di copie vendute per Shenmue I e le 400.000 di Shenmue II (ci sono diverse voci contrastanti su quest’ultima cifra, in ogni caso vendette molto meno del primo episodio) furono assolutamente insufficienti. Oltre a ciò bisogna considerare che la Dreamcast, quando uscì il secondo capitolo, era ormai già spacciata e la SEGA navigava in brutte acque, tanto che non rilasciarono il gioco nemmeno negli USA, ne doppiarono i personaggi in lingua inglese.
Tutto ciò ci riporta a ieri 16 Giugno 2015, un giorno dopo l’avvio della campagna Kickstarter per la conclusione del 16 capitoli totali di cui è composta la storia (capitoli narrativi, non episodi del gioco), data in cui la soglia dei 2 milioni di dollari richiesti per iniziare la produzione è ufficialmente stata superata.
Suzuki dice che lo ha fatto perché la gente in questi 14 anni non ha mai smesso di chiedergli quando avrebbe chiuso la saga. A me personalmente piace pensare che questo sia il suo più grande progetto, in cui ci ha messo cuore e anima, e dover interrompere tutto a metà strada solo per questioni economiche gli dava particolarmente fastidio.
Appena gli si è presentata l’occasione l’ha colta al volo, per concludere la sua opera magna… oppure per metterci definitivamente una pietra sopra, dal momento che se non fosse riuscito a racimolare abbastanza soldi, avrebbe abbandonato ogni velleità. Fortunatamente, la campagna ha già abbondantemente superato la soglia minima (anche grazie ai miei 60$) e la presenza di nomi come SEGA e Sony (il gioco uscirà per pc e Play Station 4) dovrebbero dare un certo grado di tranquillità sull’effettiva riuscita del progetto.
Non mi resta che lasciarvi il link alla campagna Kickstarter e invitarvi a recuperare il prima possibile una copia di questi due capolavori.