La cosa difficile della recensione di un film biografico è la quasi totale assenza di una trama e di una sinossi, così come i terribili spoiler di Wikipedia o dei libri di storia. Chiariamo le cose in anticipo: il protagonista muore
Mr. Turner è un film di Mike Leigh, celeberrimo regista e sceneggiatore britannico, uscito nel 2014 ma proiettato solo questa settimana nelle sale italiane, nelle quali per motivi imperscrutabili è stato presentato col titolo Turner.
Il film racconta gli ultimi 25 anni di vita del pittore William Turner (no, non il pirata della Perla Nera), dal 1826 al 1851: bel film, molto interessante, e cercherò di spiegare il perché.
Purtroppo, come detto, non posso descrivere una trama in modo sensato, e se ci provassi potrebbe risultare all’incirca come segue:
È la storia di un pittore che sta con suo padre, ma mica sempre! Solo quando non sta in giro, a fare cosa non lo so, penso a cercare l’ispirazione, neanche fosse un fungo tra l’altro. E poi ci prova sempre con la domestica, a volte ci riesce ma poi si mette con una tizia che vive al mare, forse perchè la domestica stava diventando il cugino butterato di Gollum, non saprei. Alla fine diventa mezzo pazzo e mezzo genio, non si capisce, e i critici d’arte devono decidere quale sia la parte preponderante fra le due: prima decidono che è un genio, poi che è un pazzo, valli a capire, ma d’altronde dalla stirpe che ha come ultima frontiera Andrea Diprè mi aspetto di tutto. E niente, dicevo del pittore che alla fine viene fuori che è pazzo. Poi si ammala e muore. E bom.
Ok.
Su due piedi, posso fare di meglio. Vorrei cercare di spiegare perché trovi che Mr. Turner sia un bel film presentando 3 motivi per cui mi è piaciuto. Let’s go.
1. La prova attoriale di Timothy Spall
E bravo Codaliscia! Dopo aver legato indissolubilmente la sua immagine al viscido personaggio della saga cinematografica di Harry Potter, Timothy Spall mi tira fuori una cazzutissima interpretazione, a tutto tondo, anche se devo ammettere che mi ci son voluti cinque minuti buoni per identificare l’attore col personaggio e staccarlo da quello di Peter Minus: “Cosa dipingi idiota di uno! James e Lily, come hai potuto…” eccetera.
Dopo qualche minuto di conflitto interiore doloroso, riesco finalmente a concentrare la mia attenzione sulla recitazione, che definirei caratterizzante e sorprendente.
Mi spiego meglio: il protagonista riesce a rendere l’immagine di un William Turner coerente dal primo all’ultimo minuto di film, non in senso assoluto ma in senso recitativo. In altre parole, non si denota un’evoluzione casuale del personaggio, bensì si ha sempre l’impressione di aver di fronte la stessa persona, i cui cambiamenti interiori vengono espressi senza modificare o rendere meno plausibili gli atteggiamenti e i tic esteriori.
Parallelamente, definisco l’interpretazione di Spall soprendente in quanto restituisce l’immagine di un artista lontano dalla classica immagine del pittore romantico, maledetto e tormentato, magari uno sbarbatello povero in canna che tira avanti vendendo i suoi quadri per quattro penny e un toner per stampanti esaurito.
Al contrario, il nostro Mr. Turner è un signore già avanti con gli anni, benestante, ironico e maleducato, a tratti quasi crudele verso la sua famiglia, sporco, poco curato, capace di atti di apparente follia, vandalo dei suoi stessi quadri.
Nonostante ciò, è impossibile non notare il fuoco e la malinconia che lottano dentro l’artista, il quale è in grado di esprimerli soltanto con la pittura e, sporadicamente, coi saltuari rapporti sessuali praticati insieme alla domestica e alle prostitute di un bordello Londinese.
Almeno finché non si innamora di una signora, due volte vedova, con la quale finisce anche per convivere. Ottima prova quindi di Spall, che con la postura e con intensi primi piani riesce a restituire tutto questo senza mai (quasi mai) cadere nel patetico.
2. La Fotografia
Altro punto a favore del film, l’eccellente lavoro svolto in fase di regia. Il compito era quello di cercare di tradurre in una successione di frame quello che Turner riusciva a tradurre su tela, così come il moto interiore che precedeva l’opera (l’ispirazione del pittore, le sue emozioni eccetera), e il buon Mike Leigh tenta di farlo mediante una serie di interessanti “fusioni” tra fotogrammi di vita quotidiana di Turner e quadri dipinti successivamente.
Tale tentativo viene evidenziato dalla scelta di girare la maggiorparte delle scene all’alba, al tramonto o in mezzo alla tempesta, le situazioni privilegiate nella pittura di Turner, che fu il primo ad elevare qualitativamente le rappresentazioni naturali di questo tipo allo stesso livello delle più in voga rappresentazioni storico/religiose.
In particolare mi hanno colpito due scene: nella prima, il pittore si reca in un bordello di Londra per il consueto “appagamento a pagamento”, si chiude in una stanza con una delle lavoratrici dello stabile e dopo averla approvata neanche fosse al mercato delle auto usate comincia a farla mettere in posa. Letteralmente. La fa coricare nel letto e le fa assumere pose di una donna morente, si siede di fronte a lei e comincia a ritrarla in un bozzetto preparatorio, tra l’evidente imbarazzo della signorina.
Nella seconda scena, Turner si trova in un battello in mezzo alla tempesta e anzichè correre a ripararsi sottocoperta come i sani di mente si fa legare (ogni riferimento a poeti greci è puramente casuale) all’albero maestro della nave per poter osservare la tempesta ed essere in grado di dipingerla. Risultato: bronchite e capolavoro. Ben fatto, Billy.
3. L’evoluzione artistica
Mi vengono in mente una serie di film realizzati oltreoceano, sempre di stampo biografico, nei quali la trama presenta buchi e strappi che neanche la superstrada dopo la grandine: il protagonista si evolve spesso in una sorta di anacronismo rispetto all’ambiente in cui vive. Quello che ho apprezzato in questo film è la coerenza della vita del protagonista rispetto alla società nella quale è inserito.
Per intenderci, dal punto di vista professionale all’inizio del film William Turner ci viene presentato come una sorta di rockstar: apprezzato dal suo ambiente, famoso anche al di fuori, gli viene concesso quasi tutto per rispetto alla sua arte.
Emblematica la scena in cui per umiliare i colleghi all’esposizione nell’Accademia d’Arte di Londra inizia a rovinare i suoi quadri sputandoci sopra o prendendoli a pennellate con un crimine che neanche Van Damme in Aquila Nera, salvo poi modificarli ulteriormente finendo per migliorarli, tra gli elogi dei critici e l’invidia dei colleghi. Alla fine del film, il nostro Turner è invece un uomo ritenuto pazzo, cieco, un pittore finito.
Tutto ciò non a caso: si nota nel corso del film un cambiamento nei gusti artistici, tendenti sempre più al Preraffaelismo come testimoniano i quadri esposti nelle gallerie d’arte e i discorsi dei salotti. Non per niente viene presentata quasi di sfuggita la figura di un giovane ed insopportabile John Ruskin, critico d’arte che di quella corrente è stato il padre teorico.
Ecco quindi quello che mi è piaciuto. In definitiva un ottimo film, lungo (150 minuti) ma piacevole: merito dell’ironia, dell’umorismo e del personaggio Turner, che con la sua fisicità un po’ comica e le sue risposte salaci porta anche le risate all’interno di un’opera sostanzialmente drammatica.
Lo consiglio ovviamente a tutti coloro che amano Turner o la pittura del Romanticismo, ma anche a tutti coloro che sono annoiati dal paradigma Hollywoodiano del film biografico e desiderano provare qualcosa di diverso, un’impostazione più teatrale e meno “senza armi nè esplosioni non facciamo in bei soldoni”
- Mr. Turner (imdb.com)
- William Turner (wikipedia.org)