The Walking Dead – Season 2, il videogame

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L’altro giorno in ufficio mi è arrivata una di quelle mail che ti scaldano il cuore, che ti regalano quei piccoli momenti di gioia capaci di farti  apprezzare la bellezza del mondo che ci circonda.

Da: Steam Store
Oggetto: Un gioco nella tua lista dei desideri è ai saldi!

Così sono corso sul mio account Steam a vedere di che gioco si trattava.
Si trattava di The Walking Dead – Season 2 della Telltale Games.

Breve excursus, The Walking Dead della Telltale è ad oggi l’unico gioco per PC che è stato in grado di farmi piangere come un vitello muovere un accenno di sentimento nel mio freddo cuore da ingegnere.

Così è subito scattato il licenziamento per godermi appieno questo nuovo capitolo (non il mio licenziamento, quello di tutto il mio staff così mentre le HR cercavano gente nuova io ho potuto giocare a TWD).

Essendo TWD un’avventura grafica, e, essendo improntata più a raccontare una storia che alla risoluzione di enigmi, tratterò il gioco come se fosse un’opera di narrativa (dopotutto il media non fa il contenuto giusto?).

 

 

La Trama (gli spoiler sono sotto spoiler)

In TWD II vestiremo i panni di Clementine, la bambina che ha accompagnato Lee nel primo capitolo della serie.
La storia inizia circa un paio di anni dopo i fatti della season I.

 

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Il gioco si dipana attraverso cinque episodi.

Il gioco si dipana attraverso cinque episodi durante i quali a farla da padrone sarà sempre la sopravvivenza in un mondo devastato dall’apocalisse zombie.

Incontreremo un nuovo gruppo di sopravvissuti e intesseremo rapporti con loro oltre a seguirne le dinamiche personali.

Ci attenderanno periodi “sulla strada” (anche se meno che nella prima stagione) e periodi in luoghi relativamente sicuri, dove dovremo fare i conti più con la minaccia di altre persone che con quella degli zombi.

Anche l’ambiente cambia radicalmente, abbandoneremo le aree cittadine e battute e ci sposteremo nei boschi del nord.

Il freddo e la neve saranno nostri nemici, dovremo scontrarci con la natura ostile oltre che con i pericoli di un mondo post-apocalittico.

Rispetto a TWD avremo a disposizione più finali alternativi a seconda delle scelte che faremo nell’ultimo capitolo.

La trama è buona, regge bene, ha un discreto numero di snodi narrativi ben gestiti e qualche colpo di scena.

Saremo chiamati a fare scelte etiche anche impegnative.

La Telltale si dimostra abile nella costruzione di una buona storia dosando i picchi di tensione con momenti più rilassati (e anche con qualche scena buffa), c’è una gestione del conflitto molto buona, sia di fondo sia nelle relazioni tra alcuni personaggi, non ci sono plot hole o deus ex, la storia scorre in maniera credibile e coerente con l’ambiente e i protagonisti.

 

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Farei giusto un appunto sulla “verbosità”: è normale che i personaggi parlino molto, un po’ meno che parlino sempre tutti con una ragazzina e in certi episodi mi è sembrato che parlassero fin troppo, ma è un difetto marginale.

I personaggio sono, anche in questo episodio, molto ben delineati.
Impariamo a conoscerli da quello che dicono e da come reagiscono alle situazioni, per quanto ci possa essere una spruzzata di stereotipo (il buono, il problematico etc.) in realtà, sotto questa superficie, c’è una psicologia molto ben delineata e molto coerente, i personaggi si comporteranno in maniera verosimile con il loro modo di essere, faranno scelte discutibili o anche stupide, ma mai senza motivo.

In generale l’ho trovata una buona trama (non al livello della season I ma comunque molto buona e soprattutto migliore del 90% della narrativa che ho letto quest’anno), l’unico episodio che mi ha fatto storcere un po’ il naso è quello di Matthew.

[spoiler]
All’inizio di questo episodio incontriamo Matthew, un ragazzo che controlla un ponte.

Matthew è affabile e, benchè sospettoso, sembra propenso ad aiutarci, uno dei personaggi del nostro gruppo però gli spara uccidendolo.

Più avanti troveremo il gruppo di Matthew che ci accoglierà e ci aiuterà senza sapere che abbiamo ucciso uno dei loro senza motivo.

Il conflitto in se è buono (essere ospitati da persone a cui abbiamo ucciso un amico ma che ancora non lo sanno) e ben gestito, solo è costruito con un episodio iniziale che ho trovato troppo forzato.

Mentre gli altri conflitti sono costruiti in maniera decisamente più credibile.

[/spoiler]

 

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Paradossalmente il personaggio più debole è proprio la protagonista.

Paradossalmente il personaggio più debole è proprio la protagonista.
Clementine è una bambina di 11 anni, catapultata in un mondo di morte e di orrore.

Rendere un personaggio simile è molto difficile e la Telltale fa comunque un buon lavoro, ma si trova a scontrarsi con i limiti imposti da essere un’avventura grafica e non un media differente, banalmente limiti di gameplay.

Clementine, per forza di cose, deve essere al centro del gioco (se no il giocatore si annoia) e questo porta a situazioni un po’ forzate (adulti che la ascoltano sempre al punto che lei è l’ago della bilancia nelle decisioni, massacri di zombie a forza di armi improvvisate o armi da fuoco) il che lo posso anche accettare.

Il problema è che, purtroppo, Clementine in certi episodi è un po’ troppo una Mary Sue, soprattutto per quanto riguarda le reazioni dei nuovi personaggi incontrati: ogni nuovo personaggio è conquistato da questa ragazzina al punto di volerla sempre con se nelle varie sfide che si dipanano attraverso i capitoli, gli stessi antagonisti le riconosco delle qualità “perché si”, inoltre fanno tutti affidamento su di lei per svariati compiti.

Di nuovo, è un’esigenza di gameplay ma è indubbiamente un difetto dal punto di vista narrativo.

La stessa problematica si nota nelle reazioni di Clementine.
Clementine dovrebbe essere un personaggio che matura lungo la narrazione (e in effetti è così, ci sono alcuni episodi anche molto forti dove dovremmo prendere scelte in tal senso), ma in generale ciò avviene in maniera un po’ troppo brusca, spesso Clementine si comporta in maniera “troppo adulta” (anche qui per esigenze di gameplay).

 

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In compenso la Telltale si gioca benissimo le carte permesse da un personaggio che è poco più di una bambina, ci sono scene davvero ottime in cui Clementine prende coscienza di cosa vuol dire crescere, e soprattutto crescere in un mondo simile, scene che rimangono impresse.

Inoltre per quanto il suo essere una bambina traspaia molto poco, ci sono un paio di momenti (soprattutto quando ripensa ai fatti della season I) nei quali invece questa cosa è gestita magnificamente.

Piccolo fun fact che dimostra la cura dei dettagli: ogni volta che parte una scena dove dovremo fare qualcosa con Clementine (anche solo andare in giro), anche se la visuale è in third person la prospettiva parte dall’altezza vista di Clementine, quindi vedremo solo la metà bassa degli adulti e dovremo alzare il naso per vederne il viso.

Ben fatto Telltale!

 

 

Lo Stile (aka il gameplay)

Lo stile di gioco è quello ben rodato della season I.
Il grosso del gioco è improntato a scelte di dialogo o a scelte morali (come comportarsi in determinate situazioni).

Ogni scelta ha un margine di tempo entro cui compierla, a volte il margine è più esteso, a volte molto breve.

Questo stile a me piace, e imho, aumenta l’immersività non lasciando al giocatore troppo tempo per complicati calcoli mentali su “cosa è meglio fare”, anche perché il cosa è meglio fare è molto relativo.

In aggiunta a ciò ci saranno dei quick time event dove dovremmo pigiare ripetutamente dei tasti o pigiare i tasti giusti quando appare l’indicazione e dei semplici enigmi da risolvere (banalmente recuperare delle cose e fare delle azioni).

 

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Sia i QTE che gli enigmi sono estremamente facili.

Sia i QTE che gli enigmi sono estremamente facili, inoltre per i primi avremo il riavvio automatico praticamente subito, di conseguenza si risolvono senza danno anche se li sbagliamo una volta (sbagliarli 2 volte è da impediti), per gli enigmi avremo un tempo infinito.

Ci sono poi diverse azioni che non ricadono in nessuna delle due categorie ma che servono a mandare avanti la storia, ossia dovremo fare delle cose legate alla vita di tutti giorni (eg. portare qualcosa a qualcuno, aprire un barattolo, potare una pianticella etc.), tutte queste azioni sono semplici ma hanno un grande impatto nell’aiutare l’immersività.

Alcune sono molto crude, in particolare ce ne è una resa davvero bene al punto che speravo finisse in fretta visto che soffrivo io per la povera Clementine.

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Clementine è stata morsa da un cane e il gruppo che l’ha trovata sospetta che sia un morso di zombie e quindi la abbandona in un capanno.
Clementine si procura quindi ago, filo e disinfettante e si medica da sola, c’è una scena dove dovremo piantarci l’ago nelle ferita slabbrata del braccio e ricucire la carne.

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Per quanto riguarda l’impatto delle scelte invece il discorso è diverso, è vero che avranno un certo impatto ma è anche vero che esso sarà davvero minimo e la trama andrà avanti sui suoi binari in maniera abbastanza indipendente.
Le uniche scelte che avranno davvero peso sono quelle del capitolo finale che porteranno ai diversi finali del gioco (se non sbaglio ce ne sono 5 sbloccabili).

Un piccolo discorso sui salvataggi: i salvataggi avvengono tutti in automatico tra una scena e l’altra.

Il che significa che se vogliamo rigiocarci una scelta, anche stupida, ci toccherà rigiocare tutta la scena.

Secondo me è un sistema intelligente che porta a evitare il continuo “ricarico e provo a vedere cosa succede se faccio cosà”.

Personalmente ho ricaricato una sola volta lungo la storia (ma perché avevo frainteso una scelta) e un paio di volte per vedere i finali che avevo mancato.

La grafica è quella della season I, molto cartonata ma comunque molto curata nei dettagli, a me piace, ma è questione di gusti.

Il gioco è in inglese ma c’è una buona patch in italiano, in ogni caso è un inglese molto semplice.

 

 

Conclusioni

Da qui in poi sono imho del tipo “anziano che se la prende con i giovani programmatori che un tempo avevano più rispetto per gli anziani giocatori”.

Iniziamo con il dire che TWD season II mi è piaciuto, molto, merita giocarci.

Ha meritato i miei 5 euro e il fatto di aver buttato sul lastrico un po’ di famiglie per aver tempo di finirlo. Però mi è piaciuto molto meno del primo.

 

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I TWD della Telltale sono dei media narrativi, ora, a me non interessa il dibattito tra cosa è gioco e cosa no, tra cosa è narrativa e cosa no, questi dibattiti li lascio a chi pulisce le friggitrici, quando compro un gioco della Telltale so che mi darà una buona storia, con dei personaggi ben delineati, una corretta gestione del conflitto e tutti quegli accorgimenti che fanno di un’opera della buona narrativa.

E la Telltale non mi ha mai deluso, quindi grazie Telltale.
Perché dunque ho trovato la season II peggiore della season I?
Certo ci sono dei problemi a livello di characters design e anche qualche sbavatura di trama ma rimane comunque un’opera di narrativa molto migliore della stragrande maggioranza di libri e fumetti che si trovano in giro.

Eppure, secondo me, la season II (e in generale i giochi impostati con questo “schema Telltale”) soffre a causa del fatto che, pur facendo delle scelte del giocatore il suo punto di forza, poi non le ricompensa adeguatamente, ossia non c’è un impatto visibile.

A ogni inizio il gioco ci ricorda che ogni scelta che facciamo “does matter” ma non è così, o meglio è così ma in situazioni marginali del tutto ininfluenti sulla trama vera e propria.

Ora, voi mi direte che anche la season I era così, è vero, anzi, era anche peggio, ma la differenza è che io non lo sapevo.

Quando ho giocato la season 1 credevo veramente che le mie scelte avessero impatto, con la season 2 questo è venuto meno.

“E di che cazzo ti lamenti? È colpa tua!” vero, ma infatti non mi sto lamentando, comprendo perfettamente che per scrivere un gioco dove le scelte abbiano impatto reale sulla trama significa creare una roba da 40 ore di cui ogni giocatore ne giocherà si e no 8.

Un lavoro immane che costerebbe uno sproposito e non avrebbe nemmeno senso.

Dopotutto le avventure grafiche sono così: storie che si fanno andare avanti su binari predefiniti, quando giocavo ai Monkey Island mica mi aspettavo che la trama cambiasse.
Quando leggo un libro mica mi aspetto di cambiare la trama.

La differenza è che però, in entrambe gli esempi di cui sopra, non viene chiesto il mio parere sulle scelte del protagonista.
Una cosa è non chiederlo, una cosa è chiederlo e poi ignorarlo.
A un certo punto rischia di prendere il sopravvento il meta-gioco “proviamo a dare una risposta fuori contesto tanto poi non cambia nulla”.

È un problema di suspension of disbelief.
Quando io leggo un libro e faccio un patto con l’autore non sto solo dicendo “ok, raccontami una bella storia e io crederò a cose insensate come gli zombie” ma sto anche dicendo “ok questa è una storia scritta da un tizio come me, scelgo di ignorare questo meta-livello e di godermi l’opera”.

Per i libri è una cosa che si fa a livello istintivo, per i videogiochi meno, sarà che siamo abituati al fatto che le nostre interazioni abbiano un peso (se studio il Volo a Civilization mi aspetto che impatti sulla partita non che la partita vada in un modo predefinito) questo da un lato è un vantaggio perchè ci fa sentire più coinvolti, dall’altro è uno svantaggio perchè vogliamo che ciò che facciamo abbia realmente impatto.

Quindi, per godersi appieno un gioco simile bisogna fare uno sforzo per dire “si, il gioco è scriptato, si, le mie scelte non impatteranno mai molto, ma sai che c’è? Io scelgo di ignorare questo fatto”.

Il primo capitolo della season II è un capolavoro, mi ha assorbito completamente senza lasciarmi il tempo di pensare ad altro.

Nel secondo capito ha iniziato a farsi strada il meta-game, a causa delle molte scelte di dialogo, finché a un certo punto ho deciso di fregarmene, di smettere di fare scelte pensando che “tanto non hanno impatto” e iniziare a fare scelte pensando a come si comporterebbe una ragazzina di 11 anni in mezzo a un’apocalisse zombie e non un giocatore d’esperienza seduto davanti al suo monitor.

Una volta fatto ciò il gioco è filato senza problemi, e anche questa seconda season mi ha fatto piangere come un vitello muovere un accenno di sentimento nel mio freddo cuore da ingegnere.

 

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