Era un uomo sorridente, Leonard Nimoy. Allegro, pieno di vita, di energia. Non sempre, ovviamente. Ma così lo ricorda chi gli è stato accanto per gran parte dei suoi lunghi e intensi 83 anni, fatti di decine di lavori, imprese, avventure e cose totalmente folli.

E tutto questo, senza includere Star Trek.

Una persona amante dell’arte, della pittura, della fotografia, della musica, della poesia

Perché, dietro a quella faccia austera e quasi inespressiva che sta tra le orecchie a punta del suo Spock, l’unico e inimitabile ufficiale scientifico della USS Enterprise, si celava una persona amante dell’arte, della pittura, della fotografia, della musica, della poesia e di molte, moltissime altre cose. Quelli che sono i principali snodi della vita – privata e artistica – dell’attore nato a Boston da immigrati ebrei si trovano sull’ovvia Wikipedia, ma tracciare un profilo completo dell’appassionata esistenza di una delle icone della cultura pop del Ventesimo Secolo è quasi impossibile.

Ha amato Spock. Al tempo stesso lo ha odiato. Pensiamo un momento a quanto sia meraviglioso e terribile al tempo stesso interpretare un personaggio che diventa inscindibile dalla persona che lo incarna. Nimoy ha vissuto la popolarità leggendaria di Spock con leggerezza, ma non sempre a cuor leggero. Ci ha spesso scherzato su, fino a confondere la sua vita con quella del vulcaniano (tanto che il mitico saluto con il gesto della mano era ormai tanto “suo” quanto di Spock) ma non bisogna dimenticarsi che la sua prima autobiografia, del 1975, si intitola non a caso “I Am NOT Spock“. A quell’epoca, a sei anni dalla chiusura della serie tv, soffriva ancora dell’ingombrante ombra dell’alieno iper-logico, nonostante i tanti altri ruoli, lavori e impegni.

Le sue autobiografie titolano “NON sono Spock” e… “Sono Spock”

Poi il tempo passa, e quei tempi e quella popolarità tornano amplificati dell’effetto-nostalgia, spinto anche da un “ritorno di fiamma” che i vecchi culti sanno accendere nelle nuove generazioni. Ecco quindi che nel 1995 Nimoy riscrive le sue memorie con l’eloquente contro-titolo “I Am Spock“. Schizofrenia? No, solo un uomo che ha capito che il passato, anche se ingombrante, è parte della vita.

Leonard Nimoy era una mente molto vivace, e un poeta niente affatto disprezzabile. Ok, le sue poesie e le sue raccolte in versi non hanno mai ottenuto lo stesso successo delle sue fotografie, ma… un attimo. Ho detto fotografie? Sì, perchè molti dei suoi lavori dietro l’obiettivo di una macchina fotografica, raccolti in libri di pregio, sono coservati in luoghi tipo il Massachussetts Museum of Contemporary Art. Nel 2009 – a 76 anni – Nimoy ha realizzato nientemeno che un libro fotografico sulle donne “curvy” e sulla bellezza del corpo dalle forme femminili belle rotonde (capito, fashion bloggers?) dal titolo The Full Body Project. Non male, no?

 

 

Tornando all’attività di poeta, potete trovare magari un po’ melensi i titoli delle sue opere, che suonano tipo Warmed by Love e We are all children looking for Love, e non a torto. Le sue poesie non sono l’attività “collaterale” migliore del suo repertorio, ma bisogna dare atto a Nimoy di essere sempre stato onesto, concreto e soprattutto per niente spocchioso, in un mondo dove basta fregiarsi della parola “poeta” per credere ciecamente nel proprio genio. Invece lui, umile, andava in giro a regalare poesie scritte o stampate e appena ha potuto le ha diffuse su internet (sui siti, prima, su Twitter poi) senza cercare mai applausi o riconoscimenti da qualche parruccone.

Aveva una sconfinata passione per gli animali

Una cosa che non tutti sanno è la sua passione per gli animali: ma non i classici cani e gatti, si tratta proprio di una passione a tutto tondo, tanto che una delle prime cose che fece dopo aver terminato l’impegnativo ruolo di Spock fu quello di comprare e far gestire alla sua famiglia un negozio di animali. La stampa dell’epoca scrisse cose tipo “Ecco svelato il punto debole di Mr. Spock!“. E poi ti chiedi perchè uno non dovrebbe scrivere un’autobiografia dove prende le distanze dal personaggio che gli ha regalato la fama. Un po’ ok, ma alla lunga…

Nimoy-animali

A differenza dell’amico e collega William Shatner, che è stonato come una campana ubriaca e strafatta di droga percossa con una mazza da hockey – ho reso l’idea? – Nimoy era pure bravo a cantare e non ne ha mai fatto mistero. Con quel suo vocione profondo e inconfondibile, ha inciso ben cinque album in studio, molti dei quali composti da cover di classici del repertori country-folk americano, Pete Seeger in testa, ma anche brani originali scritti e musicati a volte da lui stesso. Le copertine sono qualcosa di spettacolare, a metà strada tra Beatles, Simon & Garfunkel (dove ovviamente le due anime sono Nimoy & Spock) e i Kinks. Erano i meravigliosi anni ’60- primi anni ’70. Poi sono arrivate anche le ovvie compilation, più in là con gli anni.

Ha cantato un gioiellino weird come la Ballad of Bilbo Baggins

Proprio dalla musica arriva una delle gemme più weird della carriera e della vita dell’attore di Boston: nel disco del 1968 The Two Sides Of Leonard Nimoy, si trova la fantastica canzone The Ballad of Bilbo Baggins. Esatto, quel Bilbo Baggins! Un brano scritto da Charles Randolph Green e ispirato a Lo Hobbit. Una cantilena di una semplicità colossale, per di più accompagnata da un video talmente camp che lo scontro tra il Capitano Kirk e il Gorn, in confronto sembra The Raid. Bello, eh, per carità, ma Nimoy con i capelli alla Spock (è stato girato durante la produzione di Star Trek) e senza orecchie a punta, che canta con pose alla Tom Jones e seduce ballerine epilettiche uscite da una comune hippie… sì, insomma, avete capito: è meraviglioso.
Pensate che per lunghi anni, dopo questa canzone, il fanbase di Star Trek si mobilitò per chiedere agli Studios di Hollywood un film su Il Signore degli Anelli, dove Nimoy avrebbe dovuto interpretare Aragorn. Non aggiungo altro: via alle visioni nerdgasmiche!

 

 

Un altro aspetto forse non molto conosciuto ma che merita di essere raccontato, soprattutto in relazione all’amore per l’arte che anche molti di noi nutrono, è che il nostro artista di Boston aveva una vera e propria ammirazione-ossessione per un’icona assoluta dell’arte, ovvero Vincent Van Gogh. Nel 1981 Nimoy ha scritto e prodotto a teatro uno spettacolo dedicato alla vita privata e agli aspetti meno conosciuti della personalità del grande pittore fiammingo, dal titolo “Vincent”.

Esatto, sul titolo (anche se – ovviamente – per un Vincent diverso!) Tim Burton è arrivato secondo, anche se di poco… appena un anno.
Molto apprezzato dalla critica, lo spettacolo era in pratica un lungo one-man show dell’attore, che metteva in scena lo scambio epistolare tra Van Gogh e il fratello. Esiste anche una versione filmata in home video, considerata una delle migliori interpretazioni di sempre di Nimoy. Recentemente lo spettacolo è stato riportato sui palchi americani dal francese Jean-Michel Richaud.

La passione per l’artista olandese ha anche portato Nimoy a dedicare un episodio della fortunata serie In Search of… da lui presentata, proprio alla presunta follia di Van Gogh. Ipotesi smontata attraverso un lavoro di ricerca certosino eseguito in prima persona.

Insomma, una vita dedicata all’arte in tutte le sue forme, quella di Leonard Nimoy. Uno che non ha mai dormito sugli allori, diciamo. Si è messo in gioco spesso e volentieri, anche nel ruolo di regista, per due film della saga di Star Trek, facendo valere la sua “potenza”. Capirai, dopo essere morto ne L’Ira di Khan ha preteso, per tornare a indossare le orecchie a punta per la terza volta al cinema, di dirigere il film sulla ricerca del suo alter-ego da parte dei suoi ex-compagni di viaggi spaziali. Se non si è montato la testa qua…

Ma non è tutto: grazie al successo di quel film, Nimoy ha portato la sua passione per gli animali (tutto torna!) su Star Trek, dirigendo il capitolo più strambo ed ecologista della saga spaziale, quel Rotta Verso la Terra che fece boom al botteghino parlando del pericolo di estinzione delle balene.

Ma Nimoy è sempre andato d’accordo con il botteghino, almeno fino al famosissimo Tre Uomini e un bebè con Tom Selleck, Steve Guttenberg e Ted Danson (1987). Poi ha diretto meno film, giusto un paio, tenendo però a battesimo in uno dei suoi primi ruoli sul grande schermo Joseph Gordon-Levitt, in Matrimonio a Sorpresa (Holy Matrimony, 1994)

primortalsDunque, cosa manca per essere un nerd galattico? Scrivere un fumetto, forse. Lo ha fatto? Sì, lo ha fatto. Per la defunta casa editrice Tekno-Comix (poi Big Entertainment) fu autore dal 1995 al 1997 di Primortals, ispirato anche da alcune idee originali di – nientepopòdimenoche – Isaac Asimov. Ok, Nimoy ha creato i personaggi e il background dell’universo, poi le storie sono state scritte da altri… ma, scusate se è poco, il suo nome campeggiava sopra il titolo di ogni albo. 24 numeri e qualche speciale esauriscono la vita di questo oggetto strano che parla del “primo contatto” degli umani con una razza aliena. La mela non cade mai troppo distante dall’albero!

Un’ultima, definitiva e significativa curiosità: indovinate un po’ chi ha inventato il gesto mitico che abbiamo ricordato in apertura, il saluto vulcaniano che accompagna la formula Lunga Vita E Prosperità? Esatto, lo stesso Leonard Nimoy, sul set. Si tratta di un gesto di benedizione che ha visto da piccolo in una sinagoga ebrea ortodossa, e del quale si sarebbe ricordato molti anni dopo, quando si trovò di fronte per la prima volta altri vulcaniani, durante le riprese di Star Trek.

Il video dove racconta la storia chiude il nostro “viaggio” nell’Universo Nimoy, sconfinato e interessante. LLAP, acronimo di Live Long and Prosper, con il quale concludeva i suoi tweet, è il saluto che vi rivolgo.